Stragi orrende e toni civili. Una risposta a due preziosi collaboratori e una sfida al presidente Anpi

È osceno il comunicato dell'Anpi che fa scomparire nel dubbio i massacratori e umilia i massacrati o è osceno criticare l'Anpi per quel comunicato?

Paolo Flores d'Arcais

Due preziosi collaboratori di MicroMega (uno è in primo luogo un amico) mi hanno espresso critiche molto dure per l’editoriale “Le Fosse Ardeatine di Bucha e la vergogna dell’Anpi”. Mi hanno però negato l’autorizzazione a pubblicare i loro testi con una mia pubblica risposta, sono infatti preoccupati che le polemiche accese e crescenti tra quanti si sentono a sinistra rischino di pregiudicare un futuro di rapporti possibili.
Io penso invece che sui valori cruciali e le questioni di fondo sia più saggio un confronto aperto e senza diplomatismi, altrimenti i motivi di divisione, non chiariti e confrontati nel dialogo argomentativo, metteranno radici nodose, impossibili poi da svellere. Tra i pochi detti cristiani che apprezzo, il secondo nel mio ordine di preferenze è “oportet ut scandala evenient” (il primo è “il tuo dire sia sì sì, no no, perché il di più viene dal maligno”).
Dunque, per non soffocare nel rimosso una discussione necessaria, garantirò l’anonimato, scegliendo per i miei critici due nomi di fantasia, i più diffusi in Italia secondo le statistiche onomastiche: Francesco e Giovanni. E dichiarando fin d’ora che i virgolettati che metterò sono anch’essi frutto della mia immaginazione e insomma che “ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”.
E allora: rispondo pubblicamente a due reprimende che ho ricevuto da due collaboratori e amici di MicroMega per il mio articolo sull’Anpi perché, anche se spero che si tratti di due casi isolati, il pessimismo mi induce a credere che questa mia speranza sia un’illusione, e altri collaboratori e amici potrebbero condividere le rampogne rivoltemi. Meglio perciò chiarirsi, sono in gioco valori di fondo.
Giovanni scrive alla redazione: “Sento il bisogno di esprimere il mio forte disagio per i toni usati da Flores d’Arcais nei confronti dell’Anpi. Non è un problema di sostanza della sua posizione sulla guerra (che io non condivido minimamente, ma è normale che si possano avere divergenze di opinione), ma di forma: toni come quelli me li aspetto da Libero, non da MicroMega. Secondo me, in questa situazione così difficile, dovremmo tutti sforzarci di rimanere pacati e civili, anche nella critica alle posizioni altrui”.
Francesco mi ha invece inviato direttamente questo messaggio WhatsApp: “Caro Paolo, sono addolorato per il tuo attacco all’Anpi. Per la stima e l’affetto che ci lega devo lealmente dirti che trovo davvero sbagliato il tono che usi. Nemmeno io avrei scritto quel comunicato così, ma ci sono molti modi per esprimere il dissenso a compagni di strada in ottima fede e di provata fede democratica e costituzionale. In questo momento, chi non si mette l’elmetto è orrendamente linciato: è molto triste che anche tu ti accodi al coro, con lo stesso tono. Al netto delle differenze (che stavolta sono profondissime) è il modo che offende. In questa fase preferisco non scrivere su MicroMega, non me la sento. Ti abbraccio, sperando di ritrovarci in altre comuni battaglie”.
Sul “mettersi l’elmetto” saccheggio un bell’articolo di Nando Dalla Chiesa uscito su Il Fatto quotidiano del 4 aprile: «“L’elmetto”. È diventata la parola magica, l’esorcismo buono per fare passare da un qualsiasi ingresso, principale o di servizio, le stupidaggini troppo grosse per entrarci da sole. Stai con la Resistenza ucraina? Ti sei messo l’elmetto. Dici che va aiutata a difendersi? Oddio l’elmetto. La parola che tutto esorcizza esce dalle bocche in automatico. Chissà da dove è spuntato: non l’oggetto in sé, ma proprio il ragionamento che lo chiama in causa. Quali oscuri dedali psicoanalitici l’hanno partorito. Perché io, a proposito di storie italiane, davvero non ricordo che davanti all’aggressione al Vietnam qualcuno ponesse qui da noi il problema dell’elmetto. Si stava con l’“eroica” (e lo era davvero) resistenza vietnamita, e non c’era nessuno che ti accusasse di volerti mettere l’elmetto. Il popolo vietnamita vinse perché ricevette aiuti anche in armi, perché aveva grandi leader militari, per le bare che tornavano negli Stati Uniti, e perché ci fu un movimento di opinione in tutto il mondo schierato con le sue insopprimibili ragioni. Non un movimento guerrafondaio. Non un movimento con l’elmetto. Ma un movimento che, nella temperie del Sessantotto, un’idea ce l’aveva, e ben chiara. Che l’indipendenza dei popoli e dei Paesi non si tocca. Chiuso. Né ricordo di avere sentito sbucare per sbaglio quella parola quando, nel settembre del 1973 e nei mesi seguenti, si raccoglievano fondi per la resistenza cilena, che non combatteva un nemico esterno ma una dittatura interna. Essendo entrato in università nei tempi in cui quell’idea c’era, condannai senza se e senza ma anche l’invasione di Praga. Non accusai Dubček di essersi spinto “troppo in là” con la democratizzazione del suo Paese, così da rendere l’invasione sovietica “inevitabile”. Pur di spiegare che una guerra patriottica come quella ucraina non può essere accostata alla Resistenza, un intellettuale abbastanza reputato è arrivato a dire che la Resistenza non fu affatto guerra patriottica, bensì internazionalista. Davvero i missili fanno male alle menti. Perché basterebbe prendere le lettere dei condannati a morte della Resistenza per capire quanto in loro, insegnante, contadino o parrucchiera, ci fosse di amore per la libertà della propria “patria”. Basta prendersi i dispacci interni del movimento: “Bande di patrioti si sono diretti”, la “Brigata Patrioti Piceni di stanza in Colle San Marco”… Il fatto, temo, è che alla fine dovremo davvero metterci l’elmetto. Per difenderci dalle fesserie che ci piovono addosso».
Il biasimo di Alessandro recita: “Toni come quelli me li aspetto da Libero non da MicroMega”. Rivediamoli insieme, questi inammissibili toni. Ho definito osceno e che infanga i valori della Resistenza un comunicato dell’Anpi in cui, dopo che giornali e tv erano alluvionate da immagini e testimonianze inconfutabili sulla mattanza delle truppe di Putin contro la popolazione civile di Bucha, l’Anpi chiedeva di «appurare cosa davvero è avvenuto, perché è avvenuto, chi sono i responsabili». Io penso che definire oscena una frase del genere sia esercizio di minimalismo, e che dichiarare che essa infanghi i valori della Resistenza sia altrettanto soft.
Se di fronte ai vecchi mani legate dietro la schiena e una pallottola ficcata nella nuca, donne trucidate ma prima violentate, e tutto il resto di sangue e di orrore, un democratico non sente montare uno sdegno che grida, ma offende quei morti straziati con un esercizio di parodia cartesiana, quali termini più gentili di osceno e infangare si possono usare, senza essere complici di quella frase? E proprio perché mi sembrava e mi sembra impossibile che chi si ammanta della sigla gloriosa dell’Anpi a tanta vergogna potesse arrivare, ho ipotizzato che si trattasse di imbecillità. Aggettivo non lusinghiero, ne convengo, ma col gentile intento di ipotizzare meno sciagurato il comportamento dei dirigenti Anpi.
Alessandro conclude la sua paternale verso il sottoscritto con l’invito, “in questa situazione così difficile”, a “sforzarci tutti di rimanere pacati e civili, anche nella critica alle posizioni altrui”. Spero che per “situazione così difficile” non intenda la mia, sua, dei dirigenti dell’Anpi, che viviamo tranquillamente e comodamente, ma l’orrore cui decine di milioni di ucraini sono costretti dall’“invasione imperialistica mostruosa” (espressione di Tomaso Montanari nel dialogo con Luciana Castellina e me su MicroMega) di Putin. Rimanere civili in un dibattito, amico Alessandro, non sempre è compatibile con il rimanere pacati, anzi talvolta, se si vuole prendere sul serio la persona con cui si discute, bisogna avere la parresia di non edulcorare i toni.
Le posizioni che io ho sostenuto fin dal primo editoriale scritto su MicroMega, immediatamente dopo l’invasione di Putin, in queste settimane sono state gratificate come “guerrafondaie”, “servili” (“al servizio dell’imperialismo americano” e al “soldo delle multinazionali”, ovviamente), “pazze” (Francesco e i suoi fan), e mi limito davvero solo alle più cortesi. Non mi sono però messo a fare la lagna per i “toni”, persone che hanno usato questi “toni” le ho invitate e continuerò a invitarle a discutere su MicroMega: civilmente, benché le loro accuse contro le mie posizioni non abbiano nulla di pacato.
Caro Francesco, ti dici “addolorato” per il mio attacco all’Anpi. Ma non ti sembra che dovremmo essere addolorati per il comunicato dell’Anpi, non per la mia indignazione? Furibondi di indignazione per un comunicato che finge di non sapere cosa sia avvenuto, per quale motivo e per responsabilità di chi, e dunque in tal modo fa scomparire nel dubbio i massacratori e umilia i massacrati: questo avremmo dovuto sentire tutti. E dunque addolorati, certo, vedendo che invece qualcuno questa indignazione non l’ha sentita, malgrado di fronte allo sterminio di Bucha avrebbe dovuto costituire l’ovvietà di un riflesso condizionato.
“Nemmeno io avrei scritto quel comunicato così”, dici. Lo spero bene. Epperò, “ci sono molti modi per esprimere il dissenso a compagni di strada in ottima fede e di provata fede democratica e costituzionale” e quanto al mio “è il modo che offende”. Ti faccio notare che un rigo sotto mi accusi di “essere accodato al coro, con lo stesso tono” di chi orrendamente lincia “chi non si mette l’elmetto”. Che nei miei confronti è tono più che insultante, eppure non per questo io rifiuterò altre controversie pubbliche con te.
Tu sì, invece. “In questa fase preferisco non scrivere su MicroMega, non me la sento”. Ognuno ha la sensibilità che ha. Il comunicato dell’Anpi non ti ha fatto urlare di indignazione, ma la mia critica ai dirigenti di quella organizzazione è di tale gravità morale che chi l’ha formulata diventa per te politicamente un appestato. Cercherò di sopravvivere.
Non posso fare a meno, però, di notare un’asimmetria. MicroMega apre i suoi spazi a opinioni anche durissime contro il suo direttore; alcuni dei suoi critici, che giustamente considerano il tono sostanza, per discutere pretendono invece di scegliere loro i miei toni, cioè la sostanza della mia argomentazione.  Sul diritto di offendere (il cui limite è solo il codice penale), senza di che il diritto di critica finisce in ostaggio alla suscettibilità altrui, ho scritto in un libro molti anni fa, vedo però che diventa necessario tornarci, anche per i disastri che sta infliggendo alla libertà di critica il politicamente corretto.
Comunque, sono pronto a invitare a un pubblico confronto in diretta, come quello fatto con Luciana Castellina e Tomaso Montanari sul sito di MicroMega, il presidente dell’Anpi, l’ex onorevole cossuttiano Gianfranco Pagliarulo. Anzi, lo sollecito. Se pensa di avere argomenti, il sito di MicroMega gli darà lo stesso tempo che avrò io, durante un’ora di discussione pubblica senza diplomazie, come è costume di MicroMega.

P.S.: Avevo dimenticato: quanto all’accusa di “linciaggio” contro chi “non si mette l’elmetto” – non un “linciaggio” semplice ma un “orrendo linciaggio” – mi balza alla mente l’orrendo linciaggio subito dal povero Alessandro Orsini, fino a qualche settimana fa un emerito carneade, e che ora dilaga con la nullità delle sue argomentazioni in tutti i talk show, dichiarandosi vittima del maccartismo. Francesco, questo è il linciaggio (anzi l’orrendo linciaggio)? Questo è il maccartismo? Per favore.



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