Democrazia dell’immagine e verità rovesciata

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Nell'informazione conta sempre di più l'immagine. E il racconto della guerra in Ucraina ne è ancora una volta la prova.

L’invasione dell’Ucraina da un mese occupa militarmente l’informazione: tutta l’informazione occidentale, quantomeno, perché a Mosca non si può ancora neppure parlare di guerra, ma solo di operazione militare speciale, e i giornalisti russi intervistati dai media occidentali ripetono anche loro la lezioncina ufficiale, come altrettanti scolaretti. Nell’informazione, d’altra parte, conta sempre di più l’immagine: anche se pure il significato di quelle che colpiscono la bocca dello stomaco può sempre essere rovesciato.



Hai un bel mostrare le immagini orripilanti delle vittime, rigorosamente civili e ucraine, della strage di Bucha, occupata per giorni e giorni dall’esercito di Putin. Ci saranno sempre i propagandisti e i ministri russi in grado di rovesciare la frittata, e di sostenere che sono stati gli ucraini a confezionarle così. Così la guerra ucraina diventa davvero una fiction, come l’ha qualificata il massmediologo Carlo Freccero: proprio come se si trattasse di fantasia, e non di realtà, ognuno può attribuire alle immagini i significati che vuole.

Si tratta di una tecnica di disinformazione ormai quasi classica, usata a suo tempo dalle multinazionali del tabacco. Queste non provarono neppure a contestare i dati, inoppugnabili, ma a mettere in dubbio ora una percentuale, ora una conseguenza, ora una versione differente. Con l’effetto preciso di intorbidare le acque, così che chiunque volesse continuare a fumare potesse sempre dire che c’erano almeno due versioni della storia, e che ognuno poteva preferire quella che più gli aggradava.



Del resto, non ricorda subito qualcun altro, anche il presidente Zelensky – di cui una importante rete televisiva italiana sta mandando in onda la fiction poi auto-verificatasi, che da attore comico ne ha fatto il presidente dell’Ucraina – non sta forse militarizzando l’informazione, accorpando i canali tv per ottenere un’unica piattaforma informativa? Il che sarebbe gravissimo, dal punto di vista della democrazia liberale, che si distingue dall’autocrazia proprio per la libertà dell’informazione. Ma in una situazione di guerra in cui il paese pullula di inviati liberi di raccontare quanto vedono, si può persino capire.

La notizia delle ultime ore è anch’essa relativa all’immagine, e riguarda la visita in Ucraina, incontro con Zelensky incluso, da parte delle massime autorità europee. Il primo a proporre di recersi fisicamente in Ucraina, e sarebbe stato un gesto di una portata simbolica enorme, è stato papa Francesco: ma i problemi di sicurezza personale – chi non ricorda l’attentato a papa Wojtila? – e anche di salute del Pontefice, hanno posposto indefinitamente la prospettiva. È di ieri, invece, l’annuncio che questa settimana si recheranno a Kiev Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, e Josep Borrell, Alto rappresentante Ue per la politica estera e la sicurezza.







Qui il significato dell’immagine è diverso: l’Unione europea annuncia che attiverà le procedure per l’ammissione dell’Ucraina: dunque, qui si parla ancora di democrazia liberale. Purché, per il solito meccanismo della reversibilità delle immagini, non succeda anche a loro quanto è capitato a Roberta Metsola, la presidente maltese del Parlamento europeo, erede di David Sassoli. La sua visita a Zelensky, subito accolta come «eroica», è stata infatti guastata dal colore dell’abito. Verde paramilitare, come quello che da oltre un mese costituisce la divisa ufficiale del suo ospite: e, date le circostanze, non era proprio il caso.