Inchiesta Covid Bergamo: ora si vada fino in fondo

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L’inchiesta per la gestione della pandemia in Lombardia vede le accuse di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo e rifiuto d'atti d'ufficio.

“Di fronte a migliaia di morti e alle consulenze che ci dicono che potevano essere eventualmente evitati, non potevamo chiudere con una archiviazione”: con queste parole il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani ha spiegato le ragioni dell’inchiesta per la (mala)gestione dell’emergenza Covid in Lombardia che vede indagate 19 persone, fra cui l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, l’ex ministro Roberto Speranza, l’appena riconfermato presidente della Lombardia Attilio Fontana, l’ex assessore del Welfare lombardo Giulio Gallera, il direttore dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro. Le accuse contestate a vario titolo sono epidemia colposa aggravata, omicidio colposo, rifiuto d’atti d’ufficio e falsi.



La decisone della Procura di Bergamo rappresenta un primo passo verso una giustizia che non si fa intimidire da un potere politico che si è reso corresponsabile di alcune migliaia di morti altrimenti evitabili.

Sia il governo nazionale che la regione Lombardia avevano la possibilità d’istituire la zona rossa nella bergamasca. Il mancato aggiornamento del Piano Pandemico, l’assenza di un efficiente sistema di alert in grado di individuare settimane prima la presenza del virus in Lombardia, il mancato approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale che ha provocato la morte di molti medici e la riapertura repentina dell’ospedale di Alzano, hanno facilitato la diffusione del virus nei primi mesi del 2020.



La Lombardia è una delle regioni al mondo che ha pagato il prezzo più alto alla pandemia: 455 decessi per Covid ogni 100.000 abitanti. Una cifra spaventosa. Nella primavera del 2020 varie associazioni avevano raccolto oltre 100.000 firme per chiedere al governo di commissariare la sanità lombarda, nessuno ci rispose.

La Procura di Bergamo indagando anche numerosi tecnici ha sollevato un enorme interrogativo: quanto gli scienziati collocati ai vertici delle istituzioni sanitarie si sono resi disponibili a fungere da paravento alle decisioni delle autorità politiche?





La parola torna ora alla società civile, ai comitati dei familiari, perché mantengano alta l’attenzione per impedire che la politica si autoassolva e che, come spesso è accaduto in Italia, per altre e diverse stragi, tutto finisca nel nulla, nell’oblio del tempo.



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