Spionaggio russo: i tentacoli del Cremlino nella politica italiana

Intervista ad Antonio Talia, autore di “La stagione delle spie. Indagine sugli agenti russi in Italia” (Minimum fax, 2023).

Roberto Rosano

È possibile svolgere un’indagine sul clima che ha condotto la nostra politica, per lungo tempo, su posizioni tanto vicine al Cremlino? Perché l’opinione pubblica italiana è una delle più favorevoli a Vladimir Putin? Per quale ragione le spie russe sembrano sentirsi così a proprio agio in Italia? Lo abbiamo chiesto al giornalista Antonio Talia, autore di La stagione delle spie. Indagine sugli agenti russi in Italia (Minimum fax, 2023).
Che cosa è successo in Italia tra il 2016 e il 2021?
Possiamo dire che almeno dal 2016, e probabilmente anche da prima, l’Italia è stata oggetto di una campagna sempre più intensa degli apparati di sicurezza russi condotta su più piani. C’è stato il piano dell’influenza, maturato in operazioni “simpatia” per diffondere tra l’opinione pubblica italiana posizioni ideologiche affini a quella del governo russo su temi come l’Unione europea, l’immigrazione o le libertà sessuali. Ci sono state però anche vere e proprie operazioni di spionaggio, ossia attività dirette a impossessarsi di informazioni riservate, che fossero informazioni di natura civile o militare.
Casi come quello del capitano di fregata Walter Biot – il militare italiano che prestava servizio all’interno di un ufficio del nostro Stato Maggiore della Difesa ed è stato sorpreso a passare dossier riservati a un agente russo nel 2021 …
Ecco, questo caso rientra ovviamente nell’ultima categoria, ma ce ne sono molti altri che magari non riguardano direttamente agenti italiani come Biot, ma che hanno sempre e comunque l’Italia come scenario.
È corretto dire che l’Italia è stata un crocevia di spie russe e che lo sia ancora?
Penso che sia corretto dire che per molti anni l’Italia è stata, e forse è ancora, un Paese nel quale le spie russe si trovano più a proprio agio rispetto ad altri. Secondo fonti del nostro controspionaggio, gli agenti russi attivi in Italia negli ultimi anni sono il doppio di quelli in servizio alla fine della Guerra Fredda.
Lei ha definito l’ambasciata russa a Roma “la calamita di Via Gaeta”?
Sì. In tutti questi anni l’ambasciata russa a Roma ha coordinato le attività di questi agenti e si è manifestata sia in maniera molto esplicita che lavorando dietro le quinte. Ad esempio, Dmitri Ostroukhov, l’agente che aveva reclutato Walter Biot, era un funzionario dell’Ambasciata Russa. Lo stesso per Sergei Pozdnyakov, agente russo arrestato nel 2016 mentre riceveva documenti riservati in un bar di Roma da un alto funzionario dei servizi segreti portoghesi. E ancora come i diplomatici che hanno difeso Alexander Korshunov, un colonnello dell’FSB arrestato a Napoli nel 2019 su richiesta degli Stati Uniti con l’accusa di traffico di tecnologie militari.
Qual è la cosa più assurda che ha scoperto indagando il clima che ha condotto la politica italiana su posizioni tanto vicine al Cremlino?
Il caso Korshunov mi sembra una delle storie più sorprendenti. Dopo l’arresto e la richiesta di estradizione negli Usa di questo colonnello che trafficava in tecnologie militari, la Russia è scesa in campo con una richiesta di estradizione speculare a quella americana, sostenendo che non si trattava di una spia ma di un banale truffatore che aveva sottratto circa 150mila euro a un’azienda di Stato russa, e che quindi doveva essere processato a Mosca.
Questa richiesta, peraltro, proveniva dal Tribunale Basmanny di Mosca …
Esatto, un tribunale talmente piegato agli ordini del Cremlino che in russo l’espressione Giustizia Basmanny è  diventata sinonimo di giustizia truccata. A quel punto l’Italia si è trovata in una posizione imbarazzante perché ha dovuto scegliere se restituire Korshunov alla Russia o consegnarlo agli Stati Uniti. Potevano aprire un’indagine propria e cavarsi d’impaccio, ma alla fine il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte hanno deciso di estradare Korshunov a Mosca.
Adducendo quali ragioni?
Il decreto ministeriale, che ho potuto consultare, sostiene che siccome Korshunov era accusato di aver truffato un’azienda di Stato si trattava di un capo d’imputazione più grave del furto di tecnologie a doppio uso militare-civile. Ovviamente, una volta rientrato in Russia, Korshunov non è mai stato processato e a quanto mi risulta è libero di guidare la sua BMW per le strade di Mosca.
L’opinione pubblica italiana è ancora tra le più favorevoli a Putin, secondo Lei?
Credo di sì, nonostante l’aggressione all’Ucraina. È riuscito a proiettare questa immagine di uomo forte che risolve i problemi e difende i valori tradizionali, capace di affascinare una parte degli italiani, e non solo. E pazienza se poi ha cacciato il suo Paese e il resto del mondo in una guerra che sta generando enormi problemi a catena.
Ma perché le spie russe si sono sentite o si sentono così a proprio agio nel nostro Paese?
L’Italia, anche ai tempi dell’Unione Sovietica, aveva un ruolo molto dialogante rispetto ad altri Paesi del blocco occidentale. La Fiat produceva in Russia, altri grandi gruppi italiani facevano affari in Russia, e questo atteggiamento è proseguito con Berlusconi, raggiungendo il culmine con il vertice di Pratica di Mare, quando era convinto di poter mettere di fronte Putin e Bush Jr. e chiudere così la Guerra Fredda. Il fantasma di Pratica di Mare ha continuato a infestare la politica estera italiana fino a oggi. Finché un giorno ci siamo svegliati e la potenza russa con la quale “non si poteva non dialogare” ha scatenato un’invasione nel cuore dell’Europa con scene che sembrano uscite dalle peggiori trincee del Novecento.
Due persone, un appuntamento, uno scambio. Sono ancora queste le regole dello spionaggio russo?
Non sono solo queste, ma sono anche queste: i russi conducono molte attività cyber, come tutti, ma continuano anche a lanciare operazioni di spionaggio tradizionale, oltre ovviamente alla propaganda. L’SVR, ossia l’agenzia dell’intelligence russa destinata alle missioni all’estero, coltiva fonti e operazioni sofisticate per lunghi periodi di tempo. il GRU, ossia i servizi militari, sono composti per la maggior parte da veterani della guerra in Cecenia e compiono azioni molto più scellerate e plateali. Il tentato avvelenamento dell’ex agente russo Sergei Skripal, compiuto in Inghilterra nel 2018 al costo della vita di due innocenti, è stato opera loro.
Quali sono i punti di pressione preferiti dello spionaggio russo?
Sono facilmente immaginabili: i segreti militari della Nato, la vita privata dei capi di stato occidentali, l’opinione pubblica occidentale, dove puntano a seminare discordia in particolare in seno all’Unione europea.
CREDITI FOTO: MATTEO BAZZI



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