Sommersi dalla papolatria

Il devoto Fazio ci ha ammannito un’ora di religione non dissimile da quella propinata nelle scuole. Più cala il suo consenso, più la chiesa cattolica si annette ogni angolo in Rai.

Raffaele Carcano

Nessuno può sapere se, come sostengono i suoi fedeli, Dio sia realmente ovunque. Il sospetto è che a essere ovunque sia invece Bergoglio. È diventato il recordman delle prime volte per un papa, dal negozio di occhiali a quello di dischi. E non poteva quindi mancare la prima volta in un talk show: del resto, se ti fai intervistare per la Gazzetta dello Sport, perché non concedersi anche a Fabio Fazio?

Fazio non è un giornalista, ma un intrattenitore. Noto da anni per le domande concilianti che rivolge abitualmente ai suoi ospiti, poteva forse far eccezione proprio per il «Santo Padre»? A scanso di equivoci «il dono» era stato concordato preventivamente, e la registrazione è avvenuta in anticipo e successivamente montata. Nessuna sorpresa, quindi, per l’assenza di interrogativi sulla pedofilia, o sulle ingerenze politiche del Vaticano che hanno portato all’affossamento del ddl Zan. Così come sarebbe stato indelicato chiedere lumi al «Santo Padre» della sua incoerenza quando parla di equità fiscale (ma è il maggior beneficiario di esenzioni) o di povertà (ma è il più grande proprietario immobiliare del pianeta). Il devoto Fazio ci ha ammannito un’ora di religione non dissimile da quella propinata in tutte le scuole della Repubblica.

Il papa era stato posto così tanto a suo agio che si è persino permesso di definire il clericalismo «una cosa brutta», «una perversione» – e lo ha fatto nel preciso istante in cui ne godeva appieno (esigendolo 24/7, evidentemente intende per ‘clericalismo’ qualcosa di molto diverso dal significato attribuitogli dai vocabolari). Dopo aver ascoltato qualche banale dichiarazione su temi d’attualità, condivisibile da qualunque persona decente, ora però sappiamo che il papa ballava il tango, e che da piccolo voleva persino fare il macellaio. «Sgub!», avrebbe urlato Aldo Biscardi: e tali dichiarazioni sono state effettivamente enfatizzate da numerosi mezzi d’informazione, anche se erano note da diverso tempo. La stampa estera non ha mostrato particolare interesse per l’intervista, e i pochi che se ne sono occupati hanno sottolineato quanto sia stata compiacente.

Il problema è che la Rai è di proprietà pubblica, e dovrebbe quindi svolgere un servizio pubblico – laico e pluralista. E invece, dati incontrovertibili alla mano, è letteralmente occupata dai cattolici, con modalità così spudorate che l’aggettivo più idoneo alla descrizione del fenomeno è «totalitario». Vige infatti il pensiero unico. Non esiste un tg in cui non appaia il pontefice, eppure si riesce comunque a dargli spazio anche in altri programmi. Le critiche sono letteralmente vietate: è più facile che nevichi alle Maldive, piuttosto che un giornalista Rai si avventuri in qualche osservazione ficcante sul Vaticano. Tutti ricordano bene l’immediata rimozione di Roberto Balducci, ‘reo’ di aver ironizzato nel 2009 sullo scarso seguito di Ratzinger.

Più cala il consenso per la chiesa cattolica, più la chiesa cattolica si annette ogni angolo in Rai. Non è un paradosso. Il papa è ovunque perché ovunque la fede cattolica sta, se non scomparendo, quantomeno ridimensionandosi. Come un qualsiasi monopolista i cui articoli trovano sempre meno acquirenti, è costretta a moltiplicare gli sforzi per cercare di continuare a smerciarla. In un mercato concorrenziale pagherebbe a peso d’oro tale gigantesco product placement. In un’emittente gestita da politici clericali, si fa invece a gara a regalarglielo.

È questo, una volta di più, l’autentico problema di fondo. In Francia, l’unico candidato alle presidenziali che evoca apertamente il cattolicesimo è l’ultra-estremista Eric Zemmour. In Germania, la maggioranza dei ministri che compongono il nuovo governo ha scelto di non giurare su Dio. In Spagna, è lo stesso esecutivo a chiedere un’inchiesta sugli abusi sessuali del clero. Basta paragonarla a quella dei più importanti partner europei, per comprendere quanto la nostra classe politica sia abissalmente imbarazzante: accertato il suicidio della sinistra, l’arco parlamentare si divide ormai tra gli adoratori centristi di Bergoglio e quelli che, a destra, idolatrano il suo predecessore.

Qualcuno ha tirato sospiri di sollievo per le riconferme di Mattarella al Quirinale e di Draghi a Palazzo Chigi. Sarà. Insieme a Bergoglio, compongono la trinità di intoccabili che guida un paese immobile, che ha ormai esaurito qualsiasi spinta propulsiva.

Che incenso che fa. Il Papa, Fazio e l’intervista mancata



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