Pensati merce

Vestendo quell’abito Chiara Ferragni ha mercificato l'opera di un altro artista per un suo tornaconto personale. L’ha venduta insieme al corpo che la indossava, per creare il suo prodotto preferito: sé stessa.

Federica Rossi

Il Palco dell’Ariston ha aperto i suoi sipari martedì 7 febbraio alla 73esima edizione del Festival di Sanremo. A presentarlo gli immancabili Amadeus e Gianni Morandi. New entry è l’influencer e designer Chiara Ferragni, che richiama ancora una volta al pubblico le rivendicazioni femministe attraverso il corpo e le sue declinazioni. Un abito che riprende le tonalità della sua carne disegna il corpo senza alterazioni: lei lo descrive “abito senza vergogna”. A destare più successo è però un lungo vestito, il primo indossato nel corso della serata, in cui nero su bianco si legge “Pensati libera”. La scritta campeggia sulle spalle della presentatrice richiamando l’abito della deputata statunitense Alexandra Ocasio Cortéz che nel 2021 si presentò al Met Gala con un vestito che titolava “Tax the rich”. Quello di Ferragni potrebbe aggiungersi agli ennesimi tentativi dell’influencer lombarda di dimostrare che la sua scalata sociale l’ha resa una donna emancipata, che il guadagno che ha ricevuto è un ponte per la sua realizzazione; senonché, “Pensati libera” è l’opera di un’artista bolognese conosciuto come Cicatrici nere. Chiunque sia passato per i vicoli delle città italiane ne sa riconoscere lo stile. Molti se lo sono impresso sulla pelle: Cicatrici nere è infatti un tatuatore, un writer e il proprietario del concept che Ferragni ieri ha capitalizzato per la spendibilità della propria immagine. Per il concept dell’abito Ferragni ha ringraziato sul suo profilo Dior e il duo artistico Claire Fontaine. Il quale tuttavia non ha fatto altro che fotografare l’opera di Cicatrici nere a Genova e, nel tempo di un clic, espropriare un’idea ormai radicata.

Appropriazione artistica e mercificazione si incontrano e si intersecano in un evento che non immediatamente desta attenzione per le sue problematicità. In fin dei conti, perché non poter utilizzare un messaggio di emancipazione, magari offrendo ispirazione a coloro che guardano, anche se già utilizzato da altri?

Le criticità sono molteplici. Prima tra tutte, Cicatrici Nere, l’artista di “Pensati libera”, ha scelto di non utilizzare la frase come uno slogan. Sui muri di Bologna si leggono le parole ermetiche dell’artista, spesso astratte abbastanza da permettere a chiunque passi di poterle declinare come la sua introspezione suggerisce: “vai dentro” è un altro degli esempi. Alcuni conoscono Cicatrici nere per il suo lavoro da tatuatore, ma la sua street art spesso non è riconducibile a un nome. Sono scritte sui muri che accompagnano i passanti, la cui essenza risiede nella fruibilità e nell’immersione. Ferragni capovolge il modello politico e artistico di Cicatrici Nere, ingabbiando il “pensati libera” all’interno di un suo individuale concetto, il femminismo, che da sola vuole esasperare. In questo modo la frase originaria si priva della sua capacità di far viaggiare chi la osserva: la libertà intrinseca di “Pensati libera” è che ognuno può interpretarla come crede. Se indossata da Chiara Ferragni, significa che Chiara Ferragni si sente libera e suggerisce a chi la guarda di prenderla a modello e fare lo stesso. Pensati libera viene espropriato dal suo contesto. Vestendo quell’abito l’influencer ha mercificato un’opera per un suo tornaconto personale, l’ha venduta insieme al corpo che la indossava, per creare il suo prodotto preferito: sé stessa. Il Palco dell’Ariston di ieri fa riflettere non solo sull’appropriazione artistica e la mercificazione, ma anche sulla figura dell’influencer, il cui lavoro è vendere, fondamentalmente, sé stessi. Nel concept del prodotto “Chiara Ferragni” rientra, ultimamente, la tematica del femminismo (neoliberale) e così ogni spazio diventa una vetrina per mostrare una nuova declinazione dell’oggetto-soggetto. Due figli, una carriera e un brand tutto suo non bastano, Ferragni vuole far sapere al mondo che è libera. E lo urla, privando però qualcun altro della sua libertà: quella di scegliere la destinazione della propria opera. Nel caso di Cicatrici Nere, di scegliere lo spazio pubblico. E se non può essere considerato femminismo quello fatto per la propria ascesa e non per tutte le donne, non è arte quella rubata.

 

Foto Instagram | Chiara Ferragni



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