Il SuperPass era davvero necessario? Innanzitutto, come il Greenpass «ordinario», sembra una misura politica mascherata da misura sanitaria, di repressione non di persuasione. Il nuovo decreto-legge sul Covid prevede, come il suo predecessore, un’ampia «campagna di informazione, formazione e sensibilizzazione» dell’opinione pubblica, «nei limiti delle risorse di bilancio» (Art. 8). E allora delle due l’una: o i limiti di bilancio sono troppo stretti, ma non capisco perché non siano stati allargati, dato che la lotta alla pandemia è l’obiettivo primario del governo; o siamo alle promesse di Pinocchio, dato che il Greenpass non è stato oggetto di alcuna campagna governativa di informazione e formazione, mentre sulla grande stampa e sui principali tg e talk-show si leggeva, vedeva e sentiva di tutto e del suo contrario. Da ciò il dilagare di ignoranza, disinformazione e notizie se non false, sicuramente incerte, confusionarie e contraddittorie. Eppure SuperMario sa bene che, se non si argina efficacemente il contagio virale, il paese va in tilt, il Pnrr si riduce a un aborto, e l’economia e finanza a lui tanto care rischiano di franare.
Che non sia una misura dettata da serie norme scientifiche, lo si deduce facilmente dalle stesse disposizioni del nuovo decreto: il SuperPass, valido 9 mesi, che si ottiene con la terza dose, è previsto per «ingresso a spettacoli, eventi sportivi, bar e ristoranti al chiuso, feste e discoteche, cerimonie pubbliche»; il «pass di base», di validità 72 o 48 ore, che si ottiene con i tamponi, è obbligatorio invece per «treni regionali e interregionali, trasporto pubblico locale, alberghi e spogliatoi per l’attività sportiva» (Artt. 4-5). Ora, qual è il criterio medico-sanitario di tale differenziazione? Forse che sui treni, tram e autobus ci si contagia di meno, si è meno insardinati che negli stadi e nelle discoteche? No, altri sono i motivi: 1) favorire l’attività produttiva e lavorativa, esaudendo le richieste confindustriali, e facilitare la stagione sciistica e il consumismo natalizio; 2) costringere con regole più dure le frange meno ribelliste dei Novax a vaccinarsi: col nuovo decreto infatti ai non vaccinati è di fatto vietato l’accesso alle attività ricreative.
Se fossero stati effettuati davvero i controlli nei luoghi pubblici, ribadite le misure di sicurezza (mascherine, distanziamento fisico e igiene) e anticipata di qualche mese la terza dose, come dicono alcuni virologi, il primo pass forse poteva bastare. Ma a SuperMario no, non bastava, aveva bisogno di più. Ed ecco il SuperPass. Che però, purtroppo, molto probabilmente produrrà i SuperNovax. Ci sarà una moltiplicazione e recrudescenza di manifestazioni, cortei e comizi, anche non autorizzati e violenti, dei Novax nelle principali città d’Italia? Quello che per ora si può sperare è che i pochi gruppi di Novax ideologizzati e organizzati, che strumentalizzano paure, ignoranza e pregiudizi degli altri, non seguano, soggettivamente o oggettivamente, la via dell’eversione, come nel caso della manifestazione romana del 9 ottobre, in cui ha di fatto preso il comando FN che, oltre all’attacco neosquadrista alla Cgil, aveva progettato un assalto trumpista a Montecitorio e Palazzo Chigi. O come nel caso dello sciopero anti-pass indetto pochi giorni dopo dal comitato dei portuali di Trieste, che mirava al blocco e paralisi dei principali porti d’Italia, e quindi dell’intero paese, favorendo di fatto anche questa volta progetti eversivi di estrema destra.
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