Elezione presidente della Repubblica, Erri De Luca: “È più democratico il Conclave”

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Per lo scrittore napoletano la più alta carica dello Stato dovrebbe essere scelta dai cittadini e non nel parlottìo fra un palazzo e un altro.

Con che spirito assiste all’elezione del presidente della Repubblica?
Spirito freddo e distaccato: diverso sarebbe se il presidente fosse eletto a suffragio popolare e non da delegati, molti dei quali vaganti in seguito a dissociazione dal gruppo in cui sono stati eletti. In queste settimane si è assistito al confabulare segreto tra partiti vari, col seguito inevitabile di votazioni a vuoto. Niente in cui si possa coinvolgere lo spirito.



Vista l’attuale situazione italiana, con l’elezione diretta del presidente della Repubblica non ci sarebbe un rischio molto grande di ulteriore deriva a destra che in qualche modo il “gioco” dei partiti scongiura?
La democrazia è sempre piena di rischi e di derive autoritarie. Diffidare del voto popolare non è un sintomo di salute. La carica di presidente di Repubblica, rappresentante simbolico di una nazione, si rafforzerebbe se pronunciata dal popolo e non da trattative nascoste, telefonate di accaparramento voti con promesse di ricompense.

Sventato il rischio Berlusconi, il nome più probabile per il Colle è Draghi: che ne pensa di questa ipotesi? Rappresenta secondo lei un vulnus per la democrazia?
La nostra storia politica mostra un debole o una idolatria dell’economia. Abbiamo avuto per presidente del consiglio il ricco proprietario di reti televisive, per presidente della repubblica un governatore della Banca d’Italia, per capo attuale del governo un presidente della Banca Europea. Considero gli economisti dei giocatori d’azzardo con interessi privati in atti pubblici. Nessuno di loro sarebbe in grado di gestire il bilancio di una famiglia povera. L’attuale presidente del Consiglio è l’ultimo in ordine di tempo tra gli economisti ai quali si affidano le sorti della democrazia italiana. È una nostra debolezza, non un vulnus, ma un deficit di personalità politica, che cerca supplenza in dirigenti di organismi finanziari.



Se Draghi va al Colle, che accadrà al governo?
Il suo governo si disfa. Da presidente dovrà inventarne uno, non una sua specialità. Non è un politico.

E degli altri nomi che circolano che ne pensa? Si parla di Cartabia, Casini, Amato, Gianni Letta…
Figure intercambiabili, interne al sistema dei partiti e del sottobanco sottostante alle loro eventuali nomine.





Come giudica il modo in cui i partiti hanno gestito e stanno gestendo la scelta del successore di Mattarella? E in particolare come giudica l’atteggiamento di PD e M5S?
Ho usato prima il verbo confabulare, un parlottìo tra un palazzo e l’altro, con visite a domicilio. Considero più democratico il conclave.

Chi sarà il vero “King maker” di questa partita?
Non c’è nessun King e nessun Kong, niente di spettacolare, il definitivo spunterà da rimbalzi di veti incrociati, sarà deciso da un colpo di flipper che manderà la pallina in buca dopo una raffica di carambole.

Di che tipo di presidente della Repubblica avrebbe bisogno l’Italia in questo momento?
Della persona più giovane possibile, più consapevole possibile del fine corsa del mondo di prima, che si trascina inerte con la sicumera di credere di poter continuare a oltranza col palloncino gonfiato del PIL.



Ha un nome per il Quirinale?
Nome no, professione sì, un medico.