L’Italia vira a destra

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Dopo la vittoria della destra, speriamo almeno che i diritti acquisiti non vengano toccati, come è stato promesso in campagna elettorale.

Il voto popolare ha confermato quanto i sondaggi riferivano negli ultimi mesi e cioè la schiacciante vittoria della destra. L’Italia repubblicana e democratica, nata dalla Costituzione e figlia della Resistenza, vede per la prima volta al governo una destra forte, la destra di Giorgia Meloni, leader di un partito che ha ancora nel simbolo la fiamma tricolore. Questi i commenti a caldo della stampa estera: per il Washington Post, “l’Italia potrebbe avere il primo governo di estrema destra dopo Mussolini”, il New York Times parla di Meloni come una “leader con radici post-fasciste”, lo Spiegel: “La destra radicale vince le elezioni in Italia”, mentre El Pais titola: “L’estrema destra vince per la prima volta le elezioni in Italia”. “La coalizione guidata dagli eredi del postfascismo Fratelli d’Italia, con Giorgia Meloni al timone, vince le elezioni segnate da una storica astensione.



Quella della leader di FdI è stata un’indiscutibile vittoria personale, costruita con tenacia e determinazione, con intelligenza politica, soprattutto con la lungimiranza di chi, mettendosi all’opposizione, ha cavalcato il malessere sociale che la crisi economica, aggravata dalla pandemia e dagli effetti di una guerra imperialista e scellerata, aveva prodotto e verso la quale la responsabilità non populista di un governo europeista non è riuscito a creare fiducia.

Ancora una volta l’Italia, com’è avvenuto nel 1994 con il partito di Berlusconi, alle europee del 2014 con il PD di Renzi e nel 2018 con il M5S, di fronte alle difficoltà ha scelto il cambiamento, sperando nella novità di un partito che non ha mai avuto la maggioranza di governo. Al di là delle analisi politiche che saranno necessarie e più puntuali nei prossimi giorni, oggi il dato incontrovertibile è che l’Italia ha virato a destra, posizionandosi sulla linea dei partiti di estrema destra in Europa: ”Il popolo italiano ha deciso di riprendere in mano il suo destino eleggendo un governo patriottico e sovranista”, ha scritto su Twitter la leader del Rassemblement National Marine Le Pen. Ed è la verità: il nostro paese, patria della Resistenza partigiana che salvò la dignità degli italiani con la lotta antifascista, ha votato, in maniera massiccia e democraticamente incontestabile, non tanto una coalizione di centrodestra quanto FdI. Che ha stravinto, e lo ha fatto anche con la complicità degli astensionisti che, nel tirarsi fuori dal gioco elettorale, hanno lasciato il campo completamente libero alla coalizione di Meloni, Salvini e Berlusconi.



Ora il dado è tratto; nelle ultime settimane tutti gli attori coinvolti – leader, portavoce e stampa schierata – si sono affannati a ridicolizzare le paure della sinistra, a rassicurare dal pericolo autoritario di una destra al governo, a storicizzare, allontanandolo, il fantasma fascista e a tranquillizzare sul rispetto dei diritti: nessuno toccherà la 194, nessuno uscirà dalla UE, nessuno discriminerà gli immigrati regolari, nessuno metterà a rischio il progresso sociale raggiunto, nessuno, in sostanza, vuole un ritorno al passato, ha continuato a gridare dal palco Meloni.

Non abbiamo, al momento, motivo di dubitare delle buone intenzioni della quasi certamente prossima prima ministra, ma l’età e la storia ci insegnano che, una volta avviato un processo politico così strutturato dal punto di vista identitario, è difficile prevedere con sicurezza cosa accadrà, soprattutto in riferimento alle istanze delle fasce più intransigenti e ideologizzate. Contiamo, però, sul fatto che, consapevoli che molti diritti sono a rischio, e in particolare quelli dei LGBTQIA+, dei migranti, degli stranieri, delle donne, dei laici, almeno le conquiste acquisite, quelle che la Meloni ha promesso di non toccare, restino salve e che il posizionamento internazionale non subisca marce demagogiche ultranazionalistiche che ci porterebbero ai margini della UE.







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