Peter Higgs: storia di una grande scoperta scientifica

A pochi giorni dalla scomparsa del fisico scozzese Peter Higgs, Premio Nobel per la fisica nel 2013, ripercorriamo lo straordinario processo di ricerca e sperimentazione messo in atto dall’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (Cern) che ha condotto alla scoperta della cosiddetta “particella di Dio”.

Jacopo De Sanctis

Lo scorso 8 aprile, all’età di 94 anni, Peter Higgs ci ha lasciati. Con la sua scomparsa molto probabilmente si chiude anche un’era di entusiasmanti e importanti scoperte scientifiche della fisica sub-nucleare che ha caratterizzato tutta la seconda metà del XX secolo. Ancora è viva nel ricordo di molti la profonda commozione di Higgs quando, presente nella sala conferenze del Cern, venne annunciata la famosa scoperta della cosiddetta “particella di Dio”, a quasi 50 anni dalla sua predizione teorica.
Tutto è incominciato negli anni Sessanta quando i fisici hanno sviluppato quello che sarebbe diventato noto come il “modello standard della fisica delle particelle”. Il Modello Standard, per dirla con le parole del fisico americano R. Oerter, “è di gran lunga la teoria scientifica che ha riscosso il maggior successo nella storia”. I fisici nell’arco di quasi cinquant’anni sono riusciti a elaborare uno schema matematico che si è rivelato in grado di prevedere i risultati di qualsiasi esperimento in qualsiasi acceleratore di particelle in qualsiasi parte del mondo o dell’universo. In sostanza, le equazioni del Modello Standard incasellano quark ed elettroni, muoni e neutrini e una moltitudine di particelle elementari all’interno di una matrice matematica i cui schemi intrisici, come la forma di un fiocco di neve perfetto, esibiscono una rigorosa simmetria. Ma anche se tutte le previsioni erano state confermate da più di mezzo secolo di dati sperimentali, c’era ancora una parte fondamentale che restava irraggiungibile. La teoria includeva un’ipotesi associata al fisico scozzese Peter Higgs sul modo con cui le particelle fondamentali acquisiscono massa. Semplificando, la massa di qualsiasi corpo è la resistenza che si incontra se gli viene impressa una spinta. La domanda che Higgs si pose nel 1964 fu: “Da dove viene questa resistenza?” La risposta, secondo la teoria di Higgs, è che tutto lo spazio è pervaso da una sostanza invisibile (in gergo si definisce campo scalare di Higgs) che agisce come una sorta di melassa che esercita una resistenza fluidodinamica quando le particelle cercano di accelerare attraverso essa. Più una particella è “appiccicosa”, più interagisce con il campo di Higgs e più diviene massiva. Anche nello spazio vuoto interstellare dell’universo è sempre presente il campo di Higgs. Tutti i fenomeni fisici naturali fino a ora conosciuti sono governati da solo quattro campi di forze fondamentali: il campo gravitazionale, il campo elettromagnetico, il campo di forza debole e quello di forza forte. Ognuno di esso si manifesta su scale di grandezze naturali diverse che vanno dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande. Il campo gravitazionale governa, per esempio, i moti dei pianeti e delle stelle, quello elettromagnetico è responsabile dei fenomeni connessi con l’elettricità e il magnetismo, quello debole produce il fenomeno della trasmutazione di un elemento in un altro (la radioattività) e il campo di forza nucleare forte determina l’esistenza dei nuclei atomici esercitando una grande attrazione tra tutti i suoi costituenti fondamentali (i quark).
Un campo di forza per interagire con la materia ha bisogno di una particella che a sua volta interagisca con tutte le altre. Questo portatore d’informazione, detto anche propagatore del campo (per esempio i fotoni per il campo elettromagnetico, le particelle W± e Z0 per la forza debole, i gluoni per i quark e l’ipotetico, non ancora osservato, gravitone per la forza di gravità), è rappresentato per il campo di Higgs dall’ormai famoso bosone di Higgs. L’ipotesi, introdotta da Higgs, dell’esistenza di un ulteriore campo che permeasse il vuoto universale e capace di conferire alle particelle la loro massa era, all’epoca, strana ed esotica. Infatti, il primo studio sull’argomento proposto dallo scienziato fu rigettato. Ma altri tentativi teorici per individuare l’origine della massa incappavano sempre in qualche incoerenza matematica, mentre l’ipotesi di Higgs teneva duro. Ma, ovviamente, per qualunque teoria, per quanto intrigante ed elegante dal punto di vista matematico, la conferma sperimentale è irrinunciabile. Ed è questa la ragione per cui è stato costruito il Large Hadron Collider (Lhc) del Cern di Ginevra che, dopo un lungo periodo, circa 20 anni, di costruzione e messa a punto ha portato, all’inizio della primavera del 2012, alla sensazionale scoperta dell’esistenza del bosone di Higgs. Il Cern, l’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare, è attualmente il più grande laboratorio del mondo per la fisica delle particelle elementari, con circa 2.700 dipendenti e ben 8.000 scienziati provenienti da quasi 600 istituti di ogni parte del mondo che vi accedono e lavorano. La sua missione è la ricerca nella fisica fondamentale,  cioè la ricerca dei costituenti elementari della materia che regolano il suo sviluppo dal Big Bang in poi. In questo laboratorio, è stato, appunto, costruito Lhc, il più grande e potente collisionatore di particelle del mondo. Il suo costo si è aggirato attorno ai 7 miliardi di euro considerando anche la costruzione dei quattro grandi rivelatori di particelle denominati: Atlas, Cms, Alice e LHCb. Lhc è composto da due sincrotroni [1] ciascuno dotato di un proprio tubo a vuoto all’interno del quale vengono fatte circolare le particelle accelerate. Le particelle circolano in direzioni opposte all’interno dei due sincrotroni, e i due tubi si incrociano in diversi punti nei quali le particelle si scontrano frontalmente tra loro. Attorno a questi punti detti “punti d’interazione”, sono collocati i rivelatori impiegati per studiare le particelle che fuoriescono dalla collisione e quindi ricostruire i fenomeni fisici d’interesse. L’energia massima che le particelle possono avere in un acceleratore circolare è una funzione del raggio dell’orbita e dell’intensità del campo magnetico prodotto da magneti (9600 magneti di cui 1746 sono superconduttori raffreddati con 190 tonnellate di elio a 1.9 gradi kelvin) impiegati per curvare la traiettoria dei fasci. Lhc è stato costruito all’interno di un tunnel preesistente, lungo 27 Km situato a una profondità tra i 50 e i 175 metri. Le particelle che vengono accelerate nel tunnel sono i protoni. Ogni protone di ciascuno dei due fasci ha un’energia molto grande, sicché in una collisione frontale tra due protoni circolanti in senso opposto si può liberare un’energia complessiva doppia, (necessaria per vedere il bosone di Higgs che è una particella la cui massa è circa 130 volte più grande di quella dell’atomo d’idrogeno).
Più che il
valore dell’energia di un protone in sé, per la nostra comune percezione è la concentrazione dell’energia che è impressionante: a conti fatti, l’energia cinetica di un singolo protone di Lhc è all’incirca pari a quella di poche zanzare in volo, ma la cosa straordinaria è che questa energia è concentrata in un volume di mille miliardi di volte più piccolo di quello di una zanzara. L’energia totale accumulata nell’acceleratore, ossia l’energia di un singolo protone moltiplicata per il numero di protoni in circolo, è parimenti abbastanza impressionante: di protoni all’interno dei due fasci di Lhc ce ne sono circa 600 mila miliardi – un numero grande ma pari solo a un miliardesimo di grammo di materia – che possiedono nel complesso un’energia di circa 700 milioni di Joule. Per avere un’idea concreta di cosa questo significhi, si può considerare a esempio che questa quantità di energia è all’incirca pari all’energia cinetica posseduta da una portaerei americana di classe Nimitz da 90.000 tonnellate che procede a un terzo della sua velocità di crociera (circa 50 km orari).
L’Italia al Cern svolge e ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo dei vari progetti di ricerca attraverso l’Infn, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Infatti, l’esperimento Atlas durante la scoperta del Bosone di Higgs (in cui circa un terzo degli scienziati erano studenti di dottorato) era coordinato dall’attuale direttrice del Cern, l’italiana Fabiola Gianotti.
Per poter
riassumere in maniera chiara il senso di quel grande esperimento scientifico, le riflessioni di allora della scienziata italiana vengono ancora in aiuto: “Atlas consiste di 300 fisici provenienti da 38 paesi. Si tratta non soltanto di un progetto scientifico ambiziosissimo ma anche di un’avventura umana unica […] è la dimostrazione che persone diverse, per cultura, tradizioni, e stili di vita possono lavorare insieme raggiungendo traguardi straordinari. Da questo punto di vista l’Lhc rappresenta la realizzazione di una delle missioni primarie del Cern, quella di riavvicinare i popoli attraverso la scienza”. Ma aggiunse anche, pensando con rammarico alla situazione della ricerca in Italia e in particolare alla condizione dei giovani ricercatori: “Modestie a parte, non siamo secondi a nessuno. La nostra scuola di fisica continua a sfornare ancora oggi giovani brillanti, fra i migliori al mondo. Come fisico italiano all’estero è per me fonte di grande rincrescimento constatare quanti di questi giovani oggi siano costretti a emigrare all’estero, andando letteralmente a ruba in paesi come la Francia, la Germania e gli Stati Uniti, a causa della mancanza di posti nel nostro Paese e allo spettro del precariato. Si tratta di una e vera e propria diaspora, non bilanciata da un egual flusso in entrata di ricercatori stranieri nel nostro Paese”.
L’anno dopo questa importantissima scoperta a Peter Higgs e François Englert fu conferito il premio Nobel per la Fisica.

CREDITI FOTO: Bengt Nyman 

[1] Il sincrotrone è un tipo di acceleratore di particelle circolare e ciclico, in cui il campo magnetico (necessario per curvare la traiettoria delle particelle) e il campo elettrico variabile (che accelera le particelle) sono sincronizzati con il fascio delle particelle stesse.



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