Il Dalai Lama, il relativismo culturale e la scomparsa del bambino

Facciamo un passo indietro, dimentichiamo il relativismo culturale e guardiamo la scena per quello che è: un uomo anziano e in una posizione di potere che domanda a un bambino di succhiargli la lingua. Come ci saremmo sentiti noi da bambini di fronte a quella richiesta?

Cinzia Sciuto

Nelle assurde discussioni attorno alla vicenda del Dalai Lama che chiede a un bambino di succhiargli la lingua c’è un grande assente: il bambino. Stiamo tutti a guardarci l’ombelico, autoflaggellandoci per il “nostro sguardo colonialista” che proietterebbe su un’innocente “pratica culturale” interpretazioni “occidentali” e tutt’al più ci concentriamo sul Dalai Lama, questa figura che in Occidente ha sempre affascinato, considerato una specie di papa povero e perseguitato, saggio ed ecumenico. Ma se provassimo a concentrarci sul bambino forse le nostre paturnie su pratiche culturali, sguardi e interpretazioni svanirebbero in un baleno. Quel bambino è infatti palesemente a disagio perché, pratica culturale o meno (la cosa è del tutto irrilevante), quella richiesta la percepisce come una violazione del suo corpo e della sua sfera personale.

Quando io ero bambina, siamo nella Sicilia degli anni Ottanta, era tipico (tipico, che non significa né giusto né accettabile) che i bambini venissero toccati, abbracciati, baciati dagli adulti (e dagli anziani in particolare) senza che potessero rifiutarsi (chi fa un ci lu duni u’ baciddu a lu ziu, lu nonnu, lu…). Sarebbe stata una mancanza di rispetto, e poi i bambini sono bambini (leggi: devono obbedire, non hanno una personalità piena e dunque neanche piena autonomia e diritti ecc.). Era una “pratica culturale” diffusissima, che io odiavo e alla quale cercavo di sottrarmi ogni volta che potevo. Non ne avevo piena consapevolezza allora, ma avvertivo già che si trattasse di una forma di violenza, di sopruso del più forte (fisicamente ma anche e soprattutto in termini di autorità) sul più debole.

Questa vera e propria ossessione relativista che da qualche tempo ci ha preso ci impedisce di vedere che l’umanità e le diverse culture sono molto più simili di quanto non pensiamo. Alcuni universali, specie quelli legati ai rapporti familiari, adulti-bambini, uomini-donne li ritroviamo tali e quali in ogni angolo del pianeta, e se li osservassimo con la giusta distanza noteremmo che le differenze che ci ostiniamo a ingigantire sono solo variazioni sul tema. E anziché continuare ad autoflaggellarci per espiare le nostre secolari colpe riusciremmo forse a esprimere un minimo di solidarietà a quel bambino che invece abbiamo lasciato da solo di fronte all’autorità prepotente di un uomo anziano e di potere.

 

 

Foto Flickr | NIH Image Gallery 



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