Dio, l’ottativo del cuore umano divenuto tempo presente. Riflessioni sull’ateismo di Feuerbach

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Ha indicato la via di un nuovo umanesimo che non trae origine dalla presenza di Dio nell’uomo ma dalla presenza dell’uomo a sé stesso.

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La cultura occidentale deve molto a Ludwig Feuerbach, non tanto per la celeberrima riduzione della teologia ad antropologia, quanto per aver indicato, nell’esplicitarne le implicazioni, la via di un umanesimo che non trae origine dalla presenza di Dio nell’uomo ma dalla presenza dell’uomo a sé stesso. “La nuova filosofia ha quindi, come suo principio di conoscenza, come suo oggetto, non l’io, non lo spirito assoluto, cioè astratto, non la ragione in abstracto, ma la totale e reale essenza dell’uomo. La realtà, il soggetto della ragione, è soltanto l’uomo. È l’uomo che pensa, non l’io, non la ragione.[1]



Che non sia Dio ad aver creato l’uomo, ma l’uomo ad aver creato Dio è spiegato senza tracotanza o presunzione ma con la lucidità di chi vuol capire. E di chi addebita proprio all’impotenza e all’insipienza, dunque alle debolezze che derivano dalla finitudine, per usare un’espressione cara a Telmo Pievani, le ragioni che spingono l’uomo a trascendere la propria condizione e a spostare i bisogni di infinità, onnipotenza, onniscienza in un alius su cui li trasferisce e cui assegna il nome di Dio. “La coscienza che l’uomo ha di Dio è la conoscenza che l’uomo ha di sé. Tu conosci l’uomo dal suo dio e, reciprocamente, Dio dall’uomo; l’uno e l’altro si identificano[2].

La coscienza dell’infinito è dunque l’oggettivazione dell’infinità della coscienza stessa, della sua essenza. Ma che cos’è questa essenza? Che cosa costituisce l’umanità dell’uomo? Feuerbach è chiaro: la ragione, la volontà, il cuore, predicati “divini” presenti nell’uomo. “La forza del pensiero è la luce della conoscenza, la forza della volontà è l’energia del carattere, la forza del cuore è l’amore. Ragione, amore, volontà sono perfezioni, sono le più alte facoltà, sono l’essere assoluto dell’uomo in quanto uomo e lo scopo della sua esistenza. L’uomo esiste per conoscere, per amare, per volere[3].
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