“Il gusto dell’impegno”: l’incipit del saggio di Carlo Petrini

Il contributo del fondatore di Slow Food che apre il numero di MicroMega dedicato al cibo.

Carlo Petrini

L’alimentazione e la gastronomia, se praticate con consapevolezza, portano con sé una componente politica molto importante che può contribuire a far emergere paradigmi differenti. Perché il piacere – incluso quello gastronomico – è un diritto di tutti che va tutelato e che può innescare mutamenti positivi all’interno delle nostre società.

Terra Madre diventa maggiorenne

Dal 22 al 26 settembre Terra Madre Salone del Gusto è tornato fisicamente a Torino. Si tratta di un traguardo molto importante; non solo perché le nostre comunità del cibo si incontrano nuovamente dopo quattro anni di distanza forzata dettata dal biennio di pandemia, ma anche perché quest’anno Terra Madre diventa maggiorenne. Per alcuni potrebbe sembrare un traguardo di poco conto. C’è però da dire che quella che da alcuni è stata definita l’Olimpiade del cibo, da altri l’Onu dei contadini, o ancora, un po’ provocatoriamente, “la più grande multinazionale esistente”, inizia ad avere una sua rilevanza anche storica; tanto più se ci soffermiamo sugli eventi di portata globale accaduti nello stesso periodo.

Per rimanere in ambito alimentare mi riferisco ad esempio alle tre drammatiche crisi che si sono susseguite in un arco di tempo limitato. La prima tra il 2007 e il 2008 provocata da un forte e repentino aumento del prezzo dei prodotti alimentari di base, che a sua volta generò instabilità politica e in parte alimentò le rivolte che due anni dopo portarono all’avvio della Primavera araba. La seconda nel 2020 come conseguenza indiretta dello scoppio della pandemia che inizialmente si è manifestata con un brusco arresto nelle catene di approvvigionamento, e poi con un incremento nei costi della spesa alimentare dato dall’aumento della povertà. La terza invece che stiamo attraversando tuttora legata al conflitto tra Russia e Ucraina: due Paesi dalla fortissima vocazione agricola di produzione ed esportazione di beni essenziali, come il grano, che sono la base dell’alimentazione di miliardi di persone nel mondo. Non ultimo, in 18 anni abbiamo perso tempo preziosissimo nel contrasto alla crisi climatica, che nel frattempo è diventata un’emergenza dagli effetti catastrofici che si manifestano in ogni angolo del mondo anche a danno dei sistemi alimentari.

Quello che emerge è che le crisi passate così come le attuali rendono evidente la necessità di trasformazioni profonde. La transizione ecologica che stiamo vivendo è un’era di passaggio nella quale sarà necessario cambiare i sistemi di gestione della politica, della cultura e dell’economia, e in cui servono nuovi paradigmi: sono sicuro che i valori identitari che stanno alla base della rete di Terra Madre possano fornirci ottimi stimoli in tal senso.

Genesi di una rivoluzione

Prima di parlare di valori penso però sia opportuno aprire una parentesi sulla genesi di Terra Madre, la sua composizione e la sua evoluzione negli anni. L’idea mi venne perché dal 2000 al 2003 Slow Food organizzò un premio in difesa della biodiversità dedicato a personaggi semplici ma virtuosi del sistema alimentare: contadini, pescatori o artigiani del cibo che grazie al loro lavoro quotidiano contribuivano a salvare un pezzetto di biodiversità. La consegna del premio si tenne prima a Bologna, poi a Oporto, Torino e in ultimo a Napoli. Fu proprio durante l’ultima edizione di Napoli che decisi di alzare un po’ l’asticella: riconoscere il valore delle persone che custodiscono la nostra Terra era importante, ma non bastava più. Dovevamo far convergere tutti questi soggetti accomunati dal lavoro per la biodiversità e in armonia con la Terra in un solo luogo; farli incontrare, farli dialogare e scambiare le reciproche esperienze, e far sì che si sentissero importanti e valorizzati. All’epoca esisteva già il Salone del Gusto che sempre più si stava configurando come una vetrina del meglio della produzione alimentare italiana e internazionale di qualità. Quella cornice ci sembrò perfetta per invitare anche i contadini, ed ecco che dal 20 al 23 ottobre 2004, il Palazzo del lavoro di Torino ospitò 5 mila persone provenienti da 130 Stati, per il primo meeting internazionale delle comunità del cibo di Terra Madre.

Fin da subito decidemmo di adottare il termine comunità del cibo come tratto distintivo della rappresentanza del nostro incontro: eravamo alla ricerca di un minimo comune denominatore che racchiudesse in sé una sorta di unità composta da soggetti eterogenei, e che avesse al contempo il medesimo forte interesse per il cibo. Cinquemila individui, ciascuno in rappresentanza della propria diversa comunità, si imbarcarono in viaggi avventurosi; molti di loro presero l’aereo per la prima volta, altri per la prima volta uscirono dal loro Paese o addirittura dal loro villaggio. Viaggiarono tutti spinti dalla stessa motivazione di fondo: l’idea di un pianeta nel quale il cibo ha un ruolo fondamentale e la biodiversità è un valore imprescindibile, con la speranza di trovare a Torino il luogo dove poter condividere problemi, filosofia e idee. Prima ancora della conclusione dell’evento, capimmo che aveva visto la luce un nuovo soggetto globale capace di agire localmente – nella diversità di contesti, forme e aree geografiche – e allo stesso tempo di mobilitarsi compatto. Una collettività di persone che fino a poco tempo prima si sentivano isolate e sole a combattere una battaglia stoica e ritenuta perdente, e che in quei giorni invece compresero la loro dignità e comunanza di destino. Dal 2004 il meeting di Terra Madre si ripete con cadenza biennale, e a ogni ritrovo l’assise è sempre più numerosa più coinvolgente e variegata nella sua composizione: non più solo produttori di cibo, ma anche artigiani, ristoratori, cuochi, professori universitari, indigeni, giovani, musicisti eccetera. Oggi le nostre comunità del cibo sono presenti in oltre 150 Paesi e nei territori più diversificati: l’Amazzonia brasiliana, il nord della penisola scandinava dove vive il popolo dei Sami e la profonda Africa.

È indubbio che Terra Madre sia stata un’ondata rivoluzionaria per Slow Food in primis, aiutandoci a dimostrare perché l’agricoltura non sia un mero comparto produttivo, ma qualcosa di più complesso, figlio di una visione olistica, che comprende la sacralità del cibo, il rispetto per l’ambiente, la socialità, la convivialità e ogni manifestazione culturale. Terra Madre ha fatto affiorare ciò che a livello globale veniva praticato da milioni di individui: un modo diverso di intendere produzione, trasformazione, distribuzione e consumo del cibo. Una concezione che trae profonde origini dal passato e dalla storia dei diversi popoli, ma che ha uno sguardo proiettato in avanti.

Dopo aver preso maggiore coscienza di come è nata e si è evoluta questa grande rete di comunità del cibo penso che le idee, la filosofia e i valori che la guidano e ispirano acquistino un altro sapore, un’altra profondità: soprattutto trovano un sicuro aggancio al mondo reale e dimostrano un’alternativa possibile ai nostri modelli di vita e di consumo ormai insostenibili. […]. [Per continuare a leggere acquista il volume in libreria o nello shop]



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