Tra palcoscenici vuoti e musei al buio, la voce dei lavoratori

La pandemia ha chiuso teatri e musei, bloccato i turisti, svuotato le città. I lavoratori, spesso precari, chiedono sostegni concreti. Dal mondo dello spettacolo la richiesta di un “reddito di continuità”.

Mariasole Garacci e Filippo Poltronieri

I palcoscenici vuoti, le sale dei musei al buio, le piazze dei monumenti storici deserte sono tra le immagini più iconiche dell’anno trascorso, triste testimonianza degli effetti extrasanitari del virus. Sono i “luoghi di nutrimento dell’anima”, la cui cura è necessariamente passata in secondo piano per tutelare la salute. In secondo piano sono passate anche le esigenze di chi quei luoghi li abita, rendendone vive le opere o semplicemente aprendone i cancelli: i lavoratori dello spettacolo, le guide turistiche, le guardianie. Insomma, l’incalcolabile e frastagliato indotto del mondo dell’arte e della cultura.

VIDEO – Dal Globe Theatre occupato l’urlo dei precari dello spettacolo: “Serve un reddito di continuità”


Video di Valerio Nicolosi

Come successo in altri settori, caratterizzati da pluriennale precarizzazione e dal fiorire di variegate forme contrattuali, la pandemia non ha fatto che inasprire contraddizioni già esistenti, particolarmente insopportabili quando si è trattato di riconoscere (o meno) ristori a migliaia di persone, risultate poi invisibili. Questa una delle ragioni che ha portato i lavoratori del mondo dello spettacolo a occupare il centralissimo Globe Theatre, a Roma, rivendicando reddito e diritti per tutti. “Non vogliamo tornare nella condizione precedente”, denunciano, “i bonus comunque sono stati insufficienti perché restano fuori decine di tipologie di collaborazione”. I manifestanti, come tanti colleghi di settori analoghi, chiedono un reddito di continuità: “mentre non siamo sul palco ci formiamo, studiamo, nel mondo dell’arte sarebbe una misura perfetta da sperimentare”, spiegano.

Costrette a stare a casa, anche molte guide turistiche hanno usato il tempo forzatamente libero per aggiornarsi, studiare, approfondire una lingua. Chi ha potuto permetterselo. “Poi c’è chi ha fatto mille altri lavori perché non ha potuto contare su nessuno aiuto di stato”, spiega Isabella Ruggiero, presidente dell’Associazione Guide Turistiche Abilitate Roma (AGTA). Anche in questo settore la mancanza di una legge che disciplini la professione, questione irrisolta da ben prima della pandemia, ha determinato la totale esclusione dagli aiuti per chi non possiede una partita iva. Una cecità burocratica che si è tradotta nell’abbandono della professione da parte di chi non è riuscito a trovare altre forme di sostentamento.

VIDEO – Crisi e pandemia, la voce delle guide turistiche

Video di Filippo Poltronieri

Nel turismo, prima della pandemia, lavoravano 4,2 milioni di persone, un’industria che valeva il 13,2% del pil. Nel solo periodo del primo lockdown, dal 1° marzo al 31 maggio 2020, 7 miliardi di euro sono andati in fumo, con oltre trenta milioni di turisti in meno, secondo quanto stimato da Confindustria e Confcommercio. E mentre si discute di timide riaperture per bar e ristoranti, abilitati a ospitare i clienti nel rispetto di alcune semplici norme di prevenzione, per gli operatori del turismo la faccenda potrebbe farsi più complicata. “Noi restiamo senza spettatori”, spiega Ruggiero. “Anche quando siamo stati in zona gialla, vigevano i divieti di spostamento. Per una città d’arte significa non avere turisti da fuori, l’utenza di gran lunga maggioritaria per una guida”.

Per chi ha potuto continuare a lavorare – non certo il caso dei lavoratori di cinema e teatri – le limitazioni alla libertà di movimento hanno ristretto al minimo le platee. Mostre ed esposizioni, rimaste aperte nelle finestre di zona gialla, hanno staccato pochissimi biglietti, potendo contare su una “clientela” esclusivamente locale. Anche eventi prestigiosi, come la Quadriennale d’arte 2020, hanno risentito delle perduranti restrizioni che ne hanno frustrato la vocazione internazionale.

“Si tratta di un percorso di anni che ha coinvolto 43 artiste e artisti in un progetto di promozione dell’arte italiana all’estero. Con le restrizioni alla mobilità il pubblico era ridotto”, spiega uno dei due curatori dell’esposizione, Stefano Collicelli Cagol. Tuttavia, grazie alla gratuità dell’ingresso, nei giorni di apertura sono state tantissime le persone a visitare le sale di palazzo delle Esposizioni, sede dell’evento. Dimostrazione di un desiderio, da parte dei cittadini, di fruire bellezza e cultura anche e soprattutto in questo periodo. A fronte della possibilità di vederne dimezzata la durata, gli artisti selezionati per questa edizione hanno lanciato una petizione per chiedere che la mostra, finanziata da sponsor ma anche da fondi ministeriali, sia visitabile fino alla fine di luglio: un’ipotesi che potrebbe permettere di accogliere anche i visitatori stranieri e di rispettare la vocazione artistica di una Quadriennale il cui titolo, Fuori, era piuttosto eloquente.

VIDEO – La pandemia vista dal vuoto di un museo


Video di Filippo Poltronieri

 

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