Psicopolitica: facciamo i test attitudinali ai politici

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Estendiamo i test attitudinali ai politici, specie quelli che propongono leggi-manifesto come questa per raccogliere qualche voto in più.

Vi ricordate la bella Destra di una volta, tutta Legge & Ordine? Scordatevela. Ora c’è una destra populista che ha eletto a proprio bersaglio la categoria più invisa ai populisti, beninteso subito dopo i giornalisti: i giudici. In un libretto recente, che sarebbe inelegante citare, ho ricordato che i populisti, arrivati al potere, cercano di sbarazzarsi degli organi di garanzia contro-maggioritari, non eletti direttamente dal popolo, cioè da loro: giornalisti, magistrati, presidente della Repubblica… Ora, guardatevi il programma del governo: occupazione dei telegiornali, così l’informazione è servita; riforma della giustizia, così i giudici imparano; riforma costituzionale, così anche il Presidente incassa e porta a casa.



Se questo piano di demolizione della democrazia andrà in porto, lo vedremo; per ora, occupiamoci dei test. La memoria corre a Berlusconi, quando, condannato in uno dei tanti processi poi prescritti, dichiarò a due giornalisti inglesi, uno dei quali era il futuro leader populista Boris Johnson, che i giudici sono «mentalmente disturbati» e «antropologicamente diversi dal resto della razza umana» (2003). Qui il primo populista italiano (o il secondo, dopo Mussolini) rendeva implicitamente omaggio a Licio Gelli, capo della Loggia P2, il quale già nel 1976 aveva proposto l’introduzione di test psico-attitudinali per i magistrati.

Voi direte: ma chi se ne frega di chi è l’idea, dopotutto anche Berlusconi e Gelli avranno pure fatto cose buone, a cercarle con il lanternino. Ok, allora consideriamo l’idea dei test psico-attitudinali in sé. Come li facciamo, i test? Per ora, l’unica cosa certa è che saranno compiuti da docenti di psicologia (o psichiatria): e qui mi astengo dall’ironia, perché non vorrei che riaprissero i manicomi apposta per me. Il punto è proprio in cosa consisteranno i controlli. Saranno test a crocette, e allora sono buoni tutti, oppure autentiche sedute psicanalitiche, con l’aspirante magistrato sdraiato sul lettino e lo psicanalista che gli chiede di raccontare i suoi traumi infantili?



Gli stessi psicanalisti, anni fa, hanno escluso i test, sperimentati e poi aboliti in Francia, perché mancano criteri oggettivi per valutare se un soggetto è psicologicamente “equilibrato”. A questa obiezione il Ministro della giustizia, Nordio, ha replicato che i test li fanno anche i poliziotti: già, ma questi usano le armi, compresi i manganelli (ops). Giusto per trasformare i problemi in opportunità, però, sviluppiamo il ragionamento del ministro. Dopotutto, perché sottoporre a test solo i giudici? Quante professioni richiedono altrettante doti di equilibrio? Basti pensare ai miei colleghi professori, alcuni dei quali non supererebbero neanche le analisi del sangue.



Questa sì è un’ideona: estendiamo i test attitudinali a tutte le professioni che potrebbero portare attentato ai nostri sacrosanti Diritti & Libertà. Qui, ognuno può riempire l’elenco con i propri nemici personali: io mi astengo, sento già scricchiolare le porte del manicomio. Ma almeno una categoria ce la vorrei proprio mettere: i politici, specie quelli che propongono leggi-manifesto come questa al solo scopo di raccogliere qualche voto in più. Loro sì che possono fare danni, sicché un bel test preliminare non guasterebbe. Voi direte: ma sono gli Eletti del Popolo! Bravi, dimenticavo i loro elettori. Perché, prima di ogni elezione, non fare un bello screening psicoattitudinale di massa, stabilendo una volta per tutte chi è abbastanza equilibrato per votare?