Privatizzare è un rischio per lo Stato democratico

La filosofa politica Chiara Cordelli nel suo saggio Privatocrazia sostiene che esternalizzare, anche al non profit, la funzione pubblica non crea solo problemi di inefficienza e ingiustizia, ma sta pure minando la legittimità della democrazia, perché conta anche il chi e il come, non solo il cosa si fa.

Giancarlo Straini

La moderna democrazia si è affermata concettualmente con il principio illuminista di autodeterminazione, che ha delegittimato i privilegi della nobiltà e fondato i diritti del cittadino, anche se inizialmente realizzati solo per i possidenti maschi bianchi. La democrazia costituzionale che si è attuata nel secondo dopoguerra, basata sul welfare universalistico, ha rappresentato il punto più alto raggiunto finora da questo processo di concretizzazione dell’ideale egualitario. Ma, alla fine dei “magnifici trent’anni” (con i governi Thatcher e Reagan, e poi con la seconda globalizzazione negli anni ‘90) le disuguaglianze sono tornate a crescere, con l’egemonia del neoliberismo, con la progressiva e pervasiva privatizzazione di beni pubblici, quali sanità, istruzione, trasporti, assistenza, perfino carceri e forze armate.

Nel suo libro Privatocrazia. Perché privatizzare è un rischio per lo Stato democratico (Mondadori 2022, versione italiana più sintetica di The Privatized State, Princeton University Press 2020), la filosofa Chiara Cordelli, professoressa associata presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Chicago, osserva che il ruolo dello Stato moderno, nato per separare pubblico e privato, è cambiato profondamente negli ultimi decenni, rendendo sempre più indefiniti i confini tra il pubblico e il privato.

La crisi economica e la pandemia hanno evidenziato le conseguenze negative delle privatizzazioni, ma Cordelli non si limita a considerarle solo da un punto di vista tecnico e dei risultati: svolge una critica più di fondo, da una prospettiva kantiana. L’esternalizzazione della funzione pubblica, lasciata alla volontà “unilaterale” dei privati, anche non profit, è problematica perché le privatizzazioni sistematiche minano la volontà pubblica (“onnilaterale” direbbe Kant) dello Stato, quindi la stessa legittimità della democrazia, spingendoci verso una condizione pre-civile, feudale.

Per Cordelli, infatti, “il valore della democrazia non è meramente strumentale, ovvero non è riducibile al facilitare il raggiungimento di determinati scopi, quale la stabilità sociale, o la presa di decisioni collettive di migliore qualità. La democrazia ha anche valore intrinseco, in quanto solo all’interno di un sistema democratico si può dire che nessun cittadino rimane soggetto alla volontà meramente privata e unilaterale di un altro”. La responsabilità per la giustizia sociale, oltre un certo limite, non può essere condivisa tra pubblico e privato, perché la giustizia non è semplicemente un fine, ma è una relazione di reciprocità, è un sistema relazionale in cui i cittadini esprimono la loro eguale libertà ed eguaglianza.

Non tutti i disaccordi vanno risolti pubblicamente, ma si possono pur sempre individuare alcune linee guida – sostiene Cordelli, portando numerosi esempi anche su sanità e istruzione italiane – svelando la contraddittorietà di narrazioni che giustificano le privatizzazioni con ragioni tecniche, con la libertà di scelta degli individui, con l’insostenibilità fiscale, con l’inefficienza della burocrazia statale. Alcuni argomenti di queste narrazioni colgono problemi reali ma che possono essere affrontati investendo sul pubblico: “abbiamo bisogno di una burocrazia esperta e indipendente, che allo stesso tempo sia aperta alla partecipazione attiva dei cittadini e soggetta a un controllo democratico dal basso, così da limitarne il carattere alienante e il deficit di legittimità democratica”.

Anche quando le privatizzazioni non riducono i servizi, o sono affidate alla generosità del volontariato e alla filantropia, o sono dichiarate libere dai condizionamenti del mercato, ecc., comunque riducono l’attaccamento affettivo alle istituzioni, generano apatia civica e astensionismo, riducono la qualità della politica, favoriscono la manipolazione dalle lobby. C’è invece bisogno di un’educazione pubblica alla democrazia, di pratiche democratiche e di servizio civile, dei cittadini e degli amministratori pubblici.

Privatocrazia è un saggio denso di contenuti ma scorrevole e comprensibile anche ai non specialisti; può essere molto utile nel dibattito politico-culturale italiano, in particolare nel cosiddetto Terzo settore. Il saggio di Cordelli fornisce una solida base teorica per contrastare l’antipolitica, la superficialità del postmodernismo, l’antistatalismo ingenuo di alcune associazioni e movimenti. Il vero e pericoloso antistatalismo contro la democrazia moderna è quello del neoliberismo compassionevole (che prescrive lo “Stato minimo” e la filantropia), che ha sussunto, incorporato, embedded il principio di sussidiarietà della dottrina sociale cattolica (la gerarchica carità al posto dell’egualitaria solidarietà) e il comunitarismo corporativo del federalismo divisivo leghista (che ci sta portando a ulteriori disuguaglianze, anche territoriali, con l’autonomia differenziata).

 

 

 

Foto: Chiara Cordelli , Facebook 



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