La strategia della destra per depotenziare la magistratura

La riforma Nordio è una proposta “orbaniana”, una minaccia al potere indipendente della magistratura e, quindi, alla democrazia.

Michele Marchesiello

È ormai evidente la strategia adottata dalla destra ‘orbaniana’ per depotenziare efficacemente la magistratura e la sua funzione di controllo del potere, senza incorrere nei fulmini di Bruxelles.
Il disegno parte da lontano, da Berlusconi e dalle sue lotte contro i PM. Da anni i giudici e i PM (“geneticamente diversi”: ricordate?) sono sottoposti a una estenuante campagna vòlta a ridurne autorevolezza, credibilità, approvazione da parte dell’opinione pubblica. Questa campagna si è avvantaggiata del volenteroso concorso, bisogna ammetterlo, di parte di una Magistratura dilaniata dalle correnti e dall’incapacità – o dal rifiuto – di riconoscere la peculiare funzione “politica” affidatale dalla Costituzione sotto l’egida della legge. “Leoni sotto al trono”, come li definì un celebre giurista americano.

Quei leoni sono stati addomesticati da anni in cui si sono raccontati esclusivamente quei casi che mettono in evidenza i loro peccati, le loro pigrizie, lo scarso senso della Giustizia. Nessuno si è mai preoccupato di descrivere la stragrande dei casi opposti di buona giustizia esercitata in condizioni più che difficili, a volte – lo sappiamo bene – tali da richiedere silenziosi gesti di eroismo. Con tutti i difetti che le si possono attribuire, la nostra Magistratura ha sempre svolto il proprio compito “con dignità e onore”, come richiede la Costituzione. Mantenuta in una sistematica povertà di mezzi, ha affrontato la crescita a dismisura del ricorso al giudice, per niente inferiore – qualitativamente – alle magistrature degli altri Paesi.
Messa nell’angolo, estenuata dalla lotta con chi vorrebbe ridurla a semplice ornamento giurisdizionale di politiche e scelte che, al contrario, vorrebbero fare della legge un docile, malleabile strumento del potere, quella stessa magistratura sembra rassegnata a condividere l’immagine che Berlusconi ha imposto, con un certo successo, al popolo italiano.

A questo punto, conquistato il Governo, al ministro della giustizia è affidata la seconda fase dell’operazione. Non, come verrebbe da pensare, attraverso una prudente, oculata, saggia operazione di rinnovo di quella magistratura, della sua cultura istituzionale, dei meccanismi di auto-disciplina e regolazione che ne giustificano il prezioso dono dell’indipendenza: no.
Avrete notato che ormai non si parla più di come ovviare a quei gravi difetti (corporativismo esasperato, protagonismo, autoreferenzialità, rapporto di complicità con il mondo della politica “politicante”). I fantasmi della separazione delle carriere, del sistema elettorale del CSM, della responsabilità disciplinare, civile e penale dei magistrati, sono agitati in maniera sempre più flebile e rituale.

È al corpo vivo della legge che si mira ora, a quella legge che una magistratura intimidita, addomesticata, derisa dovrebbe avere il compito, nella logica di chi oggi ci governa, di dare volenterosa esecuzione. “I giudici, da parte loro, si guardino bene dal criticarla!”, ammonisce Nordio.
La legge sembra ormai – come nel cartone di Walt Disney – nelle mani di un apprendista stregone, deciso a manipolarla, deformarla e – purtroppo – applicarla in luogo di quella già esistente e che, di per sé, rettamente e prudentemente applicata, basterebbe ad affrontare i principali problemi posti dalla giustizia in Italia.

Di più. Si sarà notato che è alla legge penale (quella da cui ci si deve, à la Berlusconi – soprattutto difendere mentre la si vuole utilizzare contro gli avversari) che si mira oggi: non a quella civile, vera Cenerentola il cui stato di abbandono e assoluto disagio costituisce il problema principale agli occhi dei nostri amici europei.
Non possiamo davvero ignorare – al di là delle molte buonissime ragioni che si oppongono alla riforma Nordio – che strategie analoghe hanno preceduto e favorito l’affermarsi di quei regimi totalitari le cui nuove reincarnazioni sembrano affacciarsi pericolosamente all’orizzonte della Comunità Europea.

Foto Governo italiano, Presidenza del consiglio dei ministri  



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