Vaccini, una questione globale con ripercussioni locali

Le responsabilità politiche di regioni come la Lombardia e quelle strategiche dell’Unione Europea. Il silenzio del governo italiano e il disinteresse di Bruxelles. Vittorio Agnoletto: “Il destino di 7 miliardi di persone è nelle mani dei consigli di amministrazione delle multinazionali del farmaco”.

Maurizio Franco

Oltre 18 milioni di dosi somministrate. Circa 5 milioni di persone completamente immunizzate dal siero. In Italia, la campagna vaccinale anti-covid è nel vivo, anche se quota 500mila iniezioni al giorno è ancora lontana. Il 27 aprile, stando ai dati forniti dal Governo, sono state somministrate 309mila dosi su tutto il territorio nazionale. Il Commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo ha palesato per fine aprile il raggiungimento della fatidica tappa. Le Regioni, però, lamentano scarse disponibilità dell’antidoto al Coronavirus: l’89 per cento delle dosi consegnate è stato inoculato e ne rimangono ben poche sul tavolo dell’immunizzazione di massa. Nonostante le rassicurazioni date dal Generale che prevede, a maggio, un approvvigionamento di circa 17 milioni di fiale. Una corsa quotidiana contro il tempo: da fine dicembre 2020 le storture e le falle del piano vaccinale hanno marchiato le cronache nazionali e le vite di milioni di persone. Con annunci roboanti ed errori grossolani.

Il caso della Lombardia, la regione più popolosa ed economicamente florida del Paese, è sotto gli occhi di tutti: disguidi organizzativi e rallentamenti hanno azzoppato la grande macchina di quella che, narrazione vuole, è considerata l’eccellenza italiana in campo sanitario. Eccellenza che anche sui vaccini non ha tenuto conto delle piccole cose. “Parlare di cortocircuiti amministrativi è forviante. La questione è di gestione politica. Nel corso degli anni, la classe dirigente lombarda ha smantellato la sanità territoriale: per fronteggiare la pandemia, sono necessarie delle strutture efficaci, collegate a rete e coordinate tra loro con cui mappare i focolai e predisporre soluzioni ad hoc. Si è partiti da zero e il fallimento era annunciato”.

Vittorio Agnoletto – medico, docente universitario e attivista punto di riferimento per le battaglie a tutela dei diritti umani – è lapidario: la logica della produttività, applicata ad ogni ambito dell’esistenza, ha portato al disastro delle scorse settimane. Le dichiarazioni dell’Assessora regionale al Welfare Letizia Moratti esemplificano, secondo il medico, l’ideologia dominante nelle stanze del Pirellone: il contributo delle regioni al Pil nazionale come uno dei parametri per distribuire le dosi di vaccino. Frasi smentite da Moratti, nonostante un audio pubblicato da Il Fatto Quotidiano confermi le parole dette.

Agnoletto conduce con la giornalista Elena Mordiglia una trasmissione molto seguita su Radio Popolare: 37 e 2, dedicata ai temi dell’invalidità e della non autosufficienza. Alcune testimonianze, andate in diretta, sono la rappresentazione plastica delle contraddizioni che serpeggiano nella società. Anziani di 80 anni relegati ai margini delle graduatorie con prenotazioni cancellate o posticipate attraverso un sms. Persone con disabilità gravi, impossibilitate ad uscire da casa, costrette ad aspettare perché il servizio di vaccinazione a domicilio non era disponibile.
Sono storie di ordinaria follia, la cui interpretazione è possibile soltanto allargando lo sguardo alle dinamiche mondiali e al sistema economico che tutto determina.

Tutto il mondo è Paese

“Il destino di 7 miliardi di persone è nelle mani dei consigli di amministrazione delle multinazionali del farmaco. La pandemia ha rivelato il dramma di questo assunto”. Il tema è l’approvvigionamento dei vaccini e l’accesso indiscriminato alle cure. Come in Italia, anche nel mondo. Vittorio Agnoletto è uno dei portavoce della Campagna Right2Cure #Noprofitonpandemic: quattro richieste al tavolo della Commissione europea per ridimensionare il potere delle case farmaceutiche e rendere universali le cure contro il Covid-19. La parola d’ordine è “pubblico”, in antitesi al dogma della privatizzazioni, ovvero il macigno dei brevetti che garantiscono profitti miliardari alle aziende e il controllo monopolistico sulle prestazioni sanitarie. Un cappio asfissiante che stritola la capacità di intervento nei territori, negando di fatto il valore inalienabile della medicina come patrimonio dell’umanità. “Gli Stati potrebbero ricorrere alla cosiddetta Licenza obbligatoria” dice il medico. Una clausola di salvaguardia contenuta negli accordi internazionali sulla proprietà intellettuale “che permette al singolo Paese, se martoriato da una pandemia e da crisi economiche, di produrre da sé i farmaci, bypassando il brevetto”.

La campagna contiene questo assunto. L’Unione europea, spiega Agnoletto, ha fatto di tutto per scongiurare il ricorso degli Stati membri della Licenza. In Italia, servirebbe soltanto un passaggio parlamentare. Ma a mancare è la volontà politica.

Inoltre, la campagna #Noprofitonpandemic afferma che “ciò che è stato pagato dal popolo dovrebbe rimanere nelle mani delle persone”. E ammonisce: “Non possiamo permettere alle grandi aziende farmaceutiche di privatizzare tecnologie sanitarie fondamentali che sono state sviluppate con risorse pubbliche”. Il Guardian ha riportato che il 97 per cento del finanziamento per implementare il vaccino Astrazeneca proviene da fondi pubblici. “Perché, allora, non considerarlo un bene comune e permettere alle nazioni di produrre il siero senza restrizioni e vincoli di proprietà, condividendo gli sforzi a livello globale?”, si chiede Agnoletto.

Su questo fronte India e Sudafrica hanno avanzato una richiesta di moratoria sui brevetti per i vaccini e per i farmaci contro il Covid-19. Socializzare le conoscenze e avviare un processo di riconversione produttiva. Alcuni Paesi, tra cui il Brasile e il Giappone ma anche Stati Uniti, Gran Bretagna, Singapore, Australia e Svizzera e i 27 Ue, hanno bloccato la proposta. Il 30 aprile, le istanze verranno discusse al Consiglio del Trips (ente che sottintende all’accordo relativo agli aspetti di vendita della proprietà privata, siglato nel 1994) e il 5 maggio alla corte del Consiglio Generale dell’Organizzazione mondiale del commercio.

La sfida, quindi, è globale. E le sue ripercussioni sono locali. Agnoletto lo ripete instancabilmente, puntando il dito contro il motore che muove l’universo capitalistico fin dalla sua nascita: il denaro e i suoi sinonimi. Lo strumento adottato per stanare l’organo esecutivo dell’Unione e inchiodarlo alle sue responsabilità è l’Ice: l’iniziativa dei cittadini europei, un ingranaggio dell’architettura politica comunitaria per la democrazia partecipativa. Un milione di firme, prese almeno in un quarto degli Stati membri, per proporre un atto legislativo concreto alla Commissione. In questo caso, trasparenza dei finanziamenti e accessibilità ai farmaci sono le linee guida dell’iniziativa. La petizione è consultabile e sottoscrivibile sul sito della campagna.

Il comitato, composto da 105 organizzazioni – sindacati, associazioni come Oxfam o Emergency e movimenti politici della sinistra – è il fiore all’occhiello del movimento. Su un totale di 166mila firme raccolte, l’Italia primeggia con le sue 48mila firme. “Questa è una mobilitazione della società civile che ha coinvolto porzioni sempre più consistenti del mondo associativo, sindacale e sanitario. La distanza con il mondo politico è evidente. Ma abbiamo raggiunto ottimi risultati”, dice Agnoletto. Esponenti del Partito Democratico e del Movimento 5 stelle hanno condiviso lo slancio della campagna, ma i partiti non hanno dato il sostegno ufficiale.

Il gruppo italiano di Right2cure ha inviato un appello al Presidente del Consiglio Mario Draghi per far esprimere l’Italia a sostegno della proposta di India e Sudafrica, così da influenzare la Commissione europea. Nessuna risposta è pervenuta. Il comitato ha anche contattato gli organi di Vigilanza Rai per richiedere spazi di divulgazione e comunicazione nel palinsesto del servizio radiotelevisivo. “È pur sempre un processo pubblico che interessa gli organi istituzionali del Continente” spiega Agnoletto. Anche qui, però, il silenzio è calato.

 

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