Sciopero degli attori, intervista a Francesco Pannofino

Hollywood è in fermento: dopo gli sceneggiatori a incrociare le braccia sono gli attori. I progressi tecnologici che si susseguono rapidi stanno avendo un forte impatto sul mondo del cinema e delle serie TV, modificando le professioni che ne sono a fondamento e condizionando pesantemente il loro potere contrattuale. In Italia in precedenza c'è stato lo sciopero dei doppiatori e chi meglio di Francesco Pannofino, celebre attore e doppiatore, può aiutarci a fare luce su ciò che sta succedendo negli USA e nel nostro Paese?

Fabio Bartoli

Signor Pannofino, sta seguendo lo sciopero degli attori di Hollywood? Quali sono secondo lei i punti salienti della protesta?
Innanzitutto va detto che è partito tutto dagli sceneggiatori, che hanno scioperato in precedenza. Soprattutto la loro professionalità è messa in pericolo dallo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, che potrà avere un impatto sempre maggiore anche sul lavoro degli attori. La ricaduta più negativa consiste nel poter riutilizzare il volto e la voce degli attori anche per progetti che non avallano, senza chiedere la loro autorizzazione e avendoli per giunta pagati solo per registrare la singola performance che potrà essere potenzialmente riutilizzata all’infinito.
Il progresso non si ferma, è vero, ma va governato. Per tanti lavori che manda nel dimenticatoio altrettanti ne fa nascere ma la creatività umana va tutelata, non può essere rimpiazzata.

Rileva qualche analogia con lo sciopero dei doppiatori che si è tenuto qualche mese fa in Italia?
Beh, il punto di partenza è molto diverso: nel caso dei doppiatori italiani si trattava di rinnovare i contratti che andavano in scadenza. È stato il tentativo di fare sedere la controparte, che a inizio ha fatto orecchie da mercante, al tavolo delle trattative per trovare una soluzione più equa. Per essere davvero effettivo e guadagnarsi l’attenzione di tutti uno sciopero dei doppiatori dovrebbe durare dei mesi, tanto da fare esaurire tutti i tipi di prodotti audiovisivi già lavorati. Immagini i bambini che, privi di serie animate da guardare perché non doppiate, si lamentano con i genitori: allora sì che questi dovrebbero fare i conti con le questioni sollevate dai doppiatori!
Sì tratta inoltre di uno sciopero che io ho accompagnato da lontano perché ero impegnato in una tournée teatrale ma anche in questa occasione si sono espressi timori sull’impatto dell’Intelligenza Artificiale sul nostro lavoro. Nessuno mi ha ancora “rubato” la voce, credo sia ancora presto per questo, ma se la “clonassero” e la riutilizzassero senza il mio consenso non saremmo forse in presenza di un furto in piena regola?

A questo punto credo sia proprio questo che accomuna a ogni latitudine la protesta di attori e doppiatori: rivendicare il sacrosanto diritto di essere padroni del proprio corpo e della propria voce, che non vanno riutilizzati senza consenso.
Il fatto è che non vi è ancora una regolamentazione in tal senso e quindi nell’ambito della produzione si cerca di trarre vantaggio da questo vuoto normativo. Per evitare questo a Hollywood sceneggiatori e attori sono entrati in sciopero. L’obiettivo comune, lo scopo che ci accomuna, è la volontà di salvare l’estro, la creatività e la fantasia che sono a fondamento delle nostre professioni.

Quindi anche in Italia in un futuro prossimo dovremmo aspettarci mobilitazioni simili con alla base queste rivendicazioni?
A proposito di futuro, beh, non lo so leggere. Ma so che anche in Italia nel presente c’è un’industria cinematografica che dà lavoro a tanta gente: attori, sceneggiatori, registi, montatori… Tante persone vivono di questo! E si tratta di professionalità costruite sulla tradizione e l’esperienza, che non possono venire cancellate dalla tecnologia con un colpo di spugna. Tecnologia che, come dicevo in precedenza, non va fermata ma regolamentata.

A proposito di professionalità, l’industria culturale e nella fattispecie quella dell’audiovisivo ne contempla tante. Quando si parla di cinema e serie TV la gente pensa in automatico alle grandi star e quindi le rivendicazioni professionali possono sembrare capricci da privilegiati. Ma il cinema non è fatto solo dalle superstar. Come si può fare capire a chi il mondo del cinema e delle serie lo vive solo da spettatore che non si tratta di capricci ma di rivendicazioni di lavoratori?
Le star sono infatti la punta di un iceberg, sia negli Stati Uniti sia in Italia, dove sono tali pur potendo contare su numeri minori. Ma al di sotto dell’iceberg c’è una marea di gente che con il cinema non ci diventa ricca ma semplicemente ci sostiene una famiglia: tecnici, elettricisti, truccatori… E poi si tratta di lavori pesanti! Anche quello dell’attore comunque lo è perché richiede un’elevata concentrazione.
È tutta una filiera industriale che deve essere tutelata prima che sia troppo tardi.

Oggi è sempre più rilevante il ruolo delle piattaforme streaming: qual è l’impatto che hanno appunto avuto su questa filiera industriale?
Hanno influito e non poco e possiamo accorgercene vedendo l’impatto che hanno avuto sulle sale cinematografiche. I grandi colossal americani reggono ma i film italiani ed europei no, tanto che si è dovuto abbassare il prezzo del biglietto per promuoverli. Il concetto di sala per come lo abbiamo conosciuto finora è quindi diventato obsoleto e va riconsiderato, anche se io ammetto di non avere la soluzione.
Le piattaforme fanno il loro, di lavoro, permettendoti di guardare serie e film a casa, dove in famiglia puoi vedere un film senza spendere tutti i soldi che richiederebbe una serata al cinema. Ma bisogna ripensare anche alla fruizione del prodotto audiovisivo perché alla sua base c’è la produzione, che deve incassare in maniera adeguata al fine di reinvestire.

Anche le piattaforme streaming sono uno dei nodi del contendere dello sciopero degli attori di Hollywood, i quali incassano una piccola quota ogni volta che vi è la trasmissione di un film o una serie a cui hanno lavorato. Ma le grandi piattaforme si rifiutano di condividere i dati di streaming sulla base dei quali si potrebbe fare questo calcolo.
Oltre alla questione dei compensi, questo genera dei sospetti: perché mi tieni nascosti i tuoi numeri? Che male c’è a renderli pubblici? Guadagni troppo e non me lo vuoi far sapere?
Questo poi altera le regole del gioco perché la nostra giungla chiamata cinema ha delle regole brutali che devono fare i conti con il successo o meno di un film. Sapere se un film è andato bene oppure è stato un flop orienta i futuri investimenti delle produzioni; ma se queste sono private di una fetta importante dei numeri attraverso cui valutare tutto ciò, come possono pianificare il loro lavoro?
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CREDITI FOTO: Niccolò Caranti|Wikimedia Commons



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