Francia: colpo di mano del governo sulle pensioni, scoppia la rivolta in tutto il paese

Il governo francese si è avvalso dell’articolo 49.3 della Costituzione per far passare la riforma delle pensioni scavalcando il Parlamento. Manifestazioni spontanee sono sorte in tutto il paese: danni ingenti al mobilio urbano, oltre trecento arresti. Stamattina sui media francesi coro di accuse al presidente.

Marco Cesario

Stamattina la capitale francese si è svegliata con impresse immagini apocalittiche. Le strade adiacenti l’Assemblea Nazionale, Place de la Concorde e gli Champs Elysées sono un enorme campo di battaglia fumante e maleodorante. Decine di tonnellate di immondizia non raccolta in queste settimane a causa degli scioperi dei netturbini contro la riforma delle pensioni sono state date alle fiamme dai manifestanti che le hanno usate come materiale incendiario in chiave anti sommossa. Macchine bruciate, cassonetti dati alle fiamme, lancio di molotov, bombe carta e razzi artigianali, barricate in diverse città francesi, odore insopportabile e capitale completamente devastata. Tutto è iniziato nel tardo pomeriggio quando la prima ministra Elisabeth Borne, dopo settimane di lotte, manifestazioni e scioperi serrati indetti dai sindacati, ha annunciato che il governo intendeva avvalersi dell’articolo 49.3 della Costituzione francese per far approvare la legge sulla riforma delle pensioni senza passare per il Parlamento. Una decisione tecnicamente e giuridicamente possibile ma rarissima nella storia repubblicana francese. Un vero e proprio colpo di mano del presidente per non dover passare per le forche caudine del Parlamento, tra l’altro, su un tema non minore ma vitale come quello delle pensioni. Un errore politico macroscopico che ha acceso immediatamente la rivolta in tutto il paese. A Parigi, Marsiglia, Tolosa, Nantes, Rennes ed altre decine di città francesi si sono subito ammassate migliaia di persone per chiedere l’immediato ritiro dell’articolo 49.3.

Nel pomeriggio, i manifestanti hanno raggiunto Place de la Concorde a Parigi, di fronte all’Assemblea Nazionale, su appello del sindacato Solidaires. Erano presenti i rappresentanti di diverse organizzazioni giovanili, sindacati studenteschi (Alternative) e organizzazioni politiche (Jeunes insoumis, Jeunes écologistes, NPA Jeunes), che hanno dato vita ad una manifestazione improvvisata. A loro si sono uniti soprattutto i ferrovieri e i raffinatori, poi un corteo di oltre 1.600 giovani è partito da Place de la Sorbonne, al grido di “Emmanuel Macron, presidente dei padroni, veniamo a prenderti a casa” e “Abbasso il 49,3”.

Diverse cariche, cannoni ad acqua e gas lacrimogeni sono stati utilizzati per evacuare gradualmente i manifestanti dalla piazza alle strade e ai quartieri circostanti. I manifestanti hanno dato vita ad una vera e propria guerriglia urbana fino a notte inoltrata nel cuore della città nel tentativo di avvicinarsi al palazzo presidenziale. Non meno di 310 persone sono state arrestate nella capitale nella notte, ha dichiarato Gérald Darmanin. Ma ci sono state manifestazioni e incidenti anche in altre città, in particolare a Rennes, dove la prefettura ha dichiarato che otto persone sono state arrestate e altrettante prese in custodia a fine serata, dopo molteplici episodi di danneggiamento e “26 incendi spenti”. Il sindaco socialista, Nathalie Appéré, ha parlato su Twitter di una violenza “sconcertante”. A Nantes, dove circa 3.500 persone si sono radunate in prima serata, secondo la polizia, l’atmosfera è rapidamente degenerata: incendi di cassonetti non raccolti, lancio di molotov, spari di mortaio contro la polizia, che ha usato gas lacrimogeni. A Marsiglia, giovani mascherati hanno infranto la vetrina di una banca e distrutto l’arredo urbano sulla Canebière, mentre altri hanno dato fuoco ai cassonetti della spazzatura gridando “abbasso lo Stato, i poliziotti e i padroni”. Il CRS ha usato gas lacrimogeni anche ad Amiens, Lille e Grenoble. A Digione, dove si sono radunate 700 persone, ai manifestanti hanno “attaccato la polizia e provocato ingenti danni”, mentre manichini con l’effigie del Presidente della Repubblica, del Primo Ministro e del Ministro del Lavoro sono stati bruciati, secondo un giornalista presente sul posto.

E intanto stamattina è tutto in coro di accuse contro il presidente francese, reo di aver tentato un colpo di mano e di aver scavalcato la volontà del Parlamento. “Confessione di debolezza”, “fallimento”, “pantalonata”: queste le prime pagine dei giornali che hanno condannato all’unanimità il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione per approvare la riforma delle pensioni e hanno puntato il dito contro Emmanuel Macron per la crisi politica e sociale che minaccia. Su Libération, che indica la “colpa” di Emmanuel Macron, l’editoriale del prestigioso quotidiano ritiene che “è nell’instabilità che [la] scellerata riforma delle pensioni sta spingendo la Francia, la sua democrazia e i suoi lavoratori”. “Il Presidente potrebbe salvare la situazione annunciando che la legge sarà abrogata dopo questo passaggio antidemocratico. Ma non è da lui ascoltare i francesi”, scrive. Il titolo de L’Humanité recita: “Crisi di regime”, mentre in prima pagina si parla di “dito medio al popolo”. “Con questo nuovo ricorso al 49.3, si consuma il divorzio tra le nostre istituzioni e il popolo, il culmine di una crisi dilagante di delegittimazione del potere politico, che apre una strada reale alle tentazioni autoritarie. Il piromane dell’Eliseo è l’unico responsabile di questa situazione”, ha dichiarato.

Ma che dice l’articolo 49.3? L’articolo 49.3 della Costituzione francese consente al primo Ministro, previa delibera del Consiglio dei Ministri, di impegnare la responsabilità del Governo sul voto di un disegno di legge finanziaria, di un disegno di legge sul finanziamento della sicurezza sociale o su un altro disegno di legge o una proposta di legge in discussione all’Assemblea nazionale. Se il Primo Ministro decide di ricorrervi, la sua decisione comporta l’immediata sospensione della discussione del progetto di legge. Il testo si considera adottato, senza essere sottoposto a votazione, a meno che non venga presentata una mozione di censura entro 24 ore. La mozione di censura deve essere votata secondo condizioni ben precise: si contano solo i voti a favore della mozione di censura e questa può essere adottata solo dalla maggioranza dei membri dell’Assemblea. Se la mozione di censura viene approvata, il testo viene respinto e il governo viene rovesciato. Per ora nessun gruppo politico nella coalizione presidenziale ha paventato l’utilizzo della mozione di censura. Ma il presidente Macron rischia grosso. In un contesto del genere e su un tema così delicato il gesto presidenziale anche agli osservatori più moderati della politica francese appare totalmente sconsiderato. Questa sua presa di posizione appare più come un colpo di mano alle istituzioni, un attacco al Parlamento e alla volontà popolare che un normale iter legislativo di cui può avvalersi un primo ministro. Siamo forse all’alba della fine politica del progetto macronista e di una guerra sociale senza esclusioni di colpi?

 

Foto Flickr | Force Ouvrière



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