Femminicidi & Giustizieri: nessuno è normale se visto da vicino

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Nell’epoca dei social, gogna o gloria mediatica si fondono: Gino Cecchettin diventa bugiardo e il gioielliere pistolero diventa eroe.

Franco Basaglia, grande psichiatra e anti-eroe se mai ce ne fu uno, ha
 detto una volta per tutte: “Nessuno è normale visto da vicino”.
 Neppure lui lo era: appena giunto a dirigere il manicomio di Gorizia
con le idee chiarissime – la malattia mentale è una costruzione sociale
–, ma deciso a tenere il profilo basso per non spaventare colleghi e
 infermieri, non resse alla vista di centinaia di “matti” legati al letto di 
contenzione e ordinò di slegarli subito. In tempi meno attenti alla
 comunicazione, poi, non fu capace di promuovere adeguatamente la
sua rivoluzione psichiatrica: le rare interviste televisive ce lo mostrano 
esitante, quasi disinteressato.
Oggi i social l’avrebbero fatto a pezzi.
 Eppure la sua frase continua a martellarci nella testa, quando 
pensiamo alla cronaca di questi giorni, e alle tempeste in un bicchier 
d’acqua che scoppiano in rete. Esempio ovvio, Giulia e tutti i
 femminicidi, ma oggi anche il padre Gino, persona troppo splendida
 per non essere subito attaccata dai leoni da tastiera. Esempio di segno
 opposto, il gioielliere-giustiziere pluriomicida di Cuneo, condannato a
 17 anni e fatalmente eretto a eroe dalla Destra Legge e Ordine. Per
 non parlare del presunto femminicidio di Carrodano, con i dettagli che
 si aggiungono ogni giorno: la depressione, la decisione di farla finita
 insieme, la lunga veglia al capezzale di lei, gli antichi tatuaggi
 satanisti di lui…
Il punto è proprio questo: nessuno di noi è normale se inquadrato in
 primo piano.
Anche il geometra nostro vicino, con cui parliamo del
 tempo in ascensore, avrà sicuramente i suoi scheletri nell’armadio, o
 sui social. Come minimo avrà trascurato la vecchia madre, diranno i
 sostenitori della famiglia tradizionale, ma potrebbe aver praticato la
 caccia alla Talpa dell’Orinoco, incalzeranno gli ecologisti. In 
compenso, mai nessuno, neppure per un attimo, che si guardi allo
 specchio per vedere la trave nel proprio occhio, che rifletta sul fango 
di cui siamo tutti impastati, noi umani, o più semplicemente che conti
 sino a dieci, prima di fare il tifo pro o contro perfetti sconosciuti.
 Come se non bastasse, ognuno dei protagonisti della cronaca vive 
ormai una vita almeno doppia: da eroe a mostro, con eventuale
 ritorno. Quanto al padre di Giulia, basti dire che sui social
 s’incontrano ormai anche i negazionisti: avete capito bene, c’è chi
 sospetta che in realtà non ci sia nulla di vero, che tutto sia stato girato
 su un set cinematografico, come lo sbarco dell’uomo sulla Luna.
Quanto al gioielliere, le telecamere lo inchiodano alle proprie 
responsabilità, e poi, quando spari alla schiena a tre fuggitivi, ti
 condanna anche una giuria popolare texana. Però mai dire mai: c’è
 sempre il terzo grado di giudizio, e poi magari ci scappa una
 candidatura per la Lega…
Vogliamo dirla tutta? Passiamo dalla realtà psico-sociale, di cui si
 occupava ancora quel veneziano sensato di Basaglia, alla realtà 
virtuale, cui già pensava quel suo coetaneo altrettanto profetico che fu 
Andy Warhol quando predisse che un giorno, ognuno avrebbe avuto il
 suo quarto d’ora di celebrità. Tutto s’è avverato.
Non solo abbiamo la conferma che nessuno è normale, ma sappiamo pure che 
non siamo né eroi né mostri, bensì entrambe le cose, non appena ci
sfiora la luce dei riflettori. Se Andy ripetesse oggi la sua famosa frase,
 dovrebbe riscriverla così: «Un giorno, tutti avranno i loro DUE quarti
d’ora di notorietà: uno da eroe, l’altro da mostro».
CREDITI FOTO: ANSA – ZUMAPRESS /Vincent Isore