Suonerie / 9: speciale 1972

I dieci album imperdibili del 1972, dischi che paiono rimbrotto possente a un oggi musicale assai poco all’altezza di quell’ieri rutilante.

Giovanni Carbone

Anno prolifico il 1972, e prima che il giro di boa del tempo vada oltre il mezzo secolo, val la pena rievocare gli album che hanno fatto storia, dischi che paiono rimbrotto possente a un oggi musicale assai poco all’altezza di quell’ieri rutilante. Senza classifiche di merito una decina d’imperdibili, giunti a noi praticamente intonsi, pure ancora vibranti, in stretto ordine d’apparizione.

Apre l’anno, a gennaio, Storia di un minuto, della Premiata Forneria Marconi, l’album forse più osannato del Prog italiano. Ha respiro non da cortile di casa nostra e contiene brani che sono rimasti nell’immaginario collettivo degli appassionati del genere. La carrozza di Hans ed È festa senz’altro, e poi Impressioni di Settembre, perla autentica (taluni ammiccamenti pop nel testo denunciano lo zampino di Mogol) che, con liriche e musica, immette in atmosfere ovattate di preautunni dimenticati di cui ci restituisce memoria intonsa, compensando in musica le follie degli ultimi cambi climatici. La band è da far tremare le vene ai polsi: Mauro Pagani (flauto, ottavino, violino, cori), Flavio Premoli (tastiere e voce), Franco Mussida (chitarre, mandoloncello, voce), Giorgio Piazza (basso, cori), Franz Di Cioccio (batteria, percussioni, moog, cori).

Del Primo Febbraio è Harvest, opera fondamentale del repertorio di Neil Young. È stato l’album più fortunato del cantautore canadese, e non solo perché ha venduto più di qualsiasi altro suo disco. Per renderlo lavoro unico e superbo Young s’era chiamato a fianco gente come Linda Ronstadt, i suoi vecchi compagni di viaggio Stephen Stills, Graham Nash e David Crosby, e poi James Taylor, financo la London Symphony Orchestra. Alabama è un inno contro il razzismo che riprende ragionamenti lasciati aperti dall’album precedente con Southern Man. Gran pezzi anche The Needle and the Damage Done, il trasognato brano che dà il titolo all’album e, ovviamente, l’indimenticabile Heart of Gold.

Pubblicato il 25 febbraio, Pink Moon è il terzo ed ultimo album di Nick Drake, un lavoro intimo, da cui traspare la sofferenza cupa del cantautore inglese, il progressivo isolamento da tutto e tutti che lo porterà alla morte per un’overdose d’antidepressivi un paio d’anni dopo. Tranne che per un piccolo inciso di pianoforte, nell’album c’è solo la chitarra e la voce calda di Drake, ormai troppo chiuso in sé stesso per fidarsi d’arrangiamenti d’altri. Secondo il racconto del tecnico delle registrazioni le canzoni furono incise in diretta, per lo più con “buona la prima”. Il brano che dà il titolo all’album è una chicca struggente, il resto non è meno imperdibile.

Machine Head (25 marzo) è l’album più iconico dei Deep Purple assieme al mitico Made in Japan, pubblicato poco dopo nello stesso anno, e rappresenta un punto cruciale della storia dell’Hard Rock. Contiene, tra le altre cose, Smoke on the Water, brano dedicato all’incendio che si sviluppò nel teatro che ospitava a Ginevra un concerto di Frank Zappa, fumo nell’acqua e fuoco nel cielo, insomma. Non c’è stato chitarrista in erba che, per qualche decennio, alle feste di compleanno non ne abbia forzato sulle corde il motivo. Certo, il reef levafiato di Ritchie Blackmore è cosa che appartiene solo agli dei delle sei corde. Gli altri musicisti, Ian Gillan, voce e armonica, Jon Lord (mitico il suo organo), Roger Glover e Ian Paice (basso e batteria d’un tappeto ritmico a maglie strettissime), ne fanno una superband.

Data di nascita 16 giugno 1972 per The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, quinto album di David Bowie, più noto col titolo sintetico di Ziggy Stardust. L’inglese non è ancora sceso dalla sua dimensione spaziale e nel disco ha messo brani celeberrimi che testimoniano il prosieguo del suo viaggio interstellare, come Starman, Ziggy Stardust, Suffragette City e Rock ‘n’ Roll Suicide. L’album è storia d’un mondo sull’orlo del baratro su cui spicca la figura “eroica” d’un ragazzo divenuto rockstar grazie a sostegni alieni. È uno dei lavori più influenti di Bowie nonché uno dei suoi più grandi successi. Il personaggio narrato è simbolo d’un linguaggio che travalica le note di cui è protagonista, diventa fatto di costume, dialoga con ogni altra forma d’arte.

Close to the Edge degli Yes si fa disco l’8 settembre dell’anno fatidico. Prog sinfonico, con la title track che si prende un intero lato e la voce particolarissima di Jon Anderson a raccontare storie criptiche dai richiami potenti al Siddharta di Herman Hesse. Il lato B è tutt’altro che b, con una perla autentica qual è And You and I. In giro per il disco Howe disegna arabeschi immaginifici con le sue chitarre, la batteria di Bruford non s’accontenta di far ritmica ma s’affaccia a melodie ispiratissime (lascerà subito dopo la band per unirsi ai King Crimson). Gli altri due musicisti della band, il tastierista Rick Wakeman e il bassista Chris Squire mai ebbero ruolo da comprimari. Il miglior album in assoluto della band inglese, uno dei più grandi della scena Prog.

Transformer, di Lou Reed, nasce l’8 novembre, ed è prodotto da David Bowie e Mick Ronson. L’album è un disco spudoratamente elettrico, il secondo dell’ex Velvet Underground da solista, contiene brani tra i più noti del suo repertorio, certamente quelli che sono rimasti di più nella memoria collettiva della sua opera. Tra gli altri Perfect Day, Vicious e Satellite of Love. Ma è soprattutto il disco della ballata Walk on The Wild Side, pezzo dal ritmo ipnotico, una tirata di sax memorabile, la voce che pare un sussurro provenire dalla stanza accanto, a costruire la narrazione stralunata del variegato mondo della Factory di Andy Warhol con cui Lou Reed era entrato in contatto ai tempi dei Velvet Underground.

A novembre c’è pure Can’t Buy a Thrill, perla di perfezione quasi maniacale del duo Donald Fagen e Walter Becker, in breve gli Steely Dan. Collezione di brani dai testi ironici con continui riferimenti alla Beat Generation; lo stesso nome del gruppo, a non dar adito ad equivoci, è quello di un vibratore di cui si parla nel libro Pasto nudo di William S. Burroughs. Il suonato e gli arrangiamenti fanno del dettaglio impalcatura solidissima per tutto l’album, i musicisti sono scelti tra i migliori session del momento, nulla appare fuori posto, non c’è granello di polvere. Do it again è brano di notorietà fuori del tempo, musica da sottofondo, da ballare, semplicemente da ascoltare, magari durante un viaggio in auto, col rammarico di non averne più la musicassetta.

Di dicembre è Darwin! del Banco del Mutuo Soccorso. Difficile parlare semplicemente di gran produzione di Prog italiano, il respiro profondo, la qualità tecnica di questo album ne fanno un capolavoro del genere a livello internazionale. Concept dedicato al padre dell’evoluzionismo, scava alla ricerca di suoni e melodie che riportano ad atmosfere primordiali, ripercorrono cammini evolutivi. 750.000 anni fa…l’amore? è poesia elevatissima, il testo andrebbe inserito nelle antologie scolastiche, la voce del mai abbastanza compianto Francesco Di Giacomo sembra saltar fuori da una dimensione temporale inavvertita, pare flauto suonato a dimostrare che gli dei del creato hanno concorrenze spietate in carne, ossa, ed ugole. Gli altri della band sono Vittorio e Gianni Nocenzi alle tastiere, Marcello Todaro alle chitarre, Renato D’Angelo al basso e Pierluigi Calderoni, batteria e percussioni, fenomenali.

Talking Book di Stevie Wonder è album che vede luce a ottobre. È il disco che consacra il giovanissimo cantante della Motown, allora appena ventiduenne, quale mostro sacro della Black Music. Eppure con questo lavoro travalica proprio quel linguaggio che ne aveva caratterizzato le produzioni precedenti. Il sound della musica nera degli anni ‘60 su cui s’era formato, viene riscritto, stravolto e ricomposto in un collage di incredibili suggestioni. Il nostro sperimenta, suona ogni strumento, esplora generi, li riscrive, se ne fa pioniere. Due brani sopra gli altri, ad aprire ciascuno un lato del disco, l’elegante e romantica You Are the Sunshine of My Life, dedicata alla moglie, e poi Superstition, incalzante brano rithm&blues che farà scuola.



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