Salario minimo, il triste dibattito italiano

Mentre l’Ue si muove nella direzione della tutela della dignità del lavoro, nel nostro Paese la questione divide la classe politica.

Maurizio Franco

“Nei nostri orientamenti politici abbiamo promesso una legge per garantire salari minimi equi nell’Ue. Con l’accordo politico di oggi, portiamo a termine il nostro compito. Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi”. Ursula Von der Leyen, la presidente della Commissione europea, lo ha annunciato su Twitter: è stato raggiunto l’accordo sulla direttiva Ue per il salario minimo. Adesso la palla (o il macigno) rotola nell’emiciclo del Parlamento europeo per poi passare al vaglio del Consiglio.
Una stoccata, quella continentale, sulle crepe del dibattito pubblico italiano. Lo scontro fratricida tra le fazioni politiche “pro” e “contro” la misura, infatti, è stato il fulcro delle cronache nazionali degli ultimi mesi, con la conseguente demonizzazione del reddito di cittadinanza e il protagonismo mediatico di molte aziende spasmodicamente alla ricerca di manodopera (soprattutto) per la stagione estiva.
La direttiva, inoltre, è una stoccata politica che piomba sul Governo Draghi, la cui maggioranza si arrovella quotidianamente sul tema. “L’Europa si presenta con una buona notizia ai lavori dell’Ocse di Parigi. L’Ok alla direttiva sul salario minimo apre una prospettiva per contrastare il lavoro povero e per dare a tutti i lavoratori un salario dignitoso” è il commento di Andrea Orlando, ministro del lavoro, che auspica la formulazione di una legge “di carattere più organico” con cui raccogliere i propositi dell’istituzione continentale. Il Movimento 5 stelle è dello stesso parere e plaude alla direttiva. “Serve una legge dignitosa per quei lavoratori che portano avanti il Paese. Il M5s la sostiene da tempo e si sta battendo in Parlamento, cercando la convergenza anche delle altre forze politiche” ha scritto Luigi Di Maio, ministro degli esteri, su Facebook, rimarcando il ruolo della sua organizzazione per gli emendamenti proposti al testo. Gli fa eco Giuseppe Conte, leader dei pentastellati, rilanciando il progetto di legge in commissione lavoro al Senato. “Siamo disponibili a lavorare notte e giorno per approvarlo. Dobbiamo farlo subito”.

“Il salario minimo per legge non va bene perché è contro la nostra storia culturale di relazioni industriali. Non buttiamo il bambino con l’acqua sporca e valorizziamo le nostre relazioni industriali. Il salario non può essere moderato ma deve corrispondere alla produttività” è uno stralcio dell’intervento di Renato Brunetta, ministro per la pubblica amministrazione, al festival dell’Economia di Trento, poco prima dell’approvazione di Bruxelles. Un “totem un po’ ammuffito” è l’immagine evocata dalla compagine di Forza Italia al Senato per descrivere il salario minimo. Mentre per Giancarlo Giorgetti, ministro dello sviluppo economico, “la decisione dell’Unione europea lascia grandi margini ai Paesi membri per declinare questo principio in base alle realtà e alle caratteristiche di ogni Paese”. La misura, secondo le parole del leader leghista, non deve penalizzare la contrattazione esistente.

In realtà la direttiva non impone l’obbligo di introdurre il salario minimo nella legislazione dei 27 Paesi. “Non è questo il punto”, ha sottolineato Nicolas Schmit, commissario Ue al lavoro, durante la conferenza stampa di esordio dell’accordo europeo. Il vincolo stabilisce delle “garanzie” da adottare contro il fenomeno dei working poor. Ovvero la miriade di lavoratori poveri, sfruttati e precari che inondano il sistema produttivo e industriale del Vecchio continente. In Italia, un lavoratore su tre è condannato al dramma della povertà. E il Paese tricolore – oltre alla decennale stagnazione salariale che lo relega nei bassifondi della classifica – è nella cerchia delle sei nazioni Ue prive di una norma che regolamenta la materia. Una direttiva, quindi, per adeguare i salari ai minimi, laddove esistano, per invogliare la contrattazione collettiva, per allargare e saldare le maglie della rappresentanza sindacale e per istituire un quadro di riferimento univoco. “Sono molto fiducioso che alla fine il governo italiano e le parti sociali raggiungeranno un buon accordo per rafforzare la contrattazione collettiva, soprattutto per coloro che non sono ben tutelati, e alla fine arriveranno alla conclusione che potrebbe essere importante introdurre il sistema salariale minimo in Italia”, ha continuato Schmit. “Ma spetta al Governo italiano e alle parti sociali farlo”.

 

Foto EPA/JUAN CARLOS HIDALGO



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