Riscattare gli ultimi. Il potere della fotografia

I volti, i corpi, gli sguardi degli ultimi: nelle foto di Tano D’Amico, romano d’adozione, che ha documentato le lotte e le manifestazioni di piazza nei difficili anni Sessanta e Settanta, si vede quello che l’immagine in sé non dice. Perché sono quei volti, quei corpi, quegli sguardi a parlare, raccontando il dolore e la speranza, la sofferenza e la lotta.

Tano D'Amico

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Nel numero 5/2021 di MicroMega straordinaria testimonianza di Tano D’Amico, uno dei più importanti fotografi italiani, arricchita di un prezioso corredo di immagini. Ne pubblichiamo un estratto.

Una leggenda dice che alcuni bambini che non volevano andare a scuola perché più poveri di tutti gli altri, vedendosi sulla prima pagina del Messaggero, con fierezza tornarono in classe. La foto era mia.
C’è un destino, per tutti noi. Il mio era di fotografare gli ultimi.

[…]. Per come sono fatto, sapevo che il mio sarebbe stato un impegno totale, perché per me di fronte a certe situazioni non te ne puoi infischiare. Io mi sforzavo di ritrovare nei volti delle persone, nei loro gesti, i motivi delle lotte, i cambiamenti, mi sforzavo di cogliere nei loro sguardi quello che era successo. Perché una persona racconta.

[…]. Prendiamo l’Acquedotto Felice, un acquedotto romano sotto le cui arcate, chiuse da muri, con l’umidità che accerchiava dal basso e dall’alto, viveva una sottoumanità, flagellata da malattie, dolorante. […]. Conobbi lì un grande maestro, Franco Pinna, che si occupò di quella baraccopoli e ne fece un canto per immagini. Immagini bellissime. Una, che non dimenticherò mai, era di un gruppo di bambini d’inverno, vestiti alla meno peggio, che facevano un girotondo. E sullo sfondo l’Acquedotto. Lunghissimo, eterno. Pinna rappresentò anche i mali dell’Acquedotto, ma lo fece con molta delicatezza, senza alcun compiacimento. Erano immagini che ci richiamavano tutti alla nostra umanità.

[…]. Nelle immagini di Pinna questa sofferenza, questo dolore si vedeva nelle posture delle persone, dei bambini, nei loro volti. Avevano un volto di dolore, anche quando giocavano. Una sua foto mi colpì moltissimo. Ritrae un bambino che mangia. È come il carcerato che mangia, come il pazzo che mangia, come l’orfano che mangia. Mangia in un piatto di alluminio tutto ammaccato. E poi ha la faccia che sembra quella di un pugile. E ancora le risa delle persone. Quando ridevano, e Pinna si sforzò di rappresentare le persone che ridono, è come il riso dei pazzi, è come il riso dei carcerati, come il riso di certi soldati, di persone costrette.

[…]. Debbo dire che ho avuto dei grandi maestri. Ho parlato di Pinna, ora vorrei parlare di Tazio Secchiaroli, che è passato alla storia per un frammento della sua vita, della dolce vita, perché fu consulente di Fellini. Tazio Secchiaroli e Federico Fellini mi hanno mostrato che è possibile caratterizzare le persone, raccontarle con gli angoli delle loro membra, con le linee dei loro volti, al di là dei vestiti. Tazio per prendermi in giro diceva: «C’è Tano che prima di fare le sue fotografie, passa da noi, a Cinecittà, e sceglie i volti delle persone, se le porta dietro e costruisce quelle sue scene come al cinema». È da loro che ho appreso a fare in modo che le persone si raccontino. Che raccontino anche quello che nell’immagine non è possibile vedere.

In alcune delle mie fotografie si vedono persone che commettono reati, ma nessuna di quelle immagini è stata portata in tribunale. Ce n’è una in cui si vedono alcune donne che combattono per le loro case, che raccolgono, per poi tirarli indietro, i candelotti che una linea impeccabile di carabinieri lancia verso di loro. È un reato. Eppure queste immagini non sono state portate in tribunale. Perché in ogni immagine c’è una persona che si racconta. Racconta ciò che è stato prima. Nelle immagini si vede l’invisibile. E nelle immagini che riguardano altri, noi scorgiamo anche la nostra vita, perché siamo chiamati a essere partecipi di quell’avvenimento, o a tirarcene fuori. […].

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[L’estratto qui pubblicato corrisponde al 21% del testo integrale pubblicato in MicroMega 5/2021]



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