Suonerie/18: Hard Bop, Progressive e Impressionismo

In questa puntata Lee Morgan, i Soft Machine e Carl Nielsen.

Daniele Barbieri I Giovanni Carbone I Mauro Antonio Miglieruolo

“I remember Lee” – di Daniele Barbieri
Muore a 33 anni il grande trombettista Lee Morgan. Non per la droga perché si era appena disintossicato, dopo una lunga assenza dalle scene. Non per un incidente d’auto come il suo amico Clifford Brown, altro grande trombettista. Lo uccide con un colpo di pistola, il 19 febbraio 1972, Helen Moore, la sua donna. “Gelosia” si disse ma in questi casi tutti giudicano e nessuno è sicuro di quel che dice.
Sicuro è invece che fu un grande trombettista e compositore. Famoso anche fuori dal jazz se non altro per il suo The Sidewinder che la Blue Note pubblicò anche come singolo e fu un grandissimo successo commerciale; il che, a quanto pare, un po’ dispiacque a Lee Morgan: preferiva essere citato per altri brani o per la sua continua ricerca. Due anni prima della morte, nel 1970, esce l’ottimo Live at the Lighthouse che l’anno scorso Blue Note ha ripubblicato in un cofanetto: 8 cd e un libretto di 64 pagine con le registrazioni complete di quelle tre notti a suonare, fra le ultime di Morgan. Una cinquantina di brani per un bel quintetto dove, con il leader, spicca Bennie Maupin (sax, flauto e clarinetti). Potete ascoltare qualcosa su Yotube se siete indecisi prima dell’acquisto… che io vi consiglio, come per tutto quello che Morgan ci ha lasciato.
Un etichettatore di professione (o più giustificatamente uno storico della musica) direbbe che Lee Morgan è un leader che perfezionò e ampliò l’hard bop. Poco? Sì, se lo paragoniamo a John Coltrane – anche lui morto giovane – che traghettò il jazz per mille sentieri fino alle vette. Ma se invece di cercare il genio assoluto volete ascoltare 180 minuti di eccellente musica questo cofanetto fa per voi.
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Tornano i Soft Machine – di Giovanni Carbone
A cinquantacinque anni dal loro primo album, a cinque dall’ultimo in studio, Hidden Details del 2018, il 30 giugno vede la luce Other Doors, l’ultimo lavoro dei Soft Machine, storica band della scena di Canterbury, tra le più influenti formazioni progressive. La band, rispetto agli esordi, è fortemente rimaneggiata, ma c’è ancora, per un’ultima apparizione, una leggenda del rock come John Marshall, nel gruppo dal 1972. “John ha messo tutto il cuore in questo album, da quando ha completato la registrazione e per un ultimo incredibile concerto all’iconico Ronnie Scott’s Club di Londra nel luglio 2022, ed ha poi deciso di ritirarsi a causa di continui problemi di salute”, fanno sapere i Soft Machine sul loro sito ufficiale. Al basso a Roy Babbington è subentrato Fred Baker. Alla chitarra c’è invece John Etheridge, nel gruppo dal 1976, e poi l’ex Gong Theo Travis ai fiati. Un disco per gli appassionati del Canterbury rock, cui piacciono le improvvisazioni jazz che si fanno varco su atmosfere più tipicamente progressive. John Etheridge è un autentico maestro nel costruirne l’arabesco, altrettanto riescono a fare i fiati di Theo Travis. Roy Babbington e John Marshall non si limitano a costruire un tappeto ritmico potente, si fanno protagonisti di aperture armoniche che dilatano ancora le atmosfere sonore della band. L’uso dell’elettronica contribuisce a renderci un lavoro a tratti sperimentale, appunto, senza vincoli. Nel disco non si coglie alcuna operazione nostalgica, appare invece come il tentativo coraggioso di riprendere un cammino mai del tutto interrotto. Credo piacerà ai fan storici della band, ma può essere attrattivo anche per chi non ha mai avuto frequentazioni consuete con questo genere musicale, ha voglia di riscoprire un sound che non si è fermato a mezzo secolo fa, che si è evoluto senza mai rinnegarsi. Non a caso tra i tredici brani del disco un paio di storiche chicche della band come Penny Hitch, dall’album Seven, e la straordinaria Joy of a Toy, dal primo album. E poi, annunciano i Soft Machine, un lungo tour, non si sa mai a qualcuno venisse in mente di perdersi di vista.

Il danese volante – di Mauro Antonio Miglieruolo
Ho conosciuto Carl Nielsen qualche tempo dopo aver avuto la fortuna di imbattermi in Mahler (la Decima, indimenticabile sinfonia). Da allora non solo ho esplorato senza tregua l’opera del grande compositore boemo, ma mi sono accanito nella ricerca di qualcosa di simile. Che non ho trovato perché introvabile. La musica di Mahler si differenzia inequivocabilmente da tutti i contemporanei e da coloro che sono venuti dopo di lui. Ho ottenuto comunque di incontrare altri autori di valore, quali Skrjabin, Saint-Saens, Zemlinsky e appunto Nielsen (Sortelung, 9 giugno 1865 – Copenaghen, 3 ottobre 1931).
Compositore, violinista e direttore d’orchestra, conosciuto principalmente per le sue 6 sinfonie e per i suoi concerti per flauto, per clarinetto e per violino e orchestra.
Era il sesto di dodici figli nati in una famiglia di contadini di Sortelung in Danimarca; il padre era imbianchino e musicista dilettante. Imparò a suonare da autodidatta il violino e il pianoforte. Prestando servizio militare nell’esercito danese apprese a suonare alcuni ottoni. Le prime lezioni sistematiche le ebbe presso il conservatorio della capitale, ma non prese mai, sembra, lezioni di composizione.
La fama di Nielsen esplose subito dopo la prima esecuzione della sua prima sinfonia (14 marzo 1896) seguita poi da un’altra esecuzione pubblica a Berlino, l’anno seguente. Nel 1916 riceve una cattedra presso il conservatorio di Copenaghen, dove continuò a insegnare fino alla morte, avvenuta nel 1931. Diresse una sua propria orchestra (1914-1926), lasciata in seguito all’attacco di cuore del 1925.
Fra atonalismo e armonia le sue sinfonie mostrano una struttura solida, incline all’impressionismo. Per quanto accattivanti la sua musica, al di fuori della Scandinavia, non riscosse particolare successo. Lì è tuttora molto conosciuto e apprezzato anche come compositore di canzoni poi entrate nell’uso popolare.
L’occasione per la scrittura di questo breve pezzo è data dalla presentazione da parte della RAI il 22 maggio della seconda sinfonia (I Quattro Temperamenti), tratta dal triplo cd della Deutsche Grammophon, direzione Fabio Luisi, con i quali presenta una nuova registrazione integrale delle sinfonie. Fra tutte credo possibile affermare che la Quarta, l’Inestinguibile, è anche la più coinvolgente.

A risentirsi fra un mese… circa

Suonerie è una imprescindibile quanto impossibile occasione per far risuonare le note attraverso le parole. Sognando e tentando di attraversare la musica in tutte le sue variegate manifestazioni. Daniele Barbieri, Giovanni Carbone e Mauro Antonio Miglieruolo nel gran mare delle proposte sonore pescheranno spigole (cioè spigolature) mensili adatte a fornire un’idea di quel che si muove ed è subito fruibile da coloro che alle musiche si volgono per migliorare la qualità della vita. Il trio suggerisce solo dopo che quei suoni hanno acceso una qualche luce fra orecchie, cuore e mente.

 

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