Yo! Gli adolescenti e il (colpevole) deficit di attenzione degli adulti

Solitudine, demotivazione, ansia, rabbia. Recenti indagini sociologiche evidenziano come la pandemia abbia accentuato un diffuso malessere tra gli adolescenti. Una riflessione sul difficile ma imprescindibile compito degli adulti: aiutare gli adolescenti a crescere.

Anna Paola Lacatena

YO!*
«La gioventù di oggi è corrotta nell’anima, è malvagia, empia, in­fingarda.»
Chissà quante volte abbiamo ascoltate parole simili a proposito dei giovani, almeno da quando qualcuno le ha incise su di una Tavoletta di argilla babilonese risalente al 1000 a.C. o Pietro l’Eremita le ha pronunciate nell’anno del Signore 1095: «… Non pensa più a niente, pensa solo a sé stessa, non ha più rispetto per gli adulti e per i vecchi; i giovani sono intolleranti di ogni freno, parlano come se sapessero tutto (…) Le ragazze poi sono stupide, vuote e sciocche, immodeste, senza dignità nel parlare, nel vestire e nel vivere.»

Sono spesso amare le parole con le quali l’adulto (non più giovane) si rivolge alla giovinezza forse perché indigesto quanto quest’ultima gli suggerisce. Tra il tanto, almeno due offese, ancor più tali perché non volute, sembrano risaltare: per legge di natura una vita più lunga e l’opportunità di considerare i sogni, tutti, ancora possibili.

Per quanto variabilmente lontano nel tempo e fuori da qualsivoglia pregiudizio anagrafico, ognuno di noi ha fatto i conti con quel percorso obbligato e non privo di avversità che è l’adolescenza.

Il termine prende origine dal latino adolescere, ovvero “crescere, svilupparsi, diventare adulto” e deve intendersi come il periodo di transizione che conduce l’essere umano dall’infanzia all’età adulta, passando attraverso tutta una serie di cambiamenti fisici e psichici. Si tratta di strutturare una propria identità, acquisendo competenze utili a ricoprire responsabilità e ruoli nuovi all’interno del contesto sociale. Tra i concetti più dinamici, di fatto coinvolge almeno tre specifiche aree: biologica, psicologica e socio culturale.

Per dirla alla Erik Erikson, psicanalista tedesco che più di altri si è occupato del tema, è il tentativo di definire sé stessi coniugando esplorazione e impegno per disegnare il proprio orizzonte valoriale e le proprie passioni. La costruzione dell’identità e della personalità sono, dunque, il risultato di un incontro-scontro con l’ambiente sociale.

Non più bambino non ancora adulto, l’adolescenza prende avvio nella biologia ma è scandita da cultura e società.

YO!

Anche per questo, guardando all’attuale ma ben prima della pandemia da Covid-19, Henry A. Giroud (2011) ha richiamato alla mancanza di inclusione di ciò che definì una sorta di “fardello sociale” e il sociologo Zygmunt Bauman (2015) ha scritto di “vuoti a perdere”, salvati dallo smaltimento definitivo solo in virtù della capacità di formulare domande di consumo.

Non senza sentori allarmanti anche precedenti all’emergenza sanitaria da Covid-19, a cui si unisce oggi l’imponderabile della tragedia in atto nel territorio ucraino, ansia e smarrimento, dunque, sembrano essere la cifra di un post pandemia prevedibile – se solo avessimo avuto la capacità e la voglia di ascoltare – nelle sue conseguenze almeno per quelle fasce d’età più vulnerabili. Dopo aver rinunciato alle più elementari e necessarie esperienze di socializzazione e di condivisione, gli adolescenti come se la passano?

YO!

Da un’indagine condotta dall’Osservatorio Indifesa di Terres des Homme nel 2021, l’88% degli intervistati si sente solo e chiede supporto psicologico. La perdita della naturale socializzazione tra pari ha provocato in loro demotivazione, ansia, rabbia e paura.

La Fondazione Soleterre e l’Unità di Ricerca sul trauma dell’Università Cattolica di Milano nel 2021 hanno ascoltato un campione rappresentativo di 150 adolescenti tra i 14 e i 19 anni dell’area milanese: il 41% non riesce a dare un senso alla sofferenza e ben il 17,3% vorrebbe addirittura morire o farsi volutamente male.

La maxi-indagine “Chiedimi come sto” (2022), promossa dalla Rete degli studenti medi, dall’Unione degli universitari e dal sindacato dei pensionati Spi-Cgil che ha coinvolto in un solo mese 30mila studenti delle scuole superiori e universitari su tutto il territorio nazionale, sembra confermare il diffuso malessere in termini di ansia, paura, stress, aumento dei disturbi alimentari e degli episodi di autolesionismo.

A crescere nel corso dell’emergenza sanitaria sono state soprattutto le emozioni negative tra cui la noia (68%), la demotivazione (66%), la solitudine (62,7%), l’ansia (60%), la paura e la rabbia (46%).

Allo stesso tempo sono diminuite quelle positive e in particolare il senso di libertà (62%), la voglia di fare (60%), la serenità (56%) e l’allegria (55%).

Un quarto degli studenti (26,4%) ha pensato di abbandonare gli studi durante l’emergenza sanitaria e l’esperienza della Dad.

La frequenza alle lezioni è diminuita per il 24% mentre è rimasta invariata per il 64%.

La didattica a distanza, in generale, ha prodotto diverse criticità accentuando il disagio psicologico e incidendo negativamente sulla salute mentale degli studenti.

Il 60,3% degli studenti guarda in prospettiva con criticità molto elevata alla propria salute mentale. Atteggiamenti e stati d’animo che più di frequente rispecchiano la visione del futuro sono la curiosità (82%), l’insicurezza (75%) e la paura (72,6%), segnalando quindi un’attitudine propositiva di fondo che viene però smorzata da sensazioni fortemente negative.

Il 73,6% ritiene che vi sia una visione sottostimata della propria generazione da parte degli adulti. Credono negli amici (85,8%) e nella famiglia (85,6%) mentre la fiducia che ripongono verso i diversi soggetti istituzionali è sotto il 50%, fatta eccezione per scuola, università e Unione europea.

Il 28% degli studenti ha dichiarato di avere disturbi alimentari, il 16% dei quali innescati dalla pandemia, mentre il 14,5% ha avuto esperienze di autolesionismo, la metà in coincidenza del periodo pandemico.

Quando la dimensione del futuro è assente lasciando spazio alla presentificazione del tempo, quando il qui e ora diventa l’unico godimento possibile, l’adolescenza rischia di diventare ripiegamento, autoesclusione sociale e/o terreno fertile per il consumo di sostanze (legali e illegali) e i comportamenti a rischio, non più leggibili come sperimentazione, trasgressione ma come automedicazione, sollievo, boccata d’ossigeno.

Dall’indagine della Spi-Cgil “Chiedimi come sto” (2022) il 10% dei giovani intervistati ha assunto sostanze e il 12% ha abusato di alcol.

I dati ESPAD Italia 2014-2022 non smentiscono, anzi: a oggi il 25,8% degli studenti nella fascia d’età 15-19 ha fumato cannabis almeno una volta nell’ultimo anno (29,4% maschi, 22,1% femmine) e circa 75mila studenti italiani, nella stessa fascia d’età, ha utilizzato 10 o più volte al mese.

YO!

Se la rete ha rappresentato per tanti ragazzi la possibilità di restare agganciati al proprio mondo, alla scuola, agli amici, la stessa rischia ora di diventare l’unico confortevole rifugio pur nella riconquistata variabilità di offerte e opportunità.

Nel metaverso – un insieme di spazi virtuali tridimensionali creati al computer e interconnessi tra di loro – ognuno con il proprio avatar, condividendo luoghi ed esperienze (virtuali) con persone che restano fisicamente lontane, però, senza possibilità di crearsi una memoria biografica, un’identità che non si sottometta all’ideale di sé, la finta capacità – perché sperimentata solo nel virtuale – di fronteggiare i naturali e inevitabili urti della vita reale.

Condotte di evitamento, ansia generalizzata e ansia sociale: evito, sto meglio, dunque, continuo a evitare.

YO!

La pandemia ha accentuato la facilità dell’approvvigionamento tramite la rete di sostanze, il Social supply chain è sempre più diffuso tra i ragazzi più giovani – il fornitore sociale è qualcuno del proprio giro di amici, colui che fa la “colletta” e rifornisce il gruppo – la reperibilità più accentuata come l’accessibilità economica, il tutto nella cornice di una “normalizzazione” del fenomeno che pericolosamente non viene dai più giovani ma, spesso, dai presunti adulti.

YO!

Da uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience da alcuni ricercatori dell’Università del Vermont (USA) nel 2019 che ha monitorato le variazioni nei volumi celebrali di 46 quattordicenni che avevano utilizzato cannabis non più di due volte, si legge: «sono sufficienti pochi spinelli per alterare la struttura del cervello negli adolescenti». Non da meno sembra essere l’azione dell’alcol per ciò che attiene al pruning, ossia il processo di rimodellamento neuronale che si registra almeno fino ai 18 anni, con la possibilità di sviluppare disturbi psicotici, disturbi depressivi sub-sindromici (ansia, anedonia, perdita di interesse, attacchi di panico) e relativi all’area neuro-psicologica (disturbi della memoria, dell’apprendimento, difficoltà cognitive).

YO!

Non è più possibile (se mai lo è stato) pensare a strategie incentrate su messaggi allarmistici, tematicamente focalizzate e proclami punitivi. È necessario intervenire per capire, aiutare a dare un senso e un significato alle esigenze di «protagonismo» e di conferma sociale, offrendo loro spazi di partecipazione, di pensiero, azione, iniziativa al fine di attivare processi di coscientizzazione, consapevolezza e assunzione di responsabilità, senza escludere il piacere e il diritto alla ricerca dello stesso come moto fisiologico, imprescindibile per la sopravvivenza stessa. Il consumo problematico e la dipendenza non sono fenomeno leggibili esclusivamente in associazione alla sintomatologia derivante dall’assunzione ripetute di sostanze psicoattive e dal perpetrarsi di particolari comportamenti. Sono anche e soprattutto ripetizione di ciò che determina una riduzione di stati emotivi percepiti come negativi, intensificando una percezione positiva di sé e del mondo circostante.

A proposito di adolescenti, dunque e in sintesi, fuori da moralismi e amnesie su ciò che si è stati e su ciò che (giudicanti) riteniamo essi siano, il difficile ma imprescindibile compito degli adulti resta quello di aiutare gli adolescenti a crescere.

YO!
A volerlo davvero.
YO!
A esserne capaci.

* termine dello slang inglese-americano utilizzato dai giovani per salutare o attirare l’attenzione



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