Lettere da un’amica a Pier Paolo Pasolini

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In libreria “Caro Pier Paolo” (Neri Pozza), un libro epistolare scritto da Dacia Maraini in onore dell’amico scomparso.

“Caro Pier Paolo”, da poco uscito per Neri Pozza nella collana Bloom, è un libro epistolare scritto da Dacia Maraini in onore dell’amico scomparso. Una grande dichiarazione d’amicizia, un modo, forse, per ritrovarlo e raccontarlo nella sua essenza. Ce lo restituisce in tutta la sua complessità e nei suoi contrasti, un uomo dolcissimo nella vita privata, ma la cui mitezza e gentilezza si trasformava in provocazione e durezza quando scriveva e forse questo è uno dei motivi perché fu tanto avversato, quando era in vita. Fu infatti bersaglio di attacchi aggressivi e si fece nemici a destra e a sinistra per colpa di quella sua tendenza a inseguire (e riportare) la verità a ogni costo. Con la stessa Maraini vi erano questioni di fuoco sulle quali i due erano in disaccordo: l’aborto, le proteste femministe, ad esempio, che lui non condivideva. Pasolini era, però, anche molto amato, perché visse le proprie idee caricandole di un’intensità emotiva che fece breccia nel cuore della gente.



«Eri così mite, Pier Paolo, e così arrendevole che ogni volta mi lasciavi interdetta. Non ti ho mai sentito pronunciare una parola rabbiosa, o visto fare un gesto di stizza. Ma la gente aveva di te un’idea diversa. I più ti vedevano come un uomo rancoroso, rigido, feroce nelle tue indignazioni»

Un grande poeta – oltre che saggista e regista – creatore di una lirica raffinata, densa di significati, un uomo socialmente impegnato, sempre dalla parte degli umili, dotato di un sentimento dagli slanci universali che attingeva alle Sacre Scritture, cacciato dal partito comunista nonostante sia lui che suo fratello avessero vissuto l’esperienza partigiana (suo fratello per questo perse la vita).



Dacia Maraini ricorda momenti di vita quotidiana, normali ed eccezionali. Quando stavano assieme con il marito Alberto Moravia, quando mangiavano e discutevano di arte, letteratura, società, quando lei e Pasolini lavoravano gomito a gomito, quando viaggiavano per le terre quasi primordiali di alcune zone dell’Africa, dove il tempo sembrava quasi rarefarsi in tramonti fumosi e Pasolini mostrava sempre una grande capacità di adattamento. Ma oltre l’hic et nunc, lo animavano grandi pensieri:

«Ricordo che una volta, credo fossimo in Congo, davanti a un paesaggio grandioso, arcaico, dalle profondità azzurrine, mi hai detto che avevi capito cosa fosse l’immortalità. E avevo intuito che ti eri sentito per un attimo immortale. In effetti lo sei, non nel senso carnale, ma la tua arte lo è diventata. L’immortalità è un atto di fiducia bellissimo, un impeto di struggente amore per la vita, che è la cosa meno immortale che conosciamo».





Dell’artista questo libro ci farà esplorare la forza e la generosità delle idee ma anche alcuni aspetti di tutti i giorni: la sua ulcera, ad esempio, che lo costringeva a una dieta serrata, le sue abitudini, il suo fisico atletico, il suo legame incondizionato con la madre. Legame totalizzante e in un certo senso paralizzante, come lui stesso ci rivelò nella poesia “Supplica a mia madre”.

Questo libro – scritto con una prosa dolce e magnifica, forse per omaggiare un poeta distintosi sia per il suo messaggio sociale sia per l’eleganza dei suoi versi – è in primis un grande atto d’amore che dal particolare si fa universale. Non solo verso un grande amico, ma anche verso gli affetti che ci legano e che restano indissolubili oltre la morte. Pier Paolo, presenza benevola, visita talvolta Dacia in sogno e lei si domanda se la dimensione onirica possa rivelare una realtà rovesciata e mai avvenuta che trova però spazio nel mondo delle cose possibili. Sarebbe bello se fosse così. Intanto ci piace immaginarli assieme, complici, coi loro sguardi bellissimi e brillanti, come sono stati immortalati vicini, in uno dei tanti momenti in cui qualcuno rubava loro uno scatto all’improvviso.

 



(credit foto ANSA/LUCIANO DEL CASTILLO)