Putin e il neonazismo in Ucraina: una questione mal posta

L’ assunto di Putin che il problema sia la presenza di un gruppo di neonazisti nel governo ucraino è risibile, nonché strumentale.

Marianna Cenere

Il Presidente Putin ha dichiarato i giorni scorsi di voler “demilitarizzare e denazificare l’Ucraina”, suscitando consapevolmente una reazione emotiva nell’opinione pubblica internazionale sbandierando lo spettro del neonazismo. Effettivamente, formazioni neonaziste di estrema destra in Ucraina esistono. Il riferimento è ai movimenti politici dell’ultradestra che, con alterne fortune, sono presenti in Ucraina sin dai tempi della caduta dell’URSS, e nello specifico al battaglione Azov, gruppo paramilitare fondato da Andrij Biletsky – ex parlamentare ucraino – in funzione antirussa, i cui membri secondo rapporti dell’OSCE e dell’Alto Commissariato per i diritti umani dell’ONU hanno massacrato, stuprato e assassinato civili nelle regioni del Donbass a partire dalla crisi del 2014 e negli anni successivi, nella più totale impunità e con la compiacenza delle istituzioni e l’ammirazione e il supporto morale delle varie formazioni dell’alt-right nei paesi limitrofi.

Quegli strani neonazisti europeisti e atlantisti in Ucraina

Chi ha avuto il dispiacere di seguire sui social le pubbliche esternazioni di Biletsky dagli esordi del suo power trip alla testa dell’Azov – power trip conclusosi con l’inclusione del battaglione nella Guarda Nazionale Ucraina – sa che il soggetto in questione è stato espulso nel 2019 da Facebook per invocazioni di genocidi e pulizie etniche di ebrei e musulmani in nome del suprematismo bianco e di liberalizzazione dello stupro quale sacrosanto diritto naturale e biologico del maschio alla riproduzione, nonché mezzo per porre rimedio alla denatalità e alla contaminazione della razza bianca. Il solito leitmotiv che circola nei forum di manosphere e destra più estrema[1]. I rapporti delle organizzazioni internazionali lasciano intendere che Biletsky e compagnia abbiano applicato per lungo tempo buona parte dei loro principi spirituali.

Quando Putin parla di genocidio e nazificazione nelle regioni del Donbass fa riferimento a violazioni di diritti umani documentate. Tuttavia, il suo assunto che il problema sia la presenza di un gruppo di neonazisti nel governo ucraino – peraltro democraticamente eletto – è risibile, nonché strumentale. Correnti politiche riconducibili all’alt-right americana e internazionale che propongono ricette misogine, razziste, omofobe, antisemite, suprematiste bianche, violente e ultraconservatrici esistono anche in Russia. Esistono in tutta Europa, negli USA, in Canada, in Australia, in Nuova Zelanda, in Sudafrica[2]. E si tratta di movimenti organizzati e tra loro collegati anche a livello mainstream, opportunisticamente riuniti sotto la bandiera del free speech e dell’anti politically correct  – come dimostrano l’opera di proselitismo strategico in Europa di Steve Bannon, o il congresso delle famiglie a Verona per citare un evento ospitato dalla destra nostrana, evento al quale hanno partecipato numerosi elementi russi ultraortodossi e fedelissimi del Cremlino.

Il reclutamento e la radicalizzazione online nelle frange più oscure dell’alt-right seguono regole e schemi precisi, con una metodologia di estremizzazione attraverso siti, forum, blog e graduale desensibilizzazione alla violenza attraverso esperienze vicarie ed esposizione a ideologie estreme molto simili alle tecniche di reclutamento jihadista[3]. L’ideologia alt-right è il cancro della democrazia occidentale, visibile nel fenomeno del trumpismo, negli attacchi ai diritti delle donne, nell’assalto a Capitol Hill, nei regimi di Ungheria e Polonia in seno a una UE che non è in grado di garantire la democrazia entro i propri confini, nelle violente campagne elettorali dell’ultradestra in Francia e Germania, nell’esultazione di una parte del parlamento italiano quando riesce ad affondare una legge sulla tutela della comunità LGBTQ e dei diritti umani, negli attentati terroristici degli ultimi anni rivendicati da ideologie Incel e riconducibili alla manosphere[4], nelle formazioni online di troll strategicamente diretti da personaggi come Steve Bannon, Milo Yannoupoulos, Andrew Anglin, Luca Morisi per l’Italia.

E a proposito di Andrew Anglin. Per chi non lo conoscesse, si tratta di uno dei poster boys più in vista dell’alt-right americana e internazionale, persino più estremista delle penne più volgari e provocatorie di Breitbart, un neonazista impenitente e abile comandante di eserciti informatici di troll. Nel 2019 il suo sito web The Daily Stormer – il nome è un omaggio al giornale di informazione nazista pubblicato durante il regime hitleriano Der Stürmer – viene espulso dal suo dominio internet e rigettato dai servizi di host provider occidentali in seguito a una campagna diffamatoria contro Heather Heyer, vittima dell’attentato terroristico di matrice misogina di James A. Fields nel 2017. In capo a qualche mese il sito di Anglin ricompare, e quando lo fa, nessun internauta navigato si stupisce della nuova circostanza: il Daily Stormer ha trovato asilo presso il dominio .su, dominio di primo livello assegnato all’Unione Sovietica fino agli anni Novanta. Benché dopo la caduta dell’URSS i Paesi che la componevano abbiano abbandonato .su e siano passati a propri domini di primo livello, il dominio .su non è mai stato smantellato ed è rimasto attivo. Negli ultimi anni è stato resuscitato e oggi ospita molti siti sgraditi all’establishment occidentale, parecchi dei quali riconducibili all’alt-right e alla manosphere. Come i russi, anche i cinesi offrono volentieri ospitalità a siti diretti da occidentali impregnati di ideologie antidemocratiche, pericolose e sovversive. La clausola che garantisce il buon accordo tra le parti è che il sito tenga una linea politica non ostile al suo host – come infatti ha fatto Anglin dal 2019 ad oggi nei confronti di Cina e Russia, in contrasto alla linea razzista degli anni precedenti. x

Ma c’è ancora un dettaglio nella vicenda di Anglin particolarmente interessante se analizzato rispetto agli accadimenti internazionali di questi ultimi giorni. All’inizio del mese di febbraio, The Daily Stormer viene improvvisamente rimosso dal dominio .su. Una delle roccaforti principali del neonazismo e del trolling in Occidente perde la sua sponda russa a pochi giorni dall’inizio delle ostilità in Ucraina ed è costretto a passare in deep web su un sito onion[5]. Che l’utilità tattica dell’ideologia alt-right e ultraconservatrice sia venuta meno agli occhi del Presidente russo? Putin ha ragione quando denuncia la presenza di frange neonaziste in Ucraina e il suo problema di geopolitica rimane. Ma pone la questione del neonazismo in termini errati, ipocriti e riduttivi.

[1] Bates L., Men Who Hate Women, Simon&Schuster Ltd, 2020.

[2] Ivi.

[3] Ivi. Cfr anche Schuurman B. and Q. Ejikman “Indicators of terrorist intent and capability: tools for threat assessment” in Dynamics of Asymmetric Conflict, 2015, Leidig E. “Why terrorism studies miss the mark when it comes to incels” in Persepctive, The International Centre for Counter-Terrorism, 2021.

[4] Bates L., Men Who Hate Women, cit.

[5] Questo l’indirizzo dove il sito è risultato accessibile dalla rete Tor negli ultimi giorni: http://stormer5v52vjsw66jmds7ndeecudq444woadhzr2plxlaayexnh6eqd.onion/



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