A 30 anni da Maastricht l’Unione Europea naviga a vista senza meta

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Senza strategia, disunita, fragile, irrilevante. Nonostante la ripresa economica, la situazione attuale dell’Europa – imprigionata dentro le sue stesse rigide e superate regole, tutte da riscrivere – è caotica e confusa. E il suo futuro politico appare grandemente incerto.

Quale è lo stato di salute dell’Unione Europea? Meno peggio del previsto sul piano economico: dopo le prime ondate di pandemia, grazie a politiche fiscali e monetarie fortemente espansive inaugurate già nel 2020 dalla Commissione Europea e dalla Banca Centrale Europea, la ripresa sembra procedere meglio di quanto ci si aspettasse; tuttavia l’incertezza strategica della UE – relativa non solo alle dinamiche aleatorie della propagazione del Coronavirus e alla ripresa dell’inflazione ma soprattutto al suo futuro geopolitico, al futuro dell’euro, alle nuove regole in campo fiscale, alla instabilità dei mercati finanziari e al posizionamento internazionale dell’Europa – resta e anzi cresce. Consumata la Brexit, l’Europa e l’eurozona rimangono come prima e più di prima senza una direzione e una strategia definita, e i paesi dell’Unione, nonostante la ripresa economica, sono diventati politicamente sempre più disuniti. L’Europa appare sempre più fragile, impotente e irrilevante, stretta com’è nella morsa di due durissimi confronti; quello tra gli USA (diventati ormai un alleato ingombrante) e la Cina, e quello tra la Russia, l’Ucraina e la Nato, proprio nel cuore del vecchio continente.



Non a caso l’Unione Europea è stata clamorosamente esclusa (insieme al governo ucraino) dai colloqui sul futuro della Ucraina che si terranno nei prossimi giorni in Svizzera tra gli USA, la NATO e la Russia. Josep Borrell, responsabile del settore esteri e sicurezza dell’UE, ha protestato e ha chiesto un invito al tavolo delle trattative affermando che la UE rifiuta un “nuovo accordo di Yalta” sull’Europa senza l’Europa. Ma finora non è arrivata una risposta positiva.

Anche gli accordi bilaterali stretti tra i paesi europei – come il Trattato di Aquisgrana del 2019 tra Germania e Francia, teso a fornire una direzione di marcia alla UE e di dare un peso anche militare all’Europa; come l’accordo stretto recentemente tra il presidente francese Emmanuel Macron e il premier italiano Mario Draghi; o come quello tra l’Ungheria di Viktor Orbán e la Polonia di Mateusz Morawiecki; o ancora come quello cosiddetto della Nuova Lega Anseatica (Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia, Lituania, Estonia, Lettonia e Irlanda) favorevole al rigore e all’austerità – confermano la balcanizzazione della UE e l’obsolescenza dei trattati multilaterali che dovrebbero legare insieme tutti i 27 stati dell’Unione Europea. Il fatto è che i trattati alla base della UE sono ormai completamente superati: sono diventati carta straccia, tutti da riscrivere. Da qui le iniziative bilaterali tra i singoli Paesi. Ogni governo si muove come può di fronte all’incerto futuro dell’Unione.
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