Leonardo Sciascia, la mafia e il nostro tempo

La trattativa Stato-mafia e l’assoluzione dei responsabili politici. Un classico letto al presente: “Il giorno della civetta”.

Angelo Cannatà

Ci sono molti modi di leggere Il giorno della civetta (1961) di Leonardo Sciascia, e ognuno dice qualcosa di noi, perché niente mai muta davvero nel nostro Paese dove, lo sintetizza un titolo del Fatto, si vuol far credere ancora che la mafia non abbia protezione politica e “La Trattativa dei boss” sia avvenuta “all’insaputa dello Stato”. Ma vediamo Sciascia, e quanto mostra anche del nostro tempo.

1. Un modo semplice di leggere il testo è limitarsi alla fabula (che pure già dice molto): siamo in Sicilia e il capitano Bellodi indaga sulla morte di Salvatore Colasberna, ucciso dalla mafia perché non ha accettato la guardiania, la “protezione” che il boss Mariano Arena gli “consigliava”. Bellodi è settentrionale, e incarna i valori dell’onestà e della legge, ma esce sconfitto nella ricerca della verità perché si scontra col muro dell’omertà e delle complicità politiche.

2. Un secondo livello di lettura riguarda proprio Bellodi: vuole scoprire i mandanti di un delitto, certo, ma è uomo che s’interroga sulla mafia “come è” (indagando fatti e circostanze) chiedendosi anche “perché la mafia?”. È qui che il testo diviene anche romanzo sullo Stato che offre protezione ai boss.

3. Il capitano Bellodi è sconfitto, da omertà e collusioni, e comprende che la mafia si estende, si rafforza, si ramifica: “Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… gli scienziati dicono che la linea della palma, viene su verso nord… ed è già oltre Roma…”. Comprende che la mafia ha un livello politico che resta impunito.

4. Il giorno della civetta è dunque (anche) una riflessione sullo Stato, a) considerato un valore da Bellodi che ne incarna tutti i principi positivi; b) considerato marcio e corrotto nell’opera “di certi burocrati di Stato” che tendono a orientare un’inchiesta (sulla mafia) “verso il delitto passionale” (nel romanzo di Sciascia), e verso l’assoluzione dei responsabili politici (in certe sentenze odierne).

5. Il capitano Bellodi è stato sconfitto? Certo, racconta Sciascia, bisognava evitare che venissero compromessi importanti personaggi collusi con la mafia: l’onorevole Livigni, il Ministro Mancuso. L’impressione è che oggi cambino solo i nomi ma non la sostanza del problema: al livello politico delle nefandezze italiane non si arriva mai, e quando ci si arriva ecco pronte le assoluzioni.

6. In certe pagine Sciascia fa conversare i rappresentanti dello Stato (burocrati, alti funzionari, politici…) coi mafiosi e mostra che la contrapposizione Stato/mafia a certi livelli scompare. È la mafia che si annette la politica? È il contrario? Chi utilizza chi?

7. Molti fatti mostrano (nel romanzo e nella realtà) il livello delle collusioni (ecco il frammento di un dialogo: “Ma ci sono state interferenze di uomini politici a favore di don Mariano?… E’ vero che il ministro Mancuso ha telefonato da Roma?…”). È una pagina del romanzo, ma a guardar bene anche di recenti intercettazioni; e ciò resta storicamente vero, al di là di ciò che si può (o si vuole) accertare nei tribunali.

8. Attraverso il punto di vista del confidente, Sciascia mostra la terribile verità su certi giudici: “Che la legge fosse immutabilmente scritta e uguale per tutti, il confidente non aveva mai creduto, né poteva: tra i ricchi e i poveri”, i potenti e gli ultimi, “c’erano gli uomini della legge; e potevano, questi uomini, allungare da una parte sola il braccio dell’arbitrio, dall’altra parte dovevano proteggere e difendere”. L’impressione è che anche oggi, il braccio della legge da una parte colpisca (la mafia) dall’altra “protegga e difenda” (per usare le parole di Sciascia) la politica che con la mafia collude.

9. L’integerrimo capitano Bellodi, a un certo punto, mostra piena consapevolezza della difficoltà di raggiungere il livello più alto del potere mafioso: “È inutile tentare d’incastrare nel penale un uomo come costui: non ci saranno mai prove sufficienti, il silenzio degli onesti e dei disonesti lo proteggerà sempre”. Ecco il punto: le protezioni. E la difficoltà di incastrare nel penale. Qui davvero siamo in piena attualità.

10. Infine. In una celebre pagina il boss Mariano elogia il capitano Bellodi, prendendo atto che è “un uomo” a differenza del pauroso ufficiale che lo sostituisce (cambiando un comandante o il giudice, cambia spesso tutto) e afferma: “Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità… la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraqua”. Oggi non so come definirebbe Sciascia coloro che hanno assolto il livello politico della Trattativa Stato-mafia. Non mi sembra – vedremo le motivazioni – una sentenza molto coraggiosa. Ma ognuno tragga, secondo la sua sensibilità, le conclusioni che vuole. Io trovo anomalo un dato: “la sentenza d’appello sulla trattativa Stato-mafia conferma integralmente i fatti, ma condanna solo la mafia e assolve lo Stato”. Il livello politico è sempre impunito: è quanto denuncia Sciascia attraverso la figura del capitano Bellodi. Non è cambiato molto nel nostro martoriato Paese.



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