Gaza, l’appello di 13 Ong umanitarie per impedire a Israele ulteriori stragi a Rafah

Dopo che Israele ha ignorato la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per il cessate il fuoco a Gaza, vincolante secondo il diritto internazionale, 13 Ong si rivolgono agli Stati affinché agiscano concretamente per ostacolare, con ogni mezzo possibile, le operazioni militari di Israele a Rafah. Israele non sta garantendo la sicurezza della popolazione civile né lavorando per evitare espulsioni e trasferimenti di massa: è per questo che è arrivato il momento, in linea con il diritto internazionale, di interrompere l’esportazione di armi verso un Paese che non può garantirne un uso rivolto esclusivamente agli obbiettivi militari.

Amnesty International Italia

Trascorsa una settimana dall’approvazione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza che chiedeva un immediato cessate il fuoco e giorni dopo che la Corte di Giustizia Internazionale ha emesso ulteriori misure cautelari nei confronti di Israele, 13 Ong umanitarie e per i diritti umani hanno sollecitato gli Stati ad agire urgentemente per ottenere l’applicazione dell’uno e delle altre e impedire crimini di atrocità a Rafah.
La scorsa settimana, il governo israeliano ha annunciato che intende espandere le operazioni militari a Rafah non tenendo conto della risoluzione del Consiglio di sicurezza, giuridicamente vincolante, che chiedeva un immediato cessate il fuoco. Negli ultimi giorni, quell’annuncio si è materializzato di fronte ai nostri occhi, con bombardamenti su Rafah che il 26 e il 27 marzo hanno ucciso almeno 31 persone, tra le quali 14 bambini. Le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani hanno ripetutamente ammonito che la programmata incursione terrestre a Rafah promette di decimare vite e assistenza salvavita per oltre un milione e 300.000 civili, tra cui almeno 610.000 bambini.
Non c’è un piano d’evacuazione fattibile e non ci sono condizioni tali da proteggere i civili in caso d’incursione terrestre. Per rispettare il divieto assoluto di trasferimenti forzati e deportazione di civili, contenuto nel diritto internazionale umanitario, Israele è obbligato a “prendere tutte le misure possibili” per fornire ai civili evacuati le necessità essenziali per la loro sopravvivenza e per garantire loro un ritorno in sicurezza e in dignità alla fine delle ostilità. Queste misure comprendono la fornitura adeguata di riparo e protezione, acqua, servizi igienico-sanitari, cure mediche e cibo. A oggi, non esiste alcun luogo del genere, all’interno o all’esterno della Striscia di Gaza in cui ciò possa essere assicurato. I bombardamenti israeliani e sei mesi di ostilità hanno danneggiato o distrutto oltre il 60 per cento delle unità abitative e hanno devastato la maggior parte delle infrastrutture nel nord e al centro della Striscia di Gaza.
A Gaza non c’è alcun luogo sicuro per la popolazione civile. Le forze israeliane hanno ripetutamente attaccato luoghi che avevano precedentemente dichiarato “sicuri”. I loro attacchi aerei sulla zona cosiddetta “sicura” di al-Mawasi e nei suoi dintorni hanno ucciso almeno 28 persone. In precedenza, le forze israeliane avevano occupato la parte settentrionale di quella zona.
In tutta la Striscia di Gaza, vengono attaccate anche le zone dove le organizzazioni umanitarie informano le forze israeliane sulle loro operazioni e sullo staff coinvolto. Operatori umanitari sono stati uccisi, convogli umanitari sono stati attaccati, rifugi e ospedali che avevano il sostegno della comunità umanitaria sono stati danneggiati o distrutti dai bombardamenti israeliani.
Le nuove proposte del governo israeliano circa l’obbligo per la popolazione civile di trasferirsi nelle cosiddette “isole umanitarie” sembrano dare un’altra falsa pretesa di sicurezza mentre finirebbero per schiacciare persone in aree minuscole, circondate e con risorse inadeguate. I civili continuerebbero a rischiare di essere attaccati, dentro o fuori quelle “isole”.
Nella Striscia di Gaza non c’è alcun luogo in cui vi siano assistenza e servizi sufficienti per assicurare la sopravvivenza della popolazione civile. Nella stessa Rafah i servizi e le infrastrutture essenziali – ospedali, forni, strutture idriche e igieniche – stanno funzionando solo in parte. Il centro e il nord della Striscia di Gaza sono stati decimati: interi sistemi, infrastrutture e centri abitati sono stati cancellati dalle mappe e continuano a essere in vigore restrizioni all’accesso delle agenzie umanitarie e della loro assistenza.
Un’ulteriore escalation delle operazioni militari a Rafah recherebbe conseguenze catastrofiche alla già claudicante risposta umanitaria, poiché la maggior parte delle infrastrutture e del coordinamento degli aiuti messi in piedi dall’ottobre 2023 si trova proprio a Rafah.
Tutti gli stati hanno l’obbligo di proteggere le popolazioni da crimini di atrocità. A Rafah, bambini e famiglie vivono costantemente nella paura e nel pericolo. Il governo di Israele ha annunciato l’intenzione di espandere le sue operazioni militari a Rafah e il rischio è aumentato ulteriormente dal 31 marzo, quando il gabinetto di guerra israeliano ha approvato i piani delle operazioni di terra.
Sebbene alcuni stati abbiano pubblicamente espresso disapprovazione, le pressioni internazionali e le dichiarazioni sono state sin qui insufficienti a ottenere risultati e a far annullare i piani d’incursione terrestre. Ma c’è ancora una serie di misure protettive a disposizione degli stati, che hanno l’obbligo di rispettare e assicurare il rispetto del diritto internazionale umanitario e del diritto internazionale dei diritti umani, come precedentemente dimostrato in altre crisi in cui la protezione dei civili era a rischio.
Ora, gli Stati devono adottare misure urgenti per assicurare l’immediata attuazione di un cessate il fuoco permanente ed esplorare tutte le soluzioni possibili per proteggere i civili, in linea coi loro obblighi di diritto internazionale: ad esempio, interrompendo immediatamente la fornitura di armi, componenti e munizioni, ove ci sia il rischio che saranno usate per compiere o facilitare gravi violazioni del diritto internazionale. Al di sotto di questo, non ci sarà solo un fallimento ma anche il mancato rispetto di imperativi morali, umanitari e giuridici.
Save the Children
International Federation for Human Rights
Amnesty International
Doctors of the World/Médecins du Monde France, Spain and Switzerland.
ActionAid International
Oxfam International
Norwegian Refugee Council
Plan International
Handicap International – Humanity & Inclusion
Medical Aid for Palestinians (MAP)
International Rescue Committee (IRC)
Danish Refugee Council
DanChurch Aid
CREDITI FOTO: ANSA / MOHAMMED SABER



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