Il generale e il carabiniere

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Il carabiniere che dichiara a Franca Caffa di non riconoscere il Presidente Mattarella non è un avvenimento da prendere sotto gamba.

Del generale abbiamo sentito dibattere fin troppo: sul folklore del personaggio, sul fenomeno editoriale e sulle prospettive politiche aperte dalla Lega a Vannacci, sulla giusta – ma preoccupante – considerazione che il suo nome sembra destinato a portare una piccola valanga di voti.
A questo fenomeno si aggiunge ora l’episodio della  signora novantaquattrenne Franca Caffa, comunista,  in prima fila a Milano a un presidio pro Palestina. L’anziana signora con la kefia rossa sulle spalle, fronteggiando il maresciallo capo dei carabinieri G.M. in assetto antisommossa, gli ha domandato: “Cos’ha detto il Presidente Mattarella ?” (riferendosi all’invito del Presidente, rivolto a Israele, a non negare  il diritto dei Palestinesi ad avere un proprio Stato).
“Con tutto il rispetto, signora, Mattarella non è il mio presidente, io non l’ho votato, non l’ho scelto io, non lo riconosco”.
Questa la cortese ma inequivoca risposta del carabiniere, che – sfortunatamente per lui, ma fortunatamente per noi – veniva ripresa divenendo subito virale sui social media.
Un carabiniere in servizio di ordine pubblico che dichiara di non riconoscere il presidente della Repubblica, la figura che rappresenta e impersona l’ordine costituzionale vigente, sino a oggi, nel nostro Paese.
Dobbiamo a questo punto guardarci dalla tentazione, rassicurante ma assai pericolosa, di considerare sia l’euforico Vannacci che il povero carabiniere come protagonisti di episodi certamente gravi ma isolati, legati a una personalità particolare o a circostanze  del tutto eccezionali.
Occorrerebbe piuttosto ‘devannaccizzare Vannacci’ e, oggi, evitare di considerare lo scambio tra l’anziana signora e il carabiniere in pieno assetto antisommossa come un semplice episodio ‘grave ma non rilevante’.
Fu Flaiano a dire che in Italia la situazione è sempre grave ma mai presa sul serio, oppure seria, ma non considerata grave.
È allora forse il caso di proiettare i due casi su uno scenario più ampio, cominciando a interrogarci  su quello che accade – o continua ad accadere – all’interno delle nostre forze armate e di quelle preposte alla nostra sicurezza. Quanto è largo e condiviso il punto di vista reazionario di Vannacci, e quanto lo è l’idea espressa candidamente e con la massima tranquillità dal carabiniere, convinto forse di manifestare – nell’esercizio di una importante funzione di ordine pubblico –  un’opinione condivisa all’interno dell’Arma?
Ci si accorge allora che l’uomo comune sa assai poco di quel mondo misterioso e inquietante, segnato dalla scritta minacciosa ‘Zona militare – limite invalicabile’ che contraddistingue anche la più piccola delle Stazioni dei Carabinieri.
Limite davvero invalicabile. Pochi annoverano qualche militare tra le proprie conoscenze, e mezzi d’informazione sono avari di inchieste sulle Forze Armate. Sembrano davvero  remoti i tempi eroici del Movimento dei militari democratici.
Che ne è stato, ci si chiede, dell’esercito democratico, nato dalla Resistenza, consegnato al popolo dalla Costituzione  antifascista? Chi ne fa parte, quali correnti, quali ideologie, quali passioni politiche lo percorrono oggi? Cosa spinge i giovani ad arruolarsi da dopo l’abolizione della leva obbligatoria? E quali indottrinamenti ricevono, al di là di una formazione tecnologica spesso priva di valori adeguati? Come votano, i militari? E quanti si tolgono la vita? Che idea di patria domina all’interno delle nostre Forze Armate?
Sono queste, e molte altre credo, le domande che dovrebbero nascere dal grottesco ‘caso Vannacci’, come dal dialogo tra una novantaquattrenne militante di sinistra e un carabiniere in servizio d’ordine.
Che il generale-scrittore e quell’incauto maresciallo siano altrettanti panni sporchi pare evidente. Che non li si debba lavare ‘in casa’ è altrettanto evidente, posto che i tempi calamitosi e minacciosi in cui viviamo richiedono la maggior franchezza possibile nello speciale rapporto tra  un popolo e il suo esercito.
CREDITI FOTO: ANSA-ZUMAPRESS / Simone Barbieri