Piacenza, la rabbia dopo gli arresti: il sindacato di base prepara un autunno di lotte

Non solo sindacalisti e attivisti Si Cobas e Usb. Alla manifestazione nazionale hanno partecipato decine di realtà e anche membri della Cgil in opposizione alla "linea Landini". Il Collettivo Gkn: “Questo attacco riguarda tutti”.

Antonio Tedesco

Una minaccia contro un metodo conflittuale di fare sindacato che porta miglioramenti di condizioni ai lavoratori. Gli arresti dei sindacalisti di Si Cobas e USB vengono visti così dai manifestanti scesi in piazza sabato 23 luglio a Piacenza, dalla cui Procura è uscita fuori un’inchiesta che ha messo in subbuglio tutto il mondo di sinistra che fa delle lotte un mezzo concreto per rivendicare e ottenere diritti.

Il corteo si è svolto pacificamente e rispettando il percorso stabilito con le autorità; concitati e dal tono battagliero invece i diversi interventi che si sono succeduti nel corso del pomeriggio. Tematica principale, ovviamente, la liberazione dei sindacalisti arrestati. Esposti in prima fila i cartelloni con le foto di Mohamed Arafat, Aldo Milani, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli, i quattro sindacalisti del Si Cobas finiti agli arresti domiciliari. Dalla Fedex-Tnt di Peschiera Borromeo allo sciopero della logistica del 18 giugno 2021, giorno in cui Adil Belakhdim, coordinatore del Si Cobas di Novara, è morto investito da un camion che ha forzato il picchetto dei lavoratori: durante il corteo si ricordano una serie di lotte che hanno scandito l’esplosione della “vertenza logistica”, nata in concomitanza con la crisi pandemica che ha reso una “risposta necessaria” alle pessime condizioni contrattuali, permesse dalla catena di appalti e dalle esternalizzazioni delle grandi multinazionali.

Il clima di rabbia collettiva era facile da prevedere, ma ad aleggiare sulla mole di bandiere in cammino è anche un senso di incredulità che la vicenda si è portata dietro. Percezione che esprime bene il delegato provinciale Usb di Piacenza, Paolo Campioni, prima di partire con il corteo: «Un attacco aperto al sindacalismo. Come hanno arrestato i miei compagni potevano arrestare me, facciamo e abbiamo fatto le stesse attività sindacali: scioperi, assemblee, picchetti. La procura dice che vuol dividere tra chi ha messo sotto accusa e il resto del sindacato, ma dal momento che considera “estorsione” provare a ottenere qualcosa in più rispetto al contratto collettivo nazionale, è ovvio che non attacca solo chi ha arrestato, non attacca solo l’Usb, ma tutte le associazioni sindacali in Italia e qualunque altro lavoratore anche non sindacalizzato. A mio avviso questo qui è un passaggio epocale che non possiamo permettere passi inosservato». Non è un caso che il tutto avvenga a Piacenza, spiega Campioni mentre con il nastro adesivo fissa le bandiere alle aste: «Il polo logistico della città è stato scelto come punto nevralgico del Nord Italia. Attualmente ci sono qui circa diecimila lavoratori, soprattutto immigrati, che lavorano nel settore e che dovranno raddoppiare nei prossimi anni visto che si continua a investire nell’aumentare i capannoni dedicati al polo. Una crescita vertiginosa che sta portando con sé la vera criminalità organizzata. È importante che ci sia un controllo capillare su questi datori di lavoro, perché qui stanno arrivando la mafia e la camorra attraverso le cooperative che prendono gli appalti. Sembra assurdo: la Procura attaccando noi sta facilitando il lavoro all’illegalità». Un rammarico che quasi copre le vittorie ottenute dal sindacato: «A volte ci battiamo anche solo per far ottenere il CCNL che già di per sé è una schifezza, a volte riusciamo a fare qualcosa in più. A Piacenza abbiamo vinto più di settanta cause sul lavoro, molte di queste sono presenti nell’inchiesta per cui ci sono stati gli arresti le abbiamo vinte anche in secondo grado. Per fare un esempio, i 32 licenziati della GLS che sono stati tutti reintegrati e il Giudice ha inoltre fatto riconoscere la somma di 40mila euro di danni ad ognuno di loro. Siamo stati già giudicati su cose per cui ci stanno indagando, è veramente una vergogna». Una normalizzazione delle condizioni precarie che Campioni riconduce alla concertazione dei sindacati confederali: «Cgil, Cisl e Uil, da quando nei primi anni ’90 hanno deciso che il metodo “io ti do una cosa e tu me ne dai un’altra” fosse il modo migliore per ottenere diritti per i lavoratori, ci hanno fatto tornare indietro di cinquant’anni. E così siamo arrivati all’annullamento della scala sociale e alla perdita di importanza dello Statuto dei Lavoratori a partire dal Jobs Act. A noi questo non va bene, crediamo – com’è sempre stato nella storia – che per conquistare una cosa bisogna lottare, lottare, lottare».

A confermare la compattezza della base verso gli arrestati anche Laura Raffaeli del Si Cobas: «I coordinatori sotto inchiesta hanno fatto le lotte per cui vengono accusati insieme agli operai per rivendicare condizioni di miglior favore. Tant’è che la Procura scrive che questi scioperi sono “estorsivi” per aver raggiunto gli scopi che ci prefiggevamo. Pratiche che dovrebbero essere normali per un sindacato. Tanti lavoratori che avevano un contratto da 4 ore e invece ne facevano 10, situazioni che siamo riusciti a risolvere solo grazie agli scioperi e alle pressioni fatte alle aziende. Ovvio che per una multinazionale è meglio avere davanti un sindacato compiacente e non un sindacato che fa gli interessi dei lavoratori. Da noi non esiste che i coordinatori sindacali facciano i loro interessi – sottolinea Raffaeli – questa è fuffa che si è inventata la Procura di Piacenza. Quello di oggi è un preannuncio di quello che saranno le lotte che si svilupperanno ad ottobre».

Presente alla manifestazione anche l’ormai immancabile Collettivo di Fabbrica Gkn, sempre con l’intento di cercare delle convergenze con altre vertenze. A parlarne Matteo Moretti, sindacalista della Cgil in opposizione alla Linea di Landini: «Abbiamo iniziato questo percorso a partire dalla nostra situazione e toccando non solo il mondo del lavoro ma anche a livello sociale, in particolare scuola, precariato, salute e ambiente. L’impegno è quello di riuscire a creare dei rapporti di forza che in questo momento non ci sono. Da dirigente della Cgil credo che sia un errore da parte del mio sindacato non essere qui oggi. L’attacco che viene mosso ai compagni del sindacalismo di base è un attacco incredibile, che va a ledere principi costituzionali». Un’inchiesta che mina anche i metodi applicati dai lavoratori Gkn: «Noi abbiamo scioperato per conquistare condizioni migliori anche sugli stessi Contratti Nazionali che venivano firmati proprio dalla Cgil. In fabbrica da noi abbiamo scioperato per riconquistare l’articolo 18 che prima Fornero e poi Renzi ci hanno tolto. Quindi se l’accusa è mossa a compagni e compagne che lottano per condizioni migliori per i lavoratori è un attacco che è rivolto anche verso di noi».

 



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