TikTok Politics: un primissimo bilancio

Categorie: Politica, Rubriche, Società

La novità elettorale del 2022 è lo sbarco della politica su questo ulteriore segmento del vasto mare dei social network.

Ci sono Berlusconi, Calenda, Salvini, Meloni e Conte, a galleggiare nello spazio bianco di una vignetta di Makkox. Cinque personaggi in cerca di un pubblico, quello dei giovani. Non sanno cosa ci stiano a fare in quel canale, che è TikTok, ma non vogliono che la “generazione Z” sfugga ai loro messaggi. Quanta verità c’è in questa vignetta? Per rispondere, diamo uno sguardo ai contenuti postati dai leader in questione su TikTok: possiamo farlo in modo un po’ più scientifico che semplicemente consultando la piattaforma, grazie al monitoraggio che stiamo conducendo come Osservatorio Mediamonitor Politica-Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale dell’Università La Sapienza in collaborazione con Kapusons ed Extreme. Tutto ciò che viene pubblicato sui profili dei leader e dei partiti in corsa per le elezioni politiche 2022 (148 profili social in totale, tra Facebook, Instagram, Twitter e, appunto, TikTok) diventa così una riga di un database ogni giorno più consistente. In due settimane, l’ultima settimana di agosto e la prima di settembre, il totale dei post pubblicati dai leader è 3.413, quello dei post pubblicati dai partiti è 4.927, e in entrambi i casi il trend è in aumento.



Primo dato utile: molto poco di questa “potenza di fuoco” si è concentrato su TikTok, 102 post in tutto. Un dato che è comunque coerente con la strategia complessiva di pubblicazione dei soggetti coinvolti: i più attivi sono Calenda e Salvini, con 19 post; segue Meloni, con 17, poi Paragone, con 16 post; ben distanziati Berlusconi e Conte, con 11 post, e Renzi, con 9. Una classifica che ricalca quasi perfettamente quella generale, che considera tutti e quattro i social considerati. Fa eccezione la leader di Fratelli d’Italia, terza nella classifica dei “politici tiktokers” e sesta in quella generale; d’altronde, Giorgia Meloni è tra i “veterani” dell’uso della piattaforma, mentre gran parte dei suoi competitor hanno inaugurato il proprio profilo in tempi di campagna elettorale.

Secondo dato utile: quasi metà dei post sono dedicati a un tema, ed è su questa dimensione che vale la pena di concentrarsi. Infatti, la campagna social mixa più o meno sapientemente elementi del contenitore e del contenuto, post pensati in omaggio alle logiche del canale che li ospita e post che perseguono i più tradizionali fini di campagna elettorale. Nella prima categoria rientrano i (pochi) post di pura presenza, che mostrano un momento della campagna del leader, si tratti dei selfie di Giorgia Meloni davanti alla folla delle città che man mano vengono toccate dal suo tour o degli spaccati dei viaggi in macchina di Carlo Calenda o delle passeggiate di Matteo Renzi; in queste due settimane, ne abbiamo contati solo 9. Tra le due categorie stanno i post di autopromozione, che non si concentrano su un singolo tema ma parlano del leader o del suo partito (da Silvio Berlusconi che illustra la sua filosofia di vita mediata dalle barzellette fino a Gianluigi Paragone che chiama a raccolta gli elettori per “fare un bello scherzetto al Palazzo”, nel pieno della logica della forza anti-politica); abbiamo contato 21 di questi post. Un numero di poco superiore sono i post negative, e con questi entriamo nelle più tradizionali strategie di campagna elettorale: dir male dell’avversario, ricordare le sue posizioni su temi controversi e sottolinearne i voltafaccia (bersagli preferiti dei 24 post negative Letta, Salvini e Meloni, questi ultimi spesso in tandem). Ben 46 post sono classificabili come tematici, dunque hanno come obiettivo principale quello di esporre la posizione del leader e della forza politica cui fa riferimento rispetto a un tema. Un buon risultato considerando l’obiettivo generale dell’operazione TikTok: andare a caccia dei giovani, lontani dalla politica, irraggiungibili con i suoi mezzi e contenuti tradizionali, che non leggono i giornali, non guardano tg e talk show, e non rispondono all’invocazione di un voto di appartenenza a un partito o a un’area politica. Dunque, una volta aperto un canale con loro, si tratta di conquistarli con gli argomenti, siano essi politici, legati alle policies, ossia alle scelte di governo che hanno una ricaduta più o meno diretta sulla popolazione, relativi alla campagna in corso o alla personalità ed esperienza del leader stesso.



Con quali temi la politica italiana ha provato a conquistare il popolo di TikTok? Il panorama è alquanto frammentato, ma alcune questioni riescono a superare la soglia critica delle 2 “taggature” effettuate dal gruppo di ricerca sulla base dell’analisi del contenuto dei post.

Al primo posto l’energia, oggetto di ben 4 post di Paragone e di un post di Salvini, Berlusconi e Meloni; focus principale: il carobollette, non proprio un tema da “generazione Z”.





Andiamo meglio con la medaglia d’argento, che spetta al tema del lavoro, che compare in 6 dei post analizzati. Più diversificate le fonti – due post per Conte e Renzi, uno per Calenda e Berlusconi – e più ricche le declinazioni: dal reddito di cittadinanza ai giovani, dal superbonus al salario minimo.

Medaglia di bronzo ritirata per motivi tecnici: sarebbe andata al tema dei vaccini, ma solo per l’insistenza con la quale Paragone torna sul tema, e per la difficoltà a individuare trame comuni nell’arlecchinesco tessuto dei temi politici su TikTok.

Veniamo dunque ai premi di consolazione, che spettano a temi che non solo hanno una minima ricorrenza negli stream dei leader, ma possono anche vantare un minimo di coerenza con la piattaforma e il suo pubblico. Ecco allora tre post sui diritti, due di Renzi e uno di Meloni. Peccato che i due post del leader di Italia Viva siano reminiscenze (televisive peraltro) delle sue antiche battaglie, più che promesse per il futuro; quanto al post della leader di Fratelli d’Italia, si tratta di un segmento della diretta Facebook dal palco di Cagliari, l’ormai celebre confronto con un attivista lgbt che ha garantito a Meloni ottimi risultati di engagement – ossia di reazioni e condivisioni degli utenti – ma non sembra aver aggiunto qualcosa al dibattito sui diritti in Italia.

Sempre a quota tre il tema ecologia, toccato da Renzi, Conte e Meloni. Il leader di Italia Viva inanella una serie di sì: alla nave rigassificatore a Piombino, al TAP, a prendere il gas nell’Adriatico, al nucleare di nuova generazione. Meloni, nella cornice green del format video di FdI, rivendica la natura conservatrice della causa ambientalista e mette al centro il tema dell’acqua. Meno “elettorale” Conte, che con lo sfondo giusto e una bottiglia di plastica in mano snocciola cifre sui rifiuti che vengono dispersi ogni anno nel Mediterraneo, ricorda la legge Salvamare e invita all’impegno concreto per difendere l’ambiente.

Ancora a quota tre, il tema che da sempre fa rima con viralità: gli animali. Berlusconi presenta il figlio di Dudù, ma viene doppiato da Meloni, che affianca al video più istituzionale ed elettorale quello girato in strada, in un momento in cui “l’istinto da gattara ha il sopravvento”.



La domanda quanti voti spostano i social è mal posta, parte dal presupposto che la sola comunicazione di campagna sia in grado di convincere un elettore che già non lo sia a votare per una certa forza politica – e lo stesso è valso negli anni per altri media, a partire dalla televisione. Questo sarà ricordato per certi versi come l’anno di TikTok, perché la novità elettorale del 2022 è lo sbarco della politica su questo ulteriore segmento del vasto mare dei social network. Se è irrealistico pensare che TikTok “sposti” voti, effettivamente c’è il caso che una parte dei suoi giovani frequentatori abbiano fatto attraverso di esso un primo incontro con la politica, significativo nella misura in cui avviene nel loro ambiente. Supponendo che le strategie più tradizionali – a partire dal negative campaigning – non abbiano grande impatto su di loro, c’è da immaginare che possano scegliere sulla base di una affinità personale o tematica. Nel secondo caso, che dovrebbe riguardare gli elettorandi più attenti e consapevoli, non sembra di individuare, sin qui, poi molti motivi di reale engagement.