Suonerie/14: Piano solo, Belfast-Missisippi e l’arcaico sacro

In questa puntata: pianisti jazz, Van Morrison e Franco Battiato.

Daniele Barbieri I Giovanni Carbone I Mauro Antonio Miglieruolo

Tasti bianchi, neri e di fiction – di Daniele Barbieri

Fino agli anni ’70 del 900 essere un bravo jazzista non bastava per lavorare tranquillo negli Usa: tutto era più facile per i bianchi. Così anche per i migliori pianisti: Thelonious Monk e Bud Powell ebbero i loro guai aggiuntivi mentre Bill Evans e soprattutto Dave Brubeck furono meglio pagati e più protetti.

Vi fu un pianista bianco cieco che crebbe con il mito di suonare la musica nera e diventare il più grande pianista jazz di sempre. Il ragazzino Ignazio Silvio Di Palermo (alias Blind Ike e poi Dwight Jamison) ne combina di ogni ma riesce a diventare bravissimo e fare un sacco di soldi. Siamo nell’era del bop… però nella fiction, in un romanzo «Le strade d’oro» – del 1974 – che trabocca di jazz, scritto da un altro uomo con molti nomi (per tacere dei 6 pseudonimi): Evan Hunter, nato Salvatore Albert Lombino ma famoso come Ed McBain. Morto nel 2005, fu romanziere prolifico: noto ai più per i gialli (la serie dell’87 distretto) e le sceneggiature, a esempio «Gli uccelli» di Hitchcock.

Lombino era figlio di emigrati originari di Ruvo del Monte a Potenza. Ed è grazie al Comune di Ruvo che «Le strade d’oro» nell’estate 2019 è stato finalmente tradotto (da Giuseppe Costigliola) in italiano. Non è in libreria: unico modo per averlo è scrivere alla Pro Loco di Ruvo del Monte. Oggi che il jazz è diventato “rispettabile” nel bene e nel male e soprattutto è davvero senza confini parlare della pelle dei musicisti appare assurdo (ma ci sono tristi eccezioni). E siamo anche abituati – da Lennie Tristano – alla “pazzia” di concerti o album in piano solo. Ma quando 50 anni fa il canadese Paul Bley incontrò il produttore Manfred Eicher (della oggi celebre Ecm) la proposta lo colse impreparato: ne uscì il bellissimo «Open, to Love» che resta un capolavoro e aprì la strada a simili album di Chick Corea e Keith Jarrett.

In questi giorni esce la traduzione (Quodlibet editore) dell’autobiografia di Paul Bley, «Liberare il tempo» dove racconta di quel clamoroso album che nel 1973 lo consacrò definitivamente. Sarà vero che dietro grandi uomini ci sono quasi sempre grandi donne? Certamente in «Open, to Love»: 3 brani – fra cui il famoso «Ida Lupino» – furono scritti da Carla Bley allora moglie di Paul e altri due dalla futura (poi ex) moglie, Annette Peacock.

Torna Van Morrison – di Giovanni Carbone

Puntuale come un orologio svizzero, anche se di fabbricazione nordirlandese, anche quest’anno Van Morrison ci delizia con un album, per la Atlantic/Belfast, «Walking On Skiffle»: data prevista 10 marzo.

È un viaggio nelle passioni che hanno accompagnato la sua prima formazione, in quel di Belfast dove fu fulminato dall’ascolto di Lonnie Donegan con la versione di «Rock Island Line». Il disco si promette di riattraversare lo skiflle autentico, le espressioni più vive e potenti delle jug band, il suono inconfondibile, primordiale e genuino degli strumenti autocostruiti. Come dice Van Morrison, del resto, ci sono cose nella sua musica che sono «tutta una questione di istinto ed intuito ed è molto difficile da insegnare». Poi le brezze di influenze di blues del Mississipi, un pizzico di country non troppo convenzionale, vaghe – ma neanche tanto – sfumature jazz e swing, ovviamente le suggestioni di quel pezzo d’Irlanda da cui Morrison derivò autentica ispirazione per pezzi consistenti del rock più poetico degli ultimi 50 anni: da Patty Smith e Rod Stewart sino agli U2, passando per Bob Seeger. Quest’album ci restituisce un Van Morrison, per fortuna, ancora una volta sorprendentemente fedele a una precisa volontà evolutiva, coerente con le scelte di sempre; come dice lui stesso, «non puoi rimanere uguale. Se sei un musicista e un cantante, devi cambiare, è così che funziona». Vi figurano Dave Keary (chitarre), Pete Hurley (basso), Colin Griffin (batteria) e Sticky Wicket (washboard) e fa capolino in qualche brano anche il violino dell’astro nascente del brit folk Seth Lakeman.

Le 23 canzoni, brevi, non si fanno mai canzonette. La voce e le sonorità sono il marchio di fabbrica di Van Morrison, il solito vecchio compagno per una serata davanti a un bicchiere che, come i suoi pezzi, sa di doppio malto e torba. Stessi suoni e profumi che per magica convergenza troviamo in certi rami caldi del Delta del Mississipi, pure lungo qualche steppa battuta dal vento d’un isola che s’affaccia a nord. L’isola da cui tutto ebbe inizio e per fortuna il quasi ottantenne Van non pare intenzionato nemmeno a rallentare. Piccolo assaggio dell’ennesima imperdibile chicca è nel restyling d’un classico degli anni  ’30 del bluesman del Mississippi Red Nelson, «Streamline Train», già resa celebre dai The Vipers negli anni ’50. Un bel tuffo nel passato perché «non credo che la nostalgia abbia alcunché di negativo».

Franco Battiato: «Messa Arcaica»di Mauro Antonio Miglieruolo

Un capolavoro del Maestro scomparso nel 2021. Riporto e sottoscrivo quanto trovato su YouTube: «A malincuore, ho solo conosciuto ora la grandezza di questo profeta… ora piango, ogni qualvolta lo ascolto. Grazie della luce che mi hai inviato». La luce per me iniziò circa 40 anni fa, ma non sufficiente per indurmi ad approfondire con una pratica d’ascolto intensa quale ad esempio dedico a Bach. O conoscerlo direttamente, rara possibilità che offre l’essere contemporaneo di un grande. Battiato è una delle anime musicali più importanti del Duemila e del Novecento. Lo dimostra in questa originalissima e bellissima messa nella quale il suo stile accede a livelli altissimi; incredibile sia quasi dimenticata. Su YouTube potrete provarne il valore attraverso una vecchia registrazione. Bisognerà però aspettare 7 minuti per arrivare all’inizio della messa. Interpretata in modo mirabile da lui stesso: lo spartito riutilizza e adatta brani di precedenti composizioni. Seguono 14 minuti di interviste.

Franco Battiato (Ionia, 23 marzo 1945 – Milo, 18 maggio 2021) fu musicista tra i più influenti degli ultimi 50 anni in Italia, apprezzato per la varietà di stili musicali che ha approfondito e combinato. Wikipedia riassume così: «dopo l’iniziale fase di musica leggera è passato al rock progressivo e all’avanguardia colta nel decennio seguente, con diversi lavori considerati importanti anche all’estero. Dall’album “L’era del cinghiale bianco” del 1979, si è allontanato dalla musica sperimentale ed è passato ad un personale pop d’autore che ha iniziato a farlo conoscere al grande pubblico (in particolare nel 1981 con “La voce del padrone”, suo apice anche di vendite) con testi criptici e citazionistici, musiche con influenze new wave e la presenza di incursioni classiche negli arrangiamenti». Il suo largo successo è dovuto anche ai collaboratori. Fra loro il compositore e violinista Giusto Pio e il filosofo Manlio Sgalambro. Musica e testi di Battiato coprono i suoi numerosi interessi culturali: musica classica, mistica sufi, filosofia teoretica, sonorità orientali. Sembra che ripetesse «butterei a mare tutte le mie opere per un amico ma ne ha avuto più d’uno e dunque ha avuto fondati motivi per conservarle».(*)

(*) Una imprescindibile quanto impossibile occasione per far risuonare le note attraverso le parole. Sognando e tentando di attraversare la musica in tutte le sue variegate manifestazioni. Daniele Barbieri, Giovanni Carbone e Mauro Antonio Miglieruolo nel gran mare delle proposte sonore pescheranno spigole (cioè spigolature) mensili adatte a fornire un’idea di quel che si muove ed è subito fruibile da coloro che alle musiche si volgono per migliorare la qualità della vita. Il trio suggerisce solo dopo che quei suoni hanno acceso una qualche luce fra orecchie, cuore e mente.

A RISENTIRSI FRA UN MESE… CIRCA

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