Sull’“eroico” generale

Le affermazioni di Vannacci sui migranti sono gravi e sanzionabili con la Legge Mancino. Ma sulle donne e la comunità Lgbt resta un vuoto normativo in cui certa destra si inserisce per propagandare ideologie d'odio.

Michele Marchesiello

Premetto che non leggerò né tanto meno comprerò il libro del generale, lugubre bestseller di questo scorcio d’estate. Mi basta, infatti, quanto ho potuto leggerne sulla stampa quotidiana.
Arrivando alla curiosa constatazione che chiunque propagandi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale od etnico, ‘ovvero istighi a commettere o commetta atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi’ è, secondo la legge italiana (c.d. Legge Mancino) punibile con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa sino a 6.000 euro.

Mentre chi commette gli stessi “reati d’odio” nei confronti di omosessuali, LGBT o, addirittura, donne non è punibile penalmente, in nome della libertà di espressione.
Curiosa libertà, a proposito della quale Sartre (Riflessioni sulla questione ebraica) volle commentare: “Ammetterei a rigore che si abbia un’opinione sulla politica vinicola del Governo, …ma mi rifiuto di chiamare opinione una dottrina che prende di mira espressamente persone determinate e che tende a sopprimere i loro diritti fondamentali”.

La Legge Mancino non è mai piaciuta a Fratelli d’Italia e alla Lega: in genere alla destra, di cui svela impietosamente orientamenti pregiudizi, ossessioni. Nel 2018, l’attuale Presidente della Camera, il leghista Lorenzo Fontana, ne chiese addirittura l’abolizione.
A maggior ragione, FdI e Lega si sono opposti, nella scorsa legislatura, al tentativo di estendere la legge Mancino ai casi di omo-transfobia e, in seguito, di misoginia. La proposta, che recava la firma del deputato Alessandro Zan, venne come è noto approvata dalla Camera ma non passò al Senato (ottobre 1921) grazie alla famigerata “tagliola”.

Il governo Meloni esprime oggi a pieno titolo le idiosincrasie le ossessioni della parte politica di cui è espressione. Ne prenda atto il Ministro della Difesa. L’impavido Generale potrà quindi farsi scudo della libertà di espressione, per aver commesso quello che passerà, al massimo, per un illecito disciplinare e che, a seguire, potrà tradursi in una candidatura politica.
A proposito di nostalgia e Codice penale. Il Generale non era sino a poco tempo fa a capo di quella “Folgore” che – il 2 giugno scorso – passò fieramente davanti al palco delle autorità, a braccio alzato nel ben noto saluto, suscitando l’applauso entusiasta del Presidente del Senato e l’espressione sgomenta del Presidente della Repubblica?
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