Paolo Mantegazza e l’educazione sessuale degli italiani

Un volume di Matteo Loconsole sul pionieristico contributo del noto medico e antropologo all’educazione alla sessualità ci aiuta a comprendere evoluzioni e sfide etico-politiche di un ambito educativo spesso trascurato.

Nicoletta Landi

Nel 2021 Biblion Edizioni pubblica una monografia – “Paolo Mantegazza. Alle origini dell’educazione sessuale” – firmata da Matteo Loconsole che ricostruisce in modo accurato e minuzioso il lavoro di Paolo Mantegazza nell’ambito dell’educazione sessuale. Dottore di ricerca presso l’Università degli studi Roma Tre e già autore del testo “Storia della contraccezione in Italia tra falsi moralisti, scienziati e sessisti” (Pendragon, 2017) Loconsole guida chi legge alla scoperta del pensiero e del lavoro del noto scrittore, antropologo, fisiologo, medico e divulgatore che ha contribuito ampiamente allo sviluppo e all’evoluzione della promozione del benessere sessuale della popolazione italiana.

Il volume, arricchito dalla prefazione di Edwige Comoy Fusaro e da una ricca appendice iconografica, mette a fuoco l’esperienza pioneristica di Mantegazza in modo completo ed esaustivo collocandolo nel periodo storico in cui questi ha vissuto. Loconsole, infatti, ricostruisce nei dettagli non solo la sua ampia produzione scientifica – illustrandoci come questi può essere a tutti gli effetti considerato uno dei padri dell’educazione sessuale – ma descrive anche la complessità delle dinamiche socio-culturali e politiche dell’Italia ottocentesca.

Nel pieno della rivoluzione industriale e borghese, il Paese è attraversato da ampi cambiamenti che riguardano la salute pubblica e che impattano i costumi delle italiane e degli italiani. Sfogliando e soffermandosi tra le pagine del testo, si è catapultati in un’Italia che vive una profonda metamorfosi sul piano culturale, sociale e politico di cui non si fa portavoce solo la politica bensì anche la comunità scientifica che, mossa da un’attitudine positivista, ha tra i suoi obiettivi quello di rinnovare la nazione in ottica borghese. In particolare, Mantegazza si occupa di sessualità umana riconoscendone la complessità e promuovendo interventi sanitari basati sulla divulgazione e la promozione del benessere. Seppur guidato da intenzioni moralizzatrici e influenzato da stereotipi molto comuni all’epoca – soprattutto per quanto riguarda i modelli di genere e i comportamenti affettivi e sessuali non riconducibili all’unione eterosessuale – promuove una visione della sessualità scevra da tabù e che mette al centro (anche) il tema del piacere. Da quanto emerge dagli accurati approfondimenti di Loconsole, inoltre, Mantegazza si fa promotore di strategie educative basate sulla persona e sul senso di auto-efficacia. Seppur tracciando confini che definiscono ciò che è legittimo o meno in ambito sessuale – atteggiamento tipico di un sapere positivista e oggettivante – la sua intenzione sembra essere quella di accogliere la sessualità come fatto naturale e imprescindibile. L’obiettivo principale delle sue proposte igienico-educative è per lo più quello di scongiurare la diffusione di infezioni sessualmente trasmissibili ma, allo stesso tempo, dai suoi scritti sembra emergere anche una certa attenzione a quella che oggi definiremmo auto-determinazione del singolo in cui l’erotismo acquista un ruolo importante.

Di sesso e affettività, per Mantegazza, si può addirittura parlare anche con le più piccole e i più piccoli al fine di non farli crescere immersi in un deleterio silenzio. Strategia educativa (quella del silenzio) che nell’Italia di oggi sembra essere invece largamente diffusa.

In che modo, infatti, il pensiero di Mantegazza può contribuire allo stato dell’educazione alla sessualità nell’Italia contemporanea?

In un contesto, quello attuale, in cui la presa in carico della sessualità è sempre meno scientifica e sono sempre più numerose e plurali le voci che di benessere affettivo e sessuale discutono, forse le sue sfaccettate competenze contribuirebbero a una messa a fuoco particolarmente lucida delle tematiche in questione. Tuttavia, i suoi suggerimenti suonerebbero vetusti, prescrittivi e guidati dal più rigido riduzionismo biologico. Andrebbero infatti a stigmatizzare e delegittimare, cioè, tutto ciò che non viene più identificato entro i confini del naturale e del patologico. Nell’Italia contemporanea, infatti, le categorie interpretative attraverso cui concepire la sessualità sono profondamente cambiate e certe rigidità riguardanti gli stereotipi di genere, gli orientamenti sessuali, la masturbazione e la riproduzione largamente diffuse nell’Ottocento sono completamente cambiate. Benché ogni tanto riemergano.

Sebbene la sessualità sia sempre meno un tabù nell’Italia degli anni ‘20 del Duemila, mancano ancora spazi istituzionalizzati in cui promuovere il benessere sessuale e affettivo della popolazione in modo capillare e adeguato alla complessità della questione. Non solo in modo preventivo – come si è cercato di fare ai tempi di Mantegazza – ma anche in modo proattivo.

Storicizzare l’educazione sessuale – come è possibile fare leggendo il volume di Loconsole approfondendo, tra le altre cose, i contrasti tra la comunità laica e quella religiosa – mette nelle condizioni di comprendere le evoluzioni e le sfide etiche e politiche riguardanti un ambito educativo spesso trascurato o concepito solo nell’ottica emergenziale della riduzione del danno sanitario (che si basa, cioè, quasi esclusivamente sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate e delle infezioni sessualmente trasmissibili). L’educazione alla sessualità, inoltre, è spesso assente dagli obiettivi delle politiche pubbliche e, di conseguenza, dalle pratiche didattiche relative al mondo della scuola e/o dei servizi socio-sanitari. E, laddove presente, è concepita e realizzata spesso trascurando le sfumature pregnanti che la caratterizzano e la collocano in un ambito, quello relativo alle identità e alle relazioni, che non può essere valorizzato solo ed esclusivamente attraverso una postura oggettivante o sanitaria. Trascurare o sminuire le dimensioni di cui si compone la sessualità delle persone fa sì che questa non venga coltivata attraverso attitudini adeguatamente accoglienti e propositive e fa sì, inoltre, che l’educazione alla sessualità sia spesso oggetto di critiche e/o di semplificazioni ideologiche che rendono il dibattito che la riguarda approssimativo e polarizzato.

Approfondire e conoscere in modo critico la storia dell’educazione sessuale permette di coglierne l’importanza e la matrice sociale, culturale, politica, etica. E se la sessualità non è più quell’ambito della vita privata da indagare, misurare e regolare tra le categorie di normale e patologico come molti saperi hanno fatto fino a poche decadi fa, essa può essere finalmente concepita e coltivata come uno degli spazi in cui esprimersi e fare eventualmente esperienza dell’intimità.

Qualsiasi cosa questo termine voglia indicare oggi, a distanza di più di cent’anni dalle riflessioni di Paolo Mantegazza.



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