Ue e politiche migratorie: un nuovo patto che non lascia presagire nulla di buono

Avanza a livello Ue il New Pact on Migration and Asylum, tra le critiche del gruppo The Left. Mentre la Germania spinge per modifiche legislative interne in materia di soccorso e accoglienza.

Federica Tessari

Il 20 dicembre scorso a Bruxelles, dopo tre anni di negoziazioni, è stato raggiunto l’accordo politico tra Parlamento e Consiglio in materia di strategia comune su migrazione e asilo (CEAS): il “New Pact on Migration and Asylum”. Sebbene con esso si superi finalmente il fallimentare Sistema di Dublino, non sono mancate le critiche, sollevate in particolare dal gruppo The Left, dalla società civile coinvolta nei soccorsi in mare e dal mondo accademico, in particolare riguardo l’esternalizzazione delle frontiere, la quasi totale abolizione della richiesta del diritto d’asilo e i pagamenti richiesti per poter soggiornare negli Stati membri.
Il Patto – che è in attesa dell’approvazione in plenaria – si compone di cinque pilastri: un’azione di screening per creare regole uniformi relative all’identificazione dei cittadini extra-UE all’arrivo aumentando così la sicurezza all’interno dell’area Schengen; l’istituzione di una banca dati (l’Eurodac) che raccolga informazioni più accurate e complete per individuare movimenti non autorizzati; una nuova procedura per la richiesta dell’asilo, più rapida ed efficace; il ricollocamento territoriale delle persone migranti per bilanciare “il chi e il dove” con regole chiare per una responsabilità condivisa della gestione; e in ultimo un protocollo emergenziale e anticrisi.
Ylva Johansson, alla Commissione per gli affari interni dell’Ue, ha dichiarato il 20 dicembre che “la svolta odierna sul Patto dimostra il nostro impegno ad andare avanti insieme anche sulle questioni più complesse e a rimanere fedeli ai nostri valori. Dobbiamo gestire la migrazione in modo ordinato e dobbiamo farlo in modo europeo. Non si tratta di vincitori e vinti. Concordando insieme un approccio comune per gestire la migrazione in modo umano, saremo tutti vincitori”.
“Insistere sull’Unione Europea come promotrice dei diritti umani è una chiara forzatura della realtà”, commenta Antonio Stopani, docente di Geografia critica delle migrazioni presso l’Università di Torino. “È in azione la logica del bisogno (‘abbiamo bisogno di manodopera’, ‘abbiamo bisogno di lavoratori’, ‘abbiamo bisogno di un incremento demografico’) non la logica dei diritti umani. L’obiettivo è disinnescare le tante lamentele e le tante proteste che si sollevano da Paesi come Grecia, Italia e Spagna”.
Una lettura in linea con quella dell’eurodeputata tedesca del gruppo The Left Cornelia Ernst, che ha dichiarato: “Ancora una volta, l’UE non risolverà le sfide della politica migratoria europea. Al contrario, la nuova riforma legalizza anni di violazioni del diritto d’asilo dell’UE da parte degli Stati membri. Ciò danneggerà gravemente lo stato di diritto in Europa”.
La Germania, dalla crisi del 2015, è stata impegnata in prima linea nel Mediterraneo Centrale nella ricerca e nel soccorso dei migranti ed è lo Stato membro dell’area Schengen con il numero più alto di residenti extra-UE.
A fine novembre, vista l’aria che tira a livello europeo, il Ministero dell’Interno ha presentato al Gabinetto federale una proposta di modifica dell’attuale legge sulla residenza le cui previsioni contraddirebbero l’obbligo di salvataggio in mare e la responsabilità di non ostacolarlo.
La società civile si è mossa per dare una risposta tempestiva alla formulazione della modifica proposta da Spd, Alliance 90/I Verdi e Fdp: in particolare, 52 ong hanno sottoscritto un appello al Ministero in cui propongono tra l’altro di escludere le sanzioni sugli aiuti umanitari “ripetuti o a vantaggio di più persone”. “Con le modifiche legislative previste, la Germania aderirebbe a una politica repressiva che può essere osservata in tutta Europa. La restrizione del margine d’azione della società civile è una tendenza pericolosa che deve essere fermata”.
CREDITI FOTO: ANSA-DPA / Philipp von Ditfurth



Ti è piaciuto questo articolo?

Per continuare a offrirti contenuti di qualità MicroMega ha bisogno del tuo sostegno: DONA ORA.

Altri articoli di Politica

Pedro Sánchez si è preso cinque giorni per riflettere su una plausibile dimissione per tornare rilanciando un appello contro le ultra destre.

Giorgia Meloni punta tutto su di sé. Così facendo però esprime debolezza e poca nella maggioranza di governo.

Intervista a Michele Riondino. Il suo fillm dà voce alla necessità di entrare nelle fabbriche e fra i lavoratori, per raccontarne vite e battaglie.