“Provateci voi a consegnare 150 pacchi in un giorno”: il racconto dei lavoratori Amazon in sciopero

La multinazionale di Bezos ha deciso di rompere il tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto nazionale. Ed è esplosa la protesta. La voce dei dipendenti in sciopero fuori dal sito di Pomezia (Roma).

Valerio Nicolosi

“Un pacco ogni tre minuti, a volte anche meno perché l’algoritmo calcola come vicine delle consegne a piedi, ma nella realtà non è così”, racconta Michele, corriere di Amazon.
Per i clienti Amazon è un sistema perfetto: basta un click e in 24 ore il libro, lo smartphone o la nuova plafoniera bussa a casa.
“Il problema è quello che c’è dietro, a partire da chi lavora in magazzino. Le tutele e la difesa dei diritti dovrebbero partire da lì”, aggiunge Michele.

Come in una moderna catena di montaggio, il pacco viene spostato da magazzino a magazzino, imballato, pesato, inserito in una delle migliaia di rotte che ogni giorno i corrieri percorrono e, infine, arriva a destinazione. “Da quando è iniziata la pandemia non ci siamo mai fermati, nemmeno durante il primo lockdown, quando tutti erano a casa e ci avevano promesso che avremmo consegnato solamente i beni di prima necessità”, dice Emanuele, anche lui corriere della multinazionale di Jeff Bezos.

I carichi di lavoro a marzo e aprile del 2020 sono aumentati notevolmente, i corrieri sono arrivati a consegnare anche 170 pacchi in un giorno, come se fosse sempre la Vigilia di Natale. “Invece le persone stavano a casa e ordinavano compulsivamente qualsiasi cosa”, aggiunge Emanuele. La app installata sullo smartphone di servizio controlla le rotte dei corrieri e in tempo reale aggiorna i dispatcher (addetti al controllo delle rotte) che chiamano i corriere per dire che sono in ritardo sulla tabella di marcia. Sembra un racconto distopico e invece è la realtà lavorativa di decine di migliaia di persone. Un misto tra “Tempi Moderni”, “The Truman Show” e “Matrix”, raccontato benissimo da un altro film, “Sorry We Missed You” di Ken Loach.

“Nelle ultime settimana c’era stata una piccola flessione del lavoro, ma da quando il Lazio è tornato a essere zona rossa siamo di nuovo a 140-150 pacchi al giorno”, prosegue Emanuele, che aggiunge: “Ora però la nuova app ti dice che hai meno ‘stop’, perché raggruppa più consegne in un’unica fermata. Lavorano sulla psicologia del lavoratore che vede solo cento ‘stop’, ma alla fine i pacchi sono comunque 140”.

La multinazionale di Bezos ha deciso di rompere il tavolo di trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di secondo livello proponendo una piattaforma già bocciata a livello regionale nel Lazio lo scorso novembre. Così per la prima volta il 22 marzo è stato indetto uno sciopero di 24 ore da Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e che ha visto l’adesione anche della U.S.B., da anni promotrice di lotte sindacali nella logistica. “Amazon propone di inserire la domenica e i festivi obbligatori, inserendoli tra i giorni normali della turnazione, non vuole pagare i primi tre giorni di malattia, e di assumere a tempo determinato o interinale fino al 50 per cento del personale di ogni magazzino”, racconta Massimo Pedretti, della USB Logistica, durante il presidio fuori il magazzino di Pomezia, a Sud di Roma. “Hanno un’idea ottocentesca del lavoro, con queste proposte porteranno sempre più precarietà in questo settore.  L’azienda ha avuto un incremento di fatturato di circa il 30 per cento nell’ultimo anno ed è stato possibile solo grazie ai sacrifici dei lavoratori che in compenso non hanno visto né un aumento di salario, né maggiori tutele”.

 

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