Ungheria, l’anti-Orbán sarà Márki-Zay

Le primarie del fronte unito dell’opposizione vinte a sorpresa dal conservatore cattolico Péter Márki-Zay. L’alternativa a Orbán non sembra più solo un’utopia, ma la strada da fare è ancora lunga.

Massimo Congiu

L’esito delle primarie dell’opposizione ungherese è stato una sorpresa per molti, compreso il partito governativo Fidesz. Il favorito era l’attuale sindaco di Budapest Gergely Karácsony che prima del voto era considerato l’anti-Orbán, colui che alle elezioni politiche dell’anno prossimo avrebbe conteso all’”uomo forte d’Ungheria”, la poltrona di primo ministro. Ha prevalso, invece, Péter Márki-Zay, conservatore cattolico, primo cittadino di Hódmezővásárhely, piccolo centro abitato dell’Ungheria del Sud. E dire che alla fine del primo turno era arrivato terzo dietro Klára Dobrev (Coalizione Democratica, DK, centro-sinistra) e Karácsony (Dialogo per l’Ungheria, PM, ecologisti di centro-sinistra) e che i partiti del fronte unito d’opposizione lo guardavano con diffidenza. Lui si è sempre detto convinto di avere le migliori chance contro l’attuale premier.

Alla fine del primo turno Karácsony ha ritirato la sua candidatura. L’ha fatto per favorirlo ritenendo, insieme a quest’ultimo, che la Dobrev non fosse la persona più adatta a guidare la lista unica da presentare in tutte le circoscrizioni uninominali l’anno prossimo, in quanto moglie di Ferenc Gyurcsány, fondatore e leader di DK, ex premier socialista, figura politica controversa in Ungheria. Karácsony riteneva che, rispetto alla Dobrev, il candidato conservatore potesse rivolgersi a un elettorato più ampio, non solo al centro-sinistra ma anche ai liberali e ai moderati di destra e ottenere il loro consenso. Di fatto, Márki-Zay ha prevalso al ballottaggio contro la Dobrev che è vicepresidentessa del Parlamento europeo dal 2019 e che al primo turno era arrivata prima, un po’ a sorpresa.

Il vincitore ha ringraziato gli elettori per la fiducia e si è rivolto ai partiti dell’alleanza per impegnarsi con lui a mandare a casa Orbán e i suoi fedelissimi. Il suo obiettivo è ricostruire un senso comune, dar vita a un modo completamente diverso di intendere la politica. Promette, così, una gestione delle cose basata sulla solidarietà sociale al posto dell’incitamento all’odio tipico dell’attuale governo, e una vita politica fondata sull’onestà e sulla trasparenza. Quindi converge pienamente col blocco d’opposizione nell’annuncio di una lotta senza pietà contro la corruzione. Lotta che intende indirizzarsi non solo contro l’attuale sistema ma anche contro certe frange dei partiti prima al potere: i socialisti e i loro alleati liberali. Questo aspetto potrebbe rendere più complicata la tenuta dell’alleanza guidata proprio dal DK di Gyurcsány. Quest’ultimo ha comunque garantito il suo appoggio al candidato leader alle elezioni in programma per il prossimo aprile. Gli altri punti del programma di Márki-Zay riguardano la modifica della legge elettorale che, così com’è concepita attualmente favorisce le forze di governo, l’adesione alla Procura europea e l’entrata dell’Ungheria nell’eurozona appena possibile.

Il fronte unito mette quindi l’elettorato di fronte a prospettive di un cambiamento che parte del paese sogna da tempo e che ora, con un’opposizione che si è compattata in funzione anti-Orbán, non sembra più solo un’utopia. I sondaggi appaiono benevoli con gli avversari del governo, ma la strada da fare è ancora lunga.

Nelle scorse settimane i rappresentanti dell’esecutivo si erano impegnati a ridicolizzare le primarie e a screditare i candidati che in partenza erano cinque. Il premier aveva già detto ai suoi che le prossime elezioni non saranno una passeggiata ma che alla fine le urne premieranno il governo. Saranno, comunque, elezioni particolarmente interessanti perché è la prima volta, dal 2010, che i principali partiti dell’opposizione riescono a dar vita a un’alleanza a livello nazionale. Finora questo tipo di situazione si era determinato solo alle amministrative: nel 2018 con l’elezione a sindaco di Márki-Zay in quella che risultava essere una roccaforte del Fidesz e soprattutto l’anno dopo, quando l’opposizione si aggiudicò Budapest e diverse altre importanti città del paese.

La vittoria di Márki-Zay alle primarie è stata salutata con favore dai sostenitori del fronte unito e dal quotidiano Népszava che vede del buono nel fatto che la politica ungherese vada finalmente oltre la logora disputa fra Orbán e Gyurcsány e che si apra “ad una reale possibilità di cambiamento”. Derise dal governo, le primarie sono state caratterizzate da una partecipazione di popolo definita soddisfacente dagli interessati: fra i due turni hanno votato oltre 850.000 persone, e questo lascia ben sperare Márki-Zay e i sostenitori del blocco.

49 anni, ingegnere, economista, storico, il candidato premier viene visto come un outsider della politica. Dopo essere diventato sindaco di Hódmezővásárhely ha dato vita al movimento civico L’Ungheria di Tutti (Mindenki Magyarországa Mozgalom, MMM) che ha contribuito in modo rilevante al suo recente successo.

Ora, come già precisato, la strada verso il voto del prossimo aprile è lunga e l’opposizione farà bene a non sottovalutare l’avversario se vuole concretizzare almeno una prima prospettiva di cambiamento.



Ti è piaciuto questo articolo?

Per continuare a offrirti contenuti di qualità MicroMega ha bisogno del tuo sostegno: DONA ORA.

Altri articoli di Massimo Congiu

Per il Parlamento Europeo l’Ungheria di Viktor Orbán rappresenta “una minaccia sistemica ai valori fondanti dell’UE”.

Il risultato elettorale ha visto il Fidesz prevalere per la quarta volta consecutiva e di nuovo in modo netto.

L’Ungheria alle urne. La sfida è tra le forze governative che hanno in mano il paese da 12 anni, e “Uniti per l’Ungheria”, l’alleanza di opposizione.

Altri articoli di Mondo

Il residente ha attualmente 80 anni e se rieletto ne avrebbe 82 all'inaugurazione del 2025 e 86 alla fine del secondo mandato.

L'arresto di Boris Kagarlitsky ha suscitato reazioni anche da parte della sinistra italiana, rimasta silente a lungo sulla repressione in Russia.

Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il Presidente Zelensky rilancia l’idea di riformare il Consiglio per allargarlo soprattutto all’Africa.