Notizia choc: non c’è più la democrazia di una volta

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In memoria degli intellettuali. Di destra e di sinistra.

Da qualche tempo, l’immagine di No-vax, No-Pass, No-tutto, che manifestano davanti al Parlamento, desta solo sconforto. E non per le manifestazioni in sé, che sarebbero pur sempre un segno di vitalità della democrazia, ma proprio per il Parlamento. Li avrà avvertiti qualcuno, i manifestanti, che se volevano protestare per la Libertà e contro il Potere hanno sbagliato tempi e luoghi? Che, semmai, dovevano cominciare almeno vent’anni fa e spingersi sino a Palazzo Chigi, sede del governo, non prendersela con il Parlamento, che ormai conta come il due di briscola.



Ancora: se ne saranno accorti, i manifestanti, e ancor più il manipolo di professori che vorrebbe intercettarne la protesta, che la democrazia, per usare un eufemismo, è messa male da un pezzo? Che l’emergenza democratica è iniziata almeno vent’anni fa, benché loro se ne accorgano solo oggi, e soltanto perché gli si chiede di fare una punturina? Che qualcuno glielo dica: l’emergenza – non lo stato di eccezione! – è iniziata almeno con l’Undici settembre 2021, se non con il G8 di Genova: l’ultima manifestazione a memoria d’uomo (ma anche di donna) in cui i manifestanti ci avevano capito qualcosa.

Dico che l’emergenza democratica è iniziata “almeno” con l’inizio del millennio, di cui poi è diventata la cifra, perché in realtà la democrazia liberale – l’unica che io conosca – è in crisi dalle due guerre mondiali, se non proprio da sempre. Le masse, in altri termini, hanno appena fatto in tempo ad affacciarsi sulla ribalta della storia che sono state spedite nelle trincee della Prima Guerra Mondiale e poi in Africa, in Grecia, in Russia, mentre ancora stavano acclamando sotto il balcone di Piazza Venezia. Ma lasciamo stare le masse, che dopotutto pagano gli errori sulla propria pelle, e torniamo ai miei colleghi, i professori.



A sentirli indignati per la punturina – proprio loro, che poi ingurgitano qualsiasi intruglio si presenti come bio, omeo- o equo-e-sostenibile – si è improvvisamente visitati da un sospetto. Non sarà che al professore puoi fargli tutto – anche abbattergli le Torri Gemelle, invadergli l’Afghanistan e poi dis-invaderlo, persino mandare il pianeta a ramengo (da Ramengo, ridente località piemontese dove una volta c’era un carcere per debiti) – purché non lo costringi a mettersi in lista alla ASL? E qui si parla davvero di tutti gli intellettuali, senza troppe differenze fra destra e sinistra.

Di fatto, i rari intellettuali di destra, per dimostrare di esistere, hanno dovuto rinnegare i loro ideali tradizionali – Dio, Patria e Famiglia: insomma l’Ordine, come in Cina – e si sono ridotti a invocare la Libertà. Proprio loro, che non hanno battuto ciglio su Guantánamo, e ora si ritrovano gli ex reclusi nel nuovo governo afghano. Ma anche gli intellettuali di sinistra, per attirare l’attenzione sui social, sono ridotti pure loro ad accodarsi alla grande narrazione del complotto sanitario. Occasione lungamente attesa, del resto, per intercettare le masse, ormai date per perse, e per fare il loro numero preferito, stracciarsi le vesti in favore di telecamera.







In entrambi i casi, temo, siamo di fronte a un problema di vanità. Non la vanitas vanitatum dell’Ecclesiaste, beninteso, ma proprio la loro vanità personale: insomma, il loro ego ipertrofico. Eppure anche contro la vanità, come contro le narrazioni complottiste, gli intellettuali dovrebbero essere, come dire, vaccinati. O sul tema non ci aveva già dato qualche dritta, in tempi non sospetti, un certo dottor Freud?