Risoluzione Onu su Gaza: l’Italia si astiene per motivi ideologici slegati dalla realtà

Sabato 28 ottobre l’Assemblea Generale dell'Onu ha approvato una risoluzione per l’immediato cessate il fuoco, a cui l'Italia si è astenuta. Il nostro governo ha sprecato l’occasione di contribuire a una tregua, con la necessità di aiuti umanitari che si fa ogni ora sempre più pressante.

Maria Concetta Tringali

Mentre la polarizzazione divide il mondo in fazioni di buoni e cattivi, nella Striscia si continua a morire. “Siamo preoccupati per la punizione collettiva degli abitanti di Gaza in risposta agli atroci attacchi di Hamas”, la portavoce dell’Ufficio per i diritti umani Ravina Shamdasani sintetizza, un pensiero cristallino, un’apprensione che dovrebbe appartenere a ciascuno e ciascuna di noi.
Ferma l’intangibilità del diritto all’autodifesa di un popolo attaccato, ferma la condanna del terrorismo e di Hamas, non è forse con lo stesso rigore che dovremmo prendere posizione sui crimini contro l’umanità che si stanno perpetrando sotto ai nostri occhi?
E invece la Dichiarazione del Segretario Generale dell’Onu sulla situazione umanitaria a Gaza solleva polemiche. Quando parla di pausa nel conflitto, António Guterres, di rilascio degli ostaggi e di forniture salvavita ricorda al mondo che si tratta soprattutto di far fronte a una tragedia che travolge oltre 2 milioni i civili. I territori, peraltro martoriati e occupati da decenni nella più assoluta indifferenza dell’Occidente, sono sotto intensi bombardamenti, esplosioni e macerie, in migliaia i morti.
Sabato l’Assemblea ha approvato una risoluzione per l’immediato cessate il fuoco. L’Italia è tra gli astenuti che in tutto sono 45 (tra cui Germania, Bulgaria, Finlandia, Grecia, Giappone, Sud Corea, Ucraina, Gran Bretagna, Slovacchia, Tunisia). La risoluzione che era stata presentata dalla Giordania a nome degli Stati arabi è passata con il voto favorevole di 120 Paesi e quello contrario di 14, tra cui gli Stati Uniti, Israele, Austria, Croazia, Fiji, Cecoslovacchia, Guatemala, Ungheria, Isole Marshall, Micronesia, Nauru, Tonga, Papua Nuova Guinea e Paraguay.

Al di là dalle implicazioni di ordine politico, ciò che si registra è la posizione del nostro governo che certamente ha sprecato l’occasione di contribuire a una tregua, con la necessità di aiuti umanitari che si fa ogni ora sempre più pressante.
L’UE organizza in queste ore sei voli per Gaza per la distribuzione di tonnellate di medicinali, forniti insieme all’ UNICEF, all’Organizzazione mondiale della sanità, al Programma alimentare mondiale e all’Organizzazione internazionale per le migrazioni, oltre al Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione e alla Croce Rossa.
La nostra astensione spiegata da Maurizio Massari, che è il rappresentante permanente d’Italia presso le Nazioni Unite a New York, è dovuta a tre ordini di ragioni: “manca la condanna chiara e senza ambiguità degli attacchi di Hamas del 7 ottobre scorso a Israele; manca il riconoscimento del diritto di ogni Stato sotto attacco, in questo caso Israele, a difendersi in linea con il diritto internazionale e umanitario e manca l’imperativo che è quello del rilascio immediato e senza condizioni degli ostaggi”. Manca, più probabilmente, una lettura meno ideologica dei fatti dell’oggi. Ci si avvita sulle parole, in un momento in cui le ingenti perdite umane non lo consentirebbero. Le reazioni comunque non si sono fatte attendere. Elly Schlein è netta, la segretaria del Pd parla di errore italiano che avrebbe dovuto votare la risoluzione.
Tutto questo, in uno scenario in cui i numeri sono impressionanti. Per l’OMS oltre 7.000 sono le vittime in tre settimane, per il 40% si tratta di bambini. Dati OCHA dicono che nella sola Cisgiordania da inizio mese sono stati uccisi 104 palestinesi di cui 28 minori.
Il pianto ipocrita che si solleva da più parti, allora, seppure potesse bastare a convincere qualcuno, non dovrebbe però essere sufficiente a soffocare le coscienze dei più. 

Credit Image: © Evan Schneider/Un/Xinhua via ZUMA Press



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