“L’arresto di Messina Denaro non basta, serve un cambiamento molto più profondo”

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Le reazioni di Giuseppe Cimarosa, parente del boss e figlio di un collaboratore di giustizia, all’arresto del latitante.

“Non riesco a credere che stava a pochi chilometri da casa mia, in questi anni potrei persino averlo incontrato per strada o al supermercato”. È incredulo Giuseppe Cimarosa, figlio di una cugina di Matteo Messina Denaro e di Lorenzo Cimarosa, un imprenditore edile di Castelvetrano condannato per associazione mafiosa e poi collaboratore di giustizia, alla notizia che il covo del boss arrestato lunedì scorso si trovava in pieno centro a Campobello di Mazara, un paesino alle porte di Castelvetrano, la città natale del boss e di Giuseppe. “Mi fa davvero rabbia perché sono più che sicuro che la gente lo sapeva. Nei nostri paesi ci conosciamo tutti, figuriamoci a Campobello! Qui è impossibile che uno viva in un appartamento in pieno centro con attività commerciali e vicini di casa senza che questi ne sappiano vita morte e miracoli!”.



Chi è Matteo Messina Denaro per te?

È l’uomo che ha rovinato la mia vita.



Andiamo con ordine, tu sei parente del boss.

Sì, sono figlio della cugina. Mia madre però era la “ribelle” della famiglia, l’unica delle donne che aveva studiato e non è mai stata coinvolta nelle vicende mafiose dei suoi parenti. Si è sposata con un uomo che ha scelto lei e che non c’entrava niente con quel giro. Tanto che con quel ramo della famiglia noi non avevamo rapporti, io non li ho mai incontrati e anche i miei genitori hanno visto Matteo Messina Denaro per l’ultima volta nel 1981, al loro matrimonio. La foto del boss che circola, quella in cui è vestito elegante, con gli occhiali da sole, è stata scattata al loro matrimonio.





Paradossalmente però è proprio tuo padre che fa precipitare la vostra famiglia nella rete della mafia.

Esattamente. Mio padre aveva un’impresa edile, che già di per sé è una cosa complicata da gestire in una terra di mafia. Figuriamoci poi per un parente dei Messina Denaro! Mio padre si è lasciato coinvolgere ed è entrato nel giro. Non era un affiliato vero e proprio e non ha mai commesso reati di violenza o di sangue, ha messo di fatto a disposizione la sua attività imprenditoriale per gli affari dei mafiosi. Era esattamente uno degli esponenti di quei colletti bianchi che i mafiosi spremono come arance finché ne hanno bisogno. E mio padre si è lasciato spremere, nonostante noi – mia madre in primis, poi io e mio fratello – dopo aver capito che lui era colluso gli avessimo sempre mostra la nostra disapprovazione assoluta.

Nel 2013 tuo padre viene arrestato per associazione mafiosa e decide di collaborare.

Esatto, ed è lì che per me mio padre è rinato. Una volta arrestato ha capito che l’unico modo che aveva per rompere quel meccanismo che altrimenti si sarebbe avventato anche su di noi era collaborare. Grazie alla collaborazione di mio padre furono arrestati molti componenti della famiglia Messina Denaro, inclusa la sorella.

Tu e la tua famiglia avete però deciso di non entrare nel programma di protezione dei testimoni di giustizia, perché?

Perché il prezzo da pagare era troppo alto. Avremmo dovuto cambiare identità, luogo di residenza, lavoro. Io non potevo, non volevo rinunciare a chi ero, a quello che avevo fatto nella mia vita fino a quel momento per colpa di persone che neanche conoscevo! Oltretutto mi ero informato e avevo scoperto che diverse persone che stavano nel programma di protezione testimone erano comunque state uccise e altre non vivevano in condizioni dignitose. Non era una vita che potevo accettare. Mai però avrei pensato di essere completamente abbandonato dallo Stato.

Cioè?

Per lo Stato o tu entri nel programma di protezione con tutto quello che comporta in termini di annullamento della tua esistenza oppure non hai diritto a nulla, e io oggi mi ritrovo addirittura con la casa confiscata e debiti da pagare, nonostante mio padre abbia collaborato con la giustizia. Io e la mia famiglia abbiamo pagato un prezzo molto alto per quella scelta di mio padre. Siamo stati ostracizzati, trattati come lebbrosi. Mio fratello non ha trovato uno straccio di lavoro, e qualcuno glielo diceva pure: “Vorremmo assumerti ma non possiamo…”. Io ho un’attività tutta mia, mi occupo di equitazione, nella quale ho avuto comunque enormi difficoltà. Avremmo avuto bisogno del sostegno dello Stato, e invece ci siamo ritrovati ostracizzati dalla comunità e abbandonati dallo Stato.

Come hai reagito alla notizia della cattura di Matteo Messina Denaro?

Non riuscivo a crederci, all’inizio pensavo si trattasse di un errore come era già accaduto in passato. Peraltro, ero convinto che non lo avrebbero preso mai e che si sarebbe fatto trovare morto, vestito di tutto punto pronto per essere seppellito.

Adesso che il boss è stato arrestato ti senti più sicuro?

Sinceramente no, perché ho molta più paura dei suoi scagnozzi e dei cani sciolti. Inoltre molte delle persone che mio padre aveva fatto arrestare hanno scontato al loro pena e sono già uscite o stanno per uscire dal carcere.

Però magari il contesto nel frattempo è cambiato. Lunedì la gente ha applaudito alle forze dell’ordine. A Castelvetrano nella stessa giornata dell’arresto c’è stato un flash mob con decine di ragazzi in piazza e il sindaco ha convocato la cittadinanza per mercoledì.

Sono sicuramente segnali positivi, ma non basta. Lo dico con amarezza, ma temo che siano solo espressione del normale sentimento di ribellione giovanile che poi fisiologicamente rientra. Ricordiamo che anche all’indomani delle stragi del ’92 sembrava che tutto stesse per cambiare, e invece… Purtroppo il cambiamento che serve è molto più profondo e radicale.

 



Foto Ansa