Ritorno alla foresta. Proteggiamo i popoli indigeni per proteggere il pianeta

Tra i diritti umani più costantemente minacciati e violati ci sono quelli dei popoli indigeni – guardiani di preziosi ecosistemi – le cui lingue, culture e tradizioni rischiano di sparire.

Ettore Camerlenghi

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Una proposta di legge del governo Bolsonaro rischia di dare il colpo di grazia alla Foresta Amazzonica e ai popoli indigeni che nella foresta vivono e che la foresta proteggono. È solo l’ultimo atto di un sistematico attacco ai popoli indigeni, sotto scacco da molti anni non solo in Brasile. Un attacco che – come spiega l’autore di questo saggio contenuto nell’Almanacco della scienza di MicroMega  di cui pubblichiamo qui un estratto – rischia di farci perdere non solo culture, lingue e storie ma anche i guardiani di preziosi ecosistemi.

[…]. I dati relativi alla deforestazione in Amazzonia dell’ultimo anno sono purtroppo inequivocabili. […]. Esiste però anche un secondo pericolo, meno visibile e più silenzioso, che l’industria mineraria porta nelle terre indigene. Si tratta del rischio di contagio da malattie infettive per le quali molti popoli indigeni non posseggono difese immunitarie, tra le quali la Covid-19.

[…]. Il drammatico fenomeno sta mettendo intere culture in pericolo, non soltanto in Amazzonia ma anche in molte altre regioni del globo, come in Australia, nel continente africano e in Indonesia. L’Unesco stima, infatti, che già prima dell’attuale pandemia circa 600 delle 6.800 lingue tuttora parlate sul nostro pianeta, 150 delle quali parlate da non più di una decina di persone, si trovasse in uno stato di grave rischio di estinzione[1]. […].

Come ci ricorda Wade Davis, professore di Antropologia alla British Columbia University, etnobotanico ed esploratore per National Geographic, la morte di una cultura e di una lingua, tramite l’erosione dell’etnosfera, rappresenta la perdita di un pezzo di umanità. Se infatti la biosfera costituisce la somma e l’interazione tra tutti i viventi sul pianeta, l’etnosfera può essere definita come la somma di tutti i pensieri, sogni, miti, idee, ispirazioni e intuizioni esistenti grazie all’immaginazione umana dall’emergenza della coscienza nella nostra specie. Per definizione dello stesso Wade Davis, l’etnosfera è il grande lascito dell’umanità, il simbolo di tutto quello che siamo e che possiamo essere come specie curiosa e esplorativa.

E se, come sempre più spesso le riviste scientifiche ci ricordano, la biosfera è in pericolo e il nostro pianeta sta velocemente entrando in quella che viene definita la sesta grande estinzione della biodiversità nella storia della vita sulla terra, l’etnosfera vive un processo di deterioramento e di estinzione ancora più rapido e preoccupante.

Biosfera ed etnosfera non dovrebbero essere però concepite come entità tra loro indipendenti. Al contrario, la loro sopravvivenza è fortemente intrecciata, essendo evidente da un lato il ruolo giocato dalla biodiversità nell’arricchire e plasmare i mondi culturali e le cosmologie indigene e dall’altro essendo ormai chiaro il ruolo di custodi della natura che la maggior parte dei popoli indigeni riveste su scala planetaria. Negli ultimi anni diversi studi pubblicati su importanti riviste scientifiche hanno iniziato a far luce, dati alla mano, sul ruolo che molti popoli indigeni svolgono in termini di conservazione della biodiversità e della salute degli ecosistemi.

Un articolo pubblicato sull’importante rivista scientifica Pnas lo scorso giugno ha confermato empiricamente questa prospettiva, mostrando come numerosi popoli indigeni abbiano vissuto per millenni in Amazzonia senza causare alcun misurabile declino di altre specie[2]. […].

L’importanza del ruolo che i popoli indigeni del pianeta svolgono in termini di conservazione è stata messa in evidenza anche da un’altra ricerca, firmata da un gruppo internazionale e pubblicata a gennaio 2020 sulla rivista Frontiers in Ecology and the Environment[3]. Nell’articolo gli autori evidenziano come il 36% delle aree di foresta intatte e preservate sul pianeta fosse amministrata proprio da popoli indigeni, nonostante questi rappresentino solo un’esigua minoranza, pari addirittura a meno del 5% della popolazione mondiale.

Molte società indigene che attualmente sopravvivono in Amazzonia sono infatti composte da un gruppo ristretto di persone. Se de un lato questo fenomeno, come visto sopra, ha storicamente contribuito alla grande diversità linguistica e culturale della regione, attualmente però, proprio a causa della ridotta e frammentata popolazione indigena, l’Amazzonia si trova tra le prime regioni al mondo per diversità culturale e linguistica in pericolo di estinzione. Un dato, questo, che ci racconta una storia di marginalizzazione, di conquista e di annichilimento delle identità culturali indigene. […].

[L’estratto qui pubblicato corrisponde al 16% del testo integrale pubblicato in MicroMega 6/2021]

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[1] Unesco, “Atlas of the World’s Languages in Danger”, bit.ly/2ZAQDiJ; Minnie Degawan, “Indigenous languages: Knowledge and hope”, The Unesco Courier, gennaio-marzo 2019, bit.ly/2Y6JxC8.

[2] Dolores R. Piperno, Crystal H. McMichael, Nigel C. A. Pitman et. al., “A 5,000-year vegetation and fire history for tierra firme forests in the Medio Putumayo-Algodón watersheds, northeastern Peru”, Proceedings of the National Academy of Sciences, 5 ottobre 2021, 118 (40), bit.ly/3unMCta.

[3] Julia E Fa, James EM Watson, Ian Leiper et. al., “Importance of Indigenous Peoples’ lands for the conservation of Intact Forest Landscapes”, Frontiers in Ecology and the Environment, vol. 18, n. 3, aprile 2020, pp. 135-140, bit.ly/3ulPRl2.

 

(credit foto CARL DE SOUZA / AFP)



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