Gli scenari della guerra in Ucraina. C’è un percorso per la pace “post-americana”

Con troppo ottimismo si sono salutati gli accordi raggiunti sullo sblocco del grano nel Mar Nero. Gli attacchi missilistici a Odessa dimostrano che Putin non vuole rassicurare chi appoggia l’Ucraina e crede che la Russia si fermi. All’Occidente non rimane che sostenere ancora Kiev, ma anche guardare oltre: una pax post-americana, in cui l’Europa miri a recuperare il fronte dei nuovi “non allineati” e a convincere Russia e Cina che non c’è futuro per un mondo in guerra per imporre le rispettive “sfere d’influenza”. La scommessa è tutta nella forza delle democrazie europee, che dovranno dimostrare di sapersi riprendere dalle attuali fragilità interne e guardare con responsabilità al ruolo che la storia da tempo chiama a svolgere.

Maurizio Delli Santi

Nonostante la pronta condanna di Nazioni Unite e Unione Europea, è prematuro esprimersi compiutamente sul senso degli attacchi missilistici che i russi hanno scatenato su Odessa a poche ore dalla firma degli accordi sullo sblocco del grano sottoscritti a Istanbul. Tecnicamente la Russia potrebbe non aver violato l’accordo, poiché questo potrebbe non escludere espressamente di attaccare le retrovie dei porti ucraini o anche quelle loro parti non utilizzate direttamente per le esportazioni di grano.  In ogni caso è presto per valutare l’effettività dell’intesa, e per esprimersi sui suoi effetti sulla crisi alimentare globale.

Tuttavia, alcuni profili possono essere utili per valutare l’evoluzione dello scenario. Intanto è ragionevole considerare quanto l’accordo raggiunto abbia fatto gioco soprattutto al presidente turco Erdogan, che si è visto attribuire un ulteriore peso geopolitico. Non v’è dubbio che la mediazione di un autocrate come Erdogan può aver dato fastidio ai sostenitori delle democrazie, ma occorre riconoscere che il suo ruolo è stato decisivo per ottenere l’intesa. Se l’accordo dovesse perfezionarsi, nonostante l’ultimo bombardamento su Odessa, sarebbe sbloccato l’export di circa 35 milioni di tonnellate di grano che rischiano di diventare inutilizzabili. E tutto questo mentre un report dell’Onu già ha stimato circa 300 milioni di persone in piena crisi alimentare, alle soglie della carestia, per effetto della guerra in Ucraina. Vale pure ricordare che il blocco navale in quell’area ha provocato gravissime conseguenze sui costi di esercizio del traffico mercantile, in cui peraltro hanno inciso le condizioni proibitive poste dalle assicurazioni. L’effetto distorsivo dei mercati finanziari ha poi alterato nel complesso il sistema dei prezzi del commercio alimentare mondiale.

Per questo era importante arrivare ad una soluzione del problema. Questa sembra essere stata individuata dall’Onu, altro importante attore della mediazione, che è stata seguita stavolta da un più assertivo Antonio Guterres. Al Segretario Generale dell’Onu più di qualcuno aveva rivolto critiche per l’atteggiamento un po’ troppo attendista e remissivo rispetto al ruolo ricoperto, in cui nel passato altri Segretari generali avevano assunto iniziative e posizioni più nette nelle situazioni di crisi.

Le riserve sulle possibilità di un accordo erano di entrambe le parti. In una prima ipotesi si era chiesto che agli ucraini, con il supporto delle marine europee che si erano fatte avanti, incombesse l’onere di sminare il porto di Odessa e il tratto del Mar Nero disseminato dagli ordigni. Ma Kiev sul punto aveva manifestato la sua opposizione, ritenendo che il corridoio così creato avrebbe potuto favorire le successive intrusioni della marina russa.

Peraltro, le azioni di sminamento sarebbero state costose e avrebbero richiesto tempo.

D’altro canto, la Russia ha temuto fortemente che la manovra del grano fosse in realtà finalizzata a ridare forza agli approvvigionamenti diretti via mare all’Ucraina, ed ha usato il blocco del grano come strumento di contrattazione sulle sanzioni economiche disposte sulle sue esportazioni.

La mediazione è riuscita a superare le opposte visioni e a giungere ad un compromesso, come deve necessariamente accadere se si vuole veramente raggiungere un’intesa partendo da posizioni contrapposte. Formalmente gli accordi sono distinti, nel senso che non si tratta di un accordo multilaterale Russia-Ucraina-Turchia-Onu, ma di due accordi bilaterali speculari, sottoscritti con la “garante” Turchia uno dalla Russia l’altro dall’Ucraina: Kiev e Mosca hanno confermato le loro aperte ostilità, non incontrandosi in un negoziato diretto. L’intesa in ogni caso ha consentito di individuare una soluzione tecnica che allo stato sembra aver messo d’accordo le parti, almeno sui punti essenziali su cui per Erdogan e Guterres era importante incassare un risultato concreto, dopo mesi di negoziati interrotti.

È stata messa da parte l’ipotesi di un’azione estesa nello sminamento, ma si è consentita all’Ucraina la gestione diretta dei convogli mercantili per incanalarli in percorsi sicuri, fuori dal pericolo delle mine e da possibili attacchi dei russi. A vigilare che il sistema funzioni secondo gli accordi, senza che vi possano essere canali rifornimento per armamenti o per altri sostegni indiretti all’azione bellica, è prevista la costituzione di un centro di coordinamento a Istanbul, ove saranno presenti organi di controllo e osservatori di Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite. In sostanza, a questi spetterà il monitoraggio del traffico navale, anche attraverso un regime di ispezioni, secondo le norme del diritto marittimo. E da quello che è dato sapere i russi vigileranno con attenzione soprattutto sulle navi in ingresso nel Mar Nero, per assicurarsi che agli ucraini non giungano armamenti e altri sostegni per la loro autonomia bellica.

La Russia conseguirà almeno due vantaggi dall’accordo: da un lato, si parla di un possibile allentamento delle restrizioni sulle sue esportazioni di cereali e fertilizzanti, dall’altro, otterrà comunque un riavvicinamento di quei Paesi soprattutto africani che pur non avendo votato le sanzioni contro la Russia ora si vedevano colpiti dal blocco del grano ucraino, di cui hanno necessità vitale. Ed è probabile che proprio questo aspetto abbia convinto Putin ad accettare l’intesa.

L’agenzia Interfax ha riferito le prime dichiarazioni rese del ministro della Difesa Serghei Shoigu dopo avere firmato l’accordo a Istanbul: “La Russia non approfitterà per trarre vantaggi militari dal fatto che gli ucraini si sono impegnati a riaprire i loro porti sul Mar Nero”. Dall’ufficio della presidenza ucraina, Andriy Sybiha ha parlato di un “passo importante per prevenire la crisi alimentare globale’’, ma anche di nuove prospettive per gli ucraini di “posti di lavoro, stipendi e risorse per il bilancio”.

Particolare rilievo va riconosciuto anche alle parole di Erdogan, che si è proposto stavolta al di fuori degli schemi. “Questo accordo sarà una svolta’’ ha indicato, e ha annunciato: “Speriamo che si riapra uno spiraglio per la pace’’. Importanti sono anche gli altri passaggi del Presidente turco: “Questa guerra continua da cinque mesi (…) Si protrae nel silenzio. Ma il costo economico è molto elevato, come quello umano’’. E infine: “Il conflitto armato separa due Paesi, ma anche il resto dell’umanità (…) La guerra non è il nostro destino, non vogliamo che costi la vita di persone innocenti’’.

Sulla base di queste premesse, specie dopo gli ultimi attacchi missilistici su Odessa, l’accordo sul grano sarà tutta una scommessa per riscontrare l’effettiva volontà delle parti. Anche gli ultimi bombardamenti dimostrano che è prematuro palare di “fiducia” nel senso tecnico delle relazioni internazionali, anche perché Russia e Ucraina si sono rifiutate di incontrarsi direttamente su un tavolo di negoziati. E Putin soprattutto sembra intenzionato a non far passare l’intesa come un passo che rassereni l’Ucraina e l’Occidente: la sua guerra continua.

Di questo occorre avere consapevolezza, e probabilmente gli attacchi missilisti a poche ore dall’accordo sono un segnale diretto anche al protagonismo di Erdogan e all’iniziale ottimismo di Guterres, Zelensky e degli europei. Qualcuno già parla di scenari dove se è ormai incerta una pax americana si dovrebbe pensare ad una pax post-americana: l’Europa, pur non rinunciando ai suoi legami atlantici, dovrebbe assurgere a una nuova leadership che miri a recuperare soprattutto il fronte dei nuovi “non allineati” e a convincere anche Russia e Cina che non c’è futuro per un mondo in lotta per imporre le rispettive sfere d’influenza. Sarà possibile? La scommessa è tutta nella forza delle democrazie europee, che dovranno dimostrare di sapersi riprendere dalle attuali fragilità interne e guardare con responsabilità al ruolo che la storia da tempo chiama a svolgere.

 

 



Ti è piaciuto questo articolo?

Per continuare a offrirti contenuti di qualità MicroMega ha bisogno del tuo sostegno: DONA ORA.

Altri articoli di Maurizio Delli Santi

Al G7 ribadita la linea della de-escalation: fermare l’attacco su Rafah e disinnescare le tensioni tra Israele e Iran.

La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sul cessate il fuoco a Gaza dovrebbe essere vincolante, ma gli Stati Uniti non la pensano così.

Attentato a Mosca: Putin punta il dito verso Kiev ma farebbe invece bene a prendere molto sul serio la minaccia jihadista.

Altri articoli di Mondo

L’ultima tornata elettorale in Turchia ha visto l’Akp di Erdoğan scendere a secondo partito su scala nazionale.

Al G7 ribadita la linea della de-escalation: fermare l’attacco su Rafah e disinnescare le tensioni tra Israele e Iran.

L'attuale conflitto "a pezzi" e le sue ragioni profonde e spesso sottaciute.