Perché in Italia non ci si può dire “patrioti”

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I termini “patria” e “patrioti” sono diventati monopoli dei peggiori nazionalismi e delle destre in generale.

Non riesco a nascondere il disagio che provo nel sentire Giorgia Meloni proclamarsi “patriota”. Son anch’io un patriota, e se sì, simile a Meloni? Alla ricerca di una risposta – come sempre più spesso mi succede – ho chiesto aiuto a Gramsci e ai suoi fenomenali Quaderni.



Proprio nei Quaderni ho ancora una volta trovato la risposta: io non sono un “patriota” e – in Italia – non ci si può dire tali senza avallare un pericoloso equivoco.

Nel Quaderno 23, paragrafo 48, Gramsci definisce il patriottismo italiano in termini che non potrebbero essere più efficaci e taglienti: come la “specialità oratoria” di una serie di personaggi popolari. “Una qualifica professionale, per così dire”, modello retorico-sentimentale, in cui eccelse il Vate, Gabriele D’Annunzio.



Una specialità oratoria, dunque, più che un sentimento diffuso e radicato nelle masse popolari, come potrebbe dirsi dei francesi (per cui patriottismo deve declinarsi secondo la triade rivoluzionaria liberté, egalité, fraternité) e degli inglesi (Wrong or right, my country).

Questa è una prima ragione per indurre alla massima cautela nel proclamarsi “patrioti”.





Ma c’è un’altra forse più vera e grave ragione, anch’essa individuata da Gramsci.

Nella nostra storia nazionale il concetto di patria si è sviluppato in senso quasi sempre contrario a quello di libertà, appannaggio di un ristretto numero di intellettuali. La patria ha espresso il legame tra governati e governanti, impersonati dal re, dall’autocrate, dal dittatore, secondo l’altro fatale concetto: quello di nazione.

I contadini croati combatterono volentieri contro i liberali milanesi. I contadini lombardo-veneti fecero altrettanto contro i liberali viennesi. E che dire di Pisacane e dei suoi “patrioti”, massacrati a Sapri dai contadini fedeli ai Borbone?



La verità – valida anche ai nostri giorni, temo – è che i termini “patria” e “patrioti” sono diventati monopoli dei peggiori nazionalismi e delle destre in generale, che hanno fatto della patria un sinonimo di autorità, conservazione, lugubre incitazione alla morte “gloriosa”. Caratteristiche –queste – che appartengono di diritto alla nozione di “fascismo eterno” come ci è stata lasciata da Umberto Eco.