Le parole di Berlusconi umiliano l’Italia, ma mai quanto coloro che gli danno ragione

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Le dichiarazioni di Berlusconi confermano che l'Italia è ancora quell’alleato inaffidabile che Churchill si era detto sollevato di non avere.

Ora la misura è davvero colma. Le parole di Berlusconi confermano ancora una volta l’Italia nella parte dell’alleato infido, doppiogiochista, sostanzialmente imbelle e destinato a essere vittima dei giochi altrui. Quello che – più che preoccupare – infuria, non è tanto il comportamento di Berlusconi, quanto il fatto che esista una buona parte degli italiani disposta a credergli.



Non vorrei trovarmi nei panni dei Cinque Stelle e di Marco Travaglio, che nell’esecrare Zelensky si trovano ora in compagnia del nemico di sempre. E, in aggiunta, senza condividerne le ragioni e gli interessi.

Il capolavoro di Berlusconi è nell’aver trasformato l’aggredito in aggressore, secondo quella logica che da Orwell in poi ha sempre caratterizzato i regimi totalitari basati non solo sul terrore ma – ancora peggio – sul rovesciamento del linguaggio.



Non dimenticheremo mai le ‘ brave persone’ che, secondo il capo di Forza Italia, Putin sarebbe stato intenzionato a mettere al posto di Zelensky, dopo avere ‘conquistato’ la riottosa Ucraina.

Le frasi pronunciate l’altro giorno al seggio elettorale ancora aperto, ridanno tutto il loro inquietante valore alle altre frasi pronunziate a porte chiuse davanti ai parlamentari neoeletti del suo partito, a suo tempo pietosamente giustificate da chi aveva a cuore l’alleanza di centro-destra.





Anche in quel caso, ad allarmarci, non erano state quelle parole e la neo-verità che volevano affermare, ma l’applauso corale che le aveva accolte.

Quell’applauso, temiamo, gli verrà tributato da una parte consistente degli italiani, stufi dei sacrifici che attribuiscono alla guerra, insofferenti di ogni politica, spaventati all’idea di essere trascinati in un conflitto che credono non riguardarli.

Alleati, appunto, poco credibili e da tenere a debita distanza: come sempre in passato, quando Churchill si rallegrò per il fatto che l’Italia si fosse schierata al fianco di Hitler invece di fare da zavorra nella lotta contro il nazismo.

Il consenso per la posizione filo-putiniana di Berlusconi, temiamo, va ben al di là della grottesca figura dell’ex – e oggi ripristinato? – Cavaliere.

Quel pavido consenso ci distingue in Europa e in Occidente e pone impietosa la domanda se il nostro Paese appartenga davvero all’Occidente, NATO compresa, e all’Europa: quella almeno immaginata dai De Gasperi, gli Adenauer, gli Schumann.

Questa domanda ha un preciso destinatario, anzi, una destinataria: Giorgia Meloni. Il suo proclamarsi ‘patriota’, fedele alleata occidentale, legata alla NATO e al vincolo di solidarietà contro le aggressioni internazionali, lo stesso suo collocarsi al centro di una compagine che vorrebbe imparare a governare un paese difficile come il nostro: non devono finalmente imporre al nostro Capo del Governo l’assunzione di un più deciso, anche se rischioso, potere di comando?

Se la nave è in pericolo, il primo ordine di un comandante è quello di gettare a mare i pesi ingombranti che ostacolano la navigazione e annunciano il naufragio.

 



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