Reddito di cittadinanza sotto attacco: i partiti escono allo scoperto

Il centrodestra più Italia Viva: questo il fronte “anti reddito”. Anche se con diverse sfumature: si va dal trio Meloni-Berlusconi-Renzi che ne vogliono l’abolizione a Salvini che punta a una riforma profonda. Ovviamente strumentale.

Daniele Nalbone

Movimento 5 Stelle, Unione Popolare, Sinistra Verde. Queste, analizzando le maggiori forze politiche che si presenteranno alle urne, sono le sole che non hanno in qualche modo nel mirino il Reddito di Cittadinanza. In mezzo, il Partito democratico, che una posizione chiara e soprattutto unitaria ancora non è riuscita a prenderla, evidentemente in attesa di capire con chi potrebbe governare il Paese qualora si evitasse il trionfo del centrodestra. Dall’altra parte, l’intero schieramento di centrodestra più lo strano duo Renzi-Calenda. L’attacco è pronto per essere sferrato. La data cerchiata sul rosso è quella del 26 settembre, quando l’Italia saprà l’esito elettorale. Fino a quel momento, milioni di italiani saranno con il fiato sospeso per sapere se potranno ancora contare su quel palliativo comunque fondamentale, come visto durante la pandemia, per non tornare nella povertà assoluta.

E così, se Movimento 5 Stelle, Unione Popolare e Sinistra Verde chiedono in diversa forma di rafforzare il reddito di cittadinanza, il centrodestra ha messo nero su bianco nel suo programma la sua “sostituzione” con non meglio specificate “misure di inclusione sociale, di politiche attive di formazione e di inserimento nel mondo del lavoro”. Il duo Renzi-Calenda punterà o a una riforma sostanziale, più “lavorista” (linea Calenda) o a portare avanti il referendum per l’abolizione del reddito (linea Renzi). Possibile una “mediazione”: da una apparente riforma lavorista che punterà a eliminare il reddito di cittadinanza per i cosiddetti “impiegabili”, quelli che secondo Renzi potrebbero lavorare, ma evidentemente preferiscono restare sul divano. Tradotto: o accetti qualsiasi offerta di lavoro, a prescindere dal tipo di impiego, dal livello di salario, dal tipo di diritti, o addio reddito di cittadinanza. Per la gioia dei datori di lavoro, come quei famosi ristoratori che non perdono occasione per lamentarsi della difficoltà di trovare lavoratori da sottopagare, da sfruttare.

Ma anche nel centrodestra il punto inserito nel programma elettorale comune è frutto di una mediazione tra chi (Fdi) voleva eliminare la misura, chi (Lega) vuole schierare una sorta di intelligence (gli Enti locali) al fine di stanare e punire i furbetti dimenticando però che criteri come la residenza o la cittadinanza sono anticostituzionali e contro ogni norma europea e chi (Forza Italia) non perde occasione per ribadire che se si devono stanziare soldi nel mercato del lavoro, è meglio ridurre il suo costo. Aiutando, ovviamente, i datori di lavoro.

Non è un caso che a sottolineare le diverse proposte sul tavolo, negli ultimi giorni, è Il Sole 24 Ore che, non crediamo a caso, collega all’analisi dei programmi elettorali sul reddito la notizia: “Reddito di cittadinanza a detenuti, spacciatori e Rom: i dati della Guardia di finanza“. La denuncia: “Negli ultimi 2 mesi di giugno e luglio le Fiamme Gialle hanno intercettato truffe per oltre 2,6 milioni di euro che vanno da Nord a Sud dell’Italia”. Scandalo. Orrore. Ma basta guardare i numeri, per scoprire che “i soggetti che abusivamente percepivano il reddito di cittadinanza, intascando complessivamente oltre 2,6 milioni di euro” erano 235. Proprio così: 235 persone a fronte di 1,6 milioni di percettori.

Ok, si dirà: sono solo i numeri relativi agli ultimi due mesi. Analizziamo allora quelli relativi al periodo gennaio 2021 – maggio 2022: il totale dei “furbetti” è stato di circa 29mila persone, che si sarebbero “spartiti” 288 milioni di euro. Anche qui, parliamo dell’1,8 per cento dei beneficiari totali.

Questa è la classe politica italiana di oggi: un gruppo di persone che punta il dito contro un 1,8 percento per provare a eliminare una misura che ha consentito a oltre 1,6 milioni di persone di affrontare la mareggiata della pandemia (con un salvagente). Il tutto perché una certa classe imprenditoriale ha, da quasi quattro anni, evidentemente difficoltà a trovare lavoratori da sfruttare negli hotel, in spiaggia, nei ristoranti, in pizzeria.



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