“Mario” ha scelto di morire: “Mi dispiace dovermi congedare dalla vita”

Federico Carboni, questo il suo nome, è il primo cittadino italiano ad accedere all'aiuto al suicidio.

Redazione

“Mario” è morto. Federico Carboni, questo il suo nome, si è spento alle 11.05 del 16 giugno. A dare la notizia è stata l’Associazione Luca Coscioni che ha aiutato “Mario” nella sua battaglia per il fine vita.

Nella mattinata l’Associazione Luca Coscioni è entrata in possesso e ha consegnato l’apparecchiatura e il farmaco ordinati da “Mario”, la prima persona che ha potuto legalmente scegliere il suicidio medicalmente assistito in Italia. Proprio nei giorni scorsi l’associazione aveva promosso una raccolta fondi per aiutare il 44enne marchigiano nel reperimento della strumentazione, del costo di circa 5000 euro, raccolti grazie a una straordinaria mobilitazione in poche ore.

In assenza di una legge, infatti, lo Stato italiano non si è fatto carico dei costi dell’assistenza al suicidio assistito e dell’erogazione del farmaco, nonostante la tecnica sia consentita dalla Corte costituzionale con la sentenza Cappato/Dj Fabo.

Questa mattina “Mario” ha scelto quindi di morire. E di metterci la “faccia” e il suo vero nome, Federico Carboni.
Dopo 12 anni di tetraplegia a causa di un incidente, e oltre due anni di calvario burocratico e giudiziario, assistito da Filomena Gallo e dai legali attivisti dell’associazione Luca Coscioni, è stato il primo cittadino italiano ad accedere all’aiuto al suicidio (una forma di aiuto medico alla morte volontaria) avendo tutti i requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale sul caso Cappato/Antoniani. Sentenza che ha valore di legge, in assenza e in attesa di una legge del Parlamento.

Qualche settimana fa, nel confermare la sua scelta, Federico Carboni ha scritto all’Associazione Coscioni queste parole, chiedendo che venissero diffuse:
“Non nego che mi dispiace congedarmi dalla vita. Sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Ma purtroppo è andata così, e come ho sempre detto, destino o colpa mia non lo so, ma io sono allo stremo sia mentale sia fisico, però pensando a prima dell’incidente, dove ho fatto e avuto tutto dalla vita, anche dopo ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità.
Posso dire che da quando a febbraio ho ricevuto l’ultimo parere positivo sul farmaco ci sto pensando più e più volte al giorno se sono sicuro di quanto andrò a fare, perché so che premendo quel bottone sarà un addormentarsi chiudendo gli occhi senza più ritorno, ma pensando ogni giorno, appena sveglio fino alla sera quando mi addormento, come vivo e passo le mie giornate e rimandare cosa mi cambierebbe, niente sarebbe solo rimandare dolori, sofferenze che non avrebbe senso, non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balìa degli eventi, dipendo dagli altri su tutto, sono come una barca alla deriva nell’oceano.
Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future, quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò”.



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