Una scrittrice tedesca perseguitata dai nazisti

“Non sono mai stata il mio tipo” è il cammino autobiografico di Irmgard Keun, scrittrice tedesca dimenticata, anticonformista e dissidente ai tempi del nazismo.

Marilù Oliva

«A volte non mi sopporto affatto – proprio come succede con le persone con cui si è obbligati a stare continuamente a stretto contatto. Quindi mi viene piuttosto difficile trovare il benché minimo aspetto positivo in me. Le mie pessime qualità sono infinite, non c’è da discutere».
Delle volte mi sono chiesta: quante autrici sconosciute, anche talentuose, sono cadute nell’oblio nel corso dei secoli e a quante di oggi toccherà la stessa sorte? Singolare è la storia di Irmgard Keun, che è stata ignorata anche negli Settanta, ma che oggi comincia ad essere conosciuta.
Oggi vi propongo il suo libro “Non sono mai stata il mio tipo”, pubblicato dall’Orma editore e tradotto da Eleonora Tomassini, cui va il merito di avere sostenuto e promosso la sua opera qui in Italia.
Keun, nata nel 1903 fu giornalista, sceneggiatrice e scrittrice, ma prima di ogni altra cosa fu una donna libera. Dissidente ai tempi del nazismo, venne osteggiata incarcerata, esiliata (Gilgi, una di noi del 1931 e La ragazza di seta artificiale dell’anno successivo, vennero inclusi nel 1933 nella lista della “Letteratura nociva e inopportuna” stilata dal partito nazionalsocialista). Del regime ricorda: «Non c’era una sola adunata di nazisti in cui non andassi a fare casino. Una volta ho beccato talmente tante botte da farmi saltare i denti. Ma lo facevo lo stesso… con piena consapevolezza».
Si rifugiò in Belgio e poi nei Paesi Bassi. Fu apprezzata da molti scrittori (da alcuni di essi anche amata) e visse in diverse città europee.
Questo libro è un cammino autobiografico attraverso diverse interviste in cui le vengono poste domande mai banali, grazie alle quali lei si racconta mettendosi a nudo, svelandoci anche le parti più recondite del suo carattere, facendoci entrare negli aspetti più profondi del suo io, dove nemmeno le contraddizioni o le imperfezioni sono coperte da veli. In questo modo chi legge riuscirà ad apprezzarla ancora di più.
Si definisce pigra, senza forza di volontà, propensa alle distrazioni, priva di amore per la gente, una che adora sparlare delle persone che non sopporta, fifona, bugiarda e sensibile ai complimenti degli adulatori. Ma è anche una donna sincera, spiritosa, fedele a una sua etica, brillante, indimenticabile.
Le risposte all’intervistatrice son dirette, schiette, simpatiche. Come quando parla della vecchiaia, rispetto alla quale dichiara che «Fa schifo. Fa schifo dalla a alla z. Di positivo non c’è nulla. Assolutamente nulla».
Molto interessanti anche le pagine sulla scrittura, nelle quali l’autrice, che non si è mai posta il problema di teorizzare la sua poetica, entra nel vivo della gestione dei personaggi, tema dibattutissimo nelle tante scuole di scrittura odierne: «Le figure che invento diventano indipendenti. All’inizio pasticcio un po’. Poi i personaggi cominciano a divenire autonomi. E il primo passo è fatto. Allora non ho più tanto da dire su di loro, agiscono di propria iniziativa».



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